Conversazione di Start con il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, sul trattato Open Skies
La minaccia degli Usa di denunciare e abbandonare il trattato Open Skies ha mandato letteralmente su tutte le furie un uomo che, negli anni in cui fu giovane ufficiale dell’aeronautica italiana, ebbe un ruolo seppur modesto nella sua stesura.
Non può accettare, il generale Vincenzo Camporini, che una delle architravi della sicurezza globale venga smantellata allegramente dagli Usa in barba agli enormi vantaggi, in termini di trasparenza e costruzione della fiducia, che quel trattato ha recato alle relazioni internazionali – e al confronto tra la superpotenza a stelle e strisce e il suo rivale russo in particolare – in quasi vent’anni di vita operativa.
La firma dell’ex capo di Stato Maggiore della nostra aviazione, non a caso, campeggia insieme a quella degli altri esponenti della “European Leadership Network” – a fianco di quella del nostro ex ministro della Difesa ammiraglio Giampaolo Di Paola, dell’ex segretario generale Osce e ambasciatore Giancarlo D’Aragona, e di un’altra dozzina di personalità di spicco dell’establishment europeo della sicurezza e della Difesa – in calce ad una dichiarazione i cui contenuti sono compendiati sin nel titolo “Salvate il Trattato Open Skies”.
Al generale Start ha chiesto di riepilogare la propria posizione e quella degli altri firmatari della dichiarazione ELN, entrando nel merito dell’ultimo accordo globale finito nel mirino dell’amministrazione Trump, dei benefici che ha arrecato da quando è entrato in vigore e dei motivi che spingono ora gli Usa a rinunciarvi.
Generale, cos’è Open Skies?
È un trattato che fa parte dell’architettura globale del controllo degli armamenti e del confidence building che Usa, Russia e altri Paesi hanno cominciato ad edificare dopo gli accordi Helsinki. Fu sottoscritto liberamente da numerosi Paesi sia della Nato che dell’ex Patto di Varsavia nonché da un certo numero di Paesi non allineati. In sostanza, esso consente di effettuare voli di ricognizione sul territorio di altri Paesi con propri velivoli attrezzati con vari sensori, il tutto allo scopo di monitorare in modo trasparente le attività riconducibili alla sfera militare e creare così quella fiducia reciproca che è indispensabile per preservare un clima non conflittuale.
Per intendersi, generale: aerei russi sorvolano il territorio Usa acquisendo immagini e quant’altro, e viceversa?
Esattamente. Gli aerei impegnati in queste missioni sono dotati di numerosi sensori di vario tipo che sono tutti dettagliati nel trattato. Anche noi italiani abbiamo fatto i nostri voli di sorveglianza in vari paesi e lo abbiamo fatto in tutta sicurezza e senza alcun incidente.
Quali sono invece i Paesi che sorvegliano coi loro aerei il territorio italiano?
Il trattato prevede l’esistenza di una tabella dettagliata che indica chiaramente quanti e quale tipo di aerei di quali Paesi possono partecipare a queste operazioni e dove sono autorizzati a condurle. Gli aerei, inoltre, vengono ispezionati dal paese sorvolato in modo da verificare che i sensori a bordo siano congrui rispetto al trattato. Siamo insomma, come le dicevo, di fronte ad una misura di trasparenza e reciprocità di grande rilevanza e dalla quale abbiamo tratto tutti molto beneficio.
Ma se le cose stanno così, come si spiega la decisione degli Usa?
In teoria, gli Usa lamentano il mancato rispetto del trattato da parte della Russia, la quale in particolare non consentirebbe il sorvolo dell’enclave di Kaliningrad. Il problema vero però è un altro e non sono né la Russia né gli Usa, ma il loro attuale presidente Trump che ha un’assoluta idiosincrasia per qualsiasi trattato che leghi le mani alla libertà di azione del suo Paese. È un’ostilità che si estende all’intera architettura globale della sicurezza. Le ricordo che c’è un fondamentale trattato in scadenza, che è il New Start, il trattato sul controllo delle armi nucleari strategiche a cui gli americani, a quanto è dato capire, non rinnoveranno la propria adesione quando verrà a scadenza naturale nel gennaio prossimo, e questo è un problema molto serio.
Perché?
Con il New Start, Russia e Usa si sono impegnati a non superare il numero di 1.550 testate nucleari a testa. Ha una durata di cinque anni rinnovabile, e scade a gennaio. Il problema di Trump, e la probabile ragione per cui non intende rinnovare il trattato, è che ritiene ingiusto che ad essere vincolati siano solo il suo Paese e la Russia, ma non la Cina. Senza un coinvolgimento cinese, sembra dunque di capire, Trump si rifiuterà di rinnovare il New Start. È una posizione che trovo francamente assurda.
Perché? Non avrebbe senso invece coinvolgere nel patto una superpotenza che, almeno a parole, sostiene di voler assumersi le proprie responsabilità globali?
Naturalmente sì, e del resto sappiamo tutti che la Cina ha una capacità strategica nucleare rilevante che per molti costituisce una minaccia. Il problema è che includere la Cina nel trattato è impossibile senza cambiarne l’architettura, il che richiederebbe un processo negoziale lungo e complicato. Ma il problema non è neanche questo ma ha a che fare con la materia prima del trattato New Start, che sono i numeri. Il suo aspetto saliente è infatti che quantifica in modo esatto il numero delle testate nucleari che un contraente ha il diritto di detenere. Ora, siccome la Cina dispone, secondo le fonti più accreditate, di circa 300 testate nucleari, cosa facciamo: la facciamo accedere al New Start consentendole di quintuplicare le sue testate? Il problema come vede non è da poco, e tra l’altro non sembra neanche questo ciò che spingerà Trump a smantellare il New Start.
Cos’altro allora?
Il discorso della Cina a me pare assolutamente strumentale, come si è visto peraltro in altre occasioni. Le ricordo che appena l’anno scorso l’assenza della Cina fu uno dei motivi addotti dagli Usa per denunciare e abbandonare un altro trattato fondamentale che era l’INF, quello che limitava i missili balistici nucleari a medio raggio basati a terra. Il punto qui è un altro ed è che, a giudicare da quello che Trump ha combinato in questi quattro anni, e da quelli che appaiono essere i suoi istinti o quelli di chi lo consiglia, penso che voglia far tornare il mondo ad una situazione di liberi tutti dove lui e il suo Paese potranno fare quel che meglio credono.