La scorsa settimana l’Europarlamento – le cui attività siamo soliti ignorare con sovrana indifferenza, convinti come siamo che tocchino solo tangenzialmente le nostre vite – ha effettuato una deliberazione inedita quanto storica. Superando la maggioranza dei due terzi richiesta dal regolamento, l’emiciclo di Strasburgo ha votato per la censura della democrazia “illiberale” dell’Ungheria di Viktor Orbán. Gli eurodeputati hanno approvato il rapporto predisposto da una parlamentare verde che ha monitorato la situazione dello stato di diritto in Ungheria, riscontrando numerose quanto odiose infrazioni: stampa imbavagliata, magistratura addomesticata, diritti delle minoranze calpestate, legislazione punitiva contro le Ong che si occupano di migranti, azione di disturbo nei confronti delle libere università, e non poteva mancare la dilagante corruzione che coinvolge, a quanto pare, membri selezionati della cerchia del primo ministro magiaro. Per queste ed altre eclatanti violazioni, il parlamento di Strasburgo ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ungheria in ossequio all’articolo 7 del Trattato dell’Unione Europea. Un unicum nella storia comunitaria, che avrà ora il suo epilogo in seno al Consiglio Ue: la legge vuole infatti che, dopo il voto parlamentare, a varare le eventuali sanzioni, che possono arrivare fino alla sospensione del diritto di voto in sede di Consiglio, siano i capi di Stato e di governo dei 28. Il voto sull’Ungheria non è naturalmente una mera questione procedurale: l’iniziativa nasce dalla preoccupazione, comune a molte famiglie politiche d’Europa, che nell’attuale clima politico, segnato dall’avanzata delle forze politiche populiste e sovraniste, i valori fondamentali dell’Unione siano a rischio. Il discorso non è confinato all’Ungheria, ma è qui che i limiti sono stati superati. Sotto il pugno di ferro di Orbán e della sua super-maggioranza parlamentare, l’Ungheria si è trasformata nella principale spina nel fianco di tutti quei paesi che hanno a cuore un’Europa aperta e tollerante. Con la sua retorica e le sue azioni anti-migranti, e gli abusi di potere funzionali a mantenere il consenso, Orbán sta mettendo a repentaglio l’esile ma non impalpabile trama dello ius europeo, un diritto concepito per sorreggere società pluralistiche e saldamente radicate nelle tradizioni demo-liberali. Probabilmente l’iniziativa dell’Europarlamento non approderà a nulla: l’Ungheria può contare, in sede di Consiglio UE, sul veto della Polonia. Ma il voto dell’Europarlamento non scomparirà come un segno nella sabbia di un bagnasciuga. Rimarrà come monito per quanti coltivano la segreta ambizione di smantellare un prezioso edificio che ci ha regalato sessant’anni di democrazia e di convivenza pacifica.
Voto contro Orbán: un monito che non scomparirà