Sabato scorso è stato un giorno storico per gli Emirati Arabi Uniti, perché ha segnato il suo ingresso come 31mo membro del club nucleare.
This week, Unit 1 of the Barakah Plant started up. But how can the splitting of an atom power our cities, homes and businesses? Take a trip inside Barakah to find out… #BarakahDream pic.twitter.com/q9F767EiNn
— Emirates Nuclear (@ENEC_UAE) August 1, 2020
Sabato scorso è stato un giorno storico per gli Emirati Arabi Uniti, perché ha segnato il suo ingresso come 31mo membro del club nucleare.
AVVIATA LA FISSIONE IN UNO DEI QUATTRO REATTORI DI BARAKAH
Le autorità del paese hanno annunciato infatti che la fissione nucleare è iniziata in uno dei quattro reattori della nuova centrale di Barakah, gioiellino che gli Emirati hanno costruito grazie ad una joint-venture da 24 miliardi di dollari con ENEC e Korean Electric Power Corp..
LA CENTRALE CONSENTIRA’ DI RISPARMIARE L’EQUIVALENTE DELLE EMISSIONI DI 3 MILIONI DI AUTO
Prima ed unica centrale nucleare del mondo arabo, Barakah quando i suoi quattro reattori saranno pienamente in funzione produrrà 5.600 MW di elettricità, con un risparmio di emissioni inquinanti calcolato in 21 milioni all’anno, ossia l’equivalente d delle emissioni di 3 milioni di macchine ogni anno.
Disporre di un quantitativo sufficiente di energia pulita, emancipandosi parzialmente dalle fonti fossili, è stato infatti uno dei motivi per cui gli Emirati si sono imbarcati in questa avventura.
GLI EMIRATI PUNTANO AL 50% DI ENERGIA PULITA ENTRO IL 2050
Gli Emirati puntano per ora ad avere dalle rinnovabili e dall’energia il 27% della loro domanda di energia, con l’obiettivo finale di produrre il 50% della propria energia nel 2050 solo da fonti pulite.
In una nota, ENEC ha precisato che l’impianto svolgerà un ruolo fondamentale nella diversificazione e decarbonizzazione dell’economia. “L’impianto di Barakah offrirà energia pulita alla rete – in complemento alle fonti rinnovabili come quella solare e il vento, che non sono in grado di generare elettricità in modo continuo”.
IL RISCHIO PROLIFERAZIONE
Grandi sono dunque i benefici che ci si attendono dall’impianto inaugurato sabato. Con l’eccezione di una: la realizzazione del primo impianto nel Medio Oriente costituirà senz’altro un potente acceleratore per tutte le altre nazioni della regione che nutrono le medesime ambizioni.
Nella regione, oltre agli impianti israeliani e al relativo arsenale nucleare, c’è già l’Egitto che è in corsa per realizzare i propri impianti. E l’Arabia Saudita ha intensificato il proprio impegno per raggiungere questo obiettivo.
Per rassicurare tutti, gli Emirati si sono impegnati a usare il nuovo impianto per soli usi civili. Inoltre, per tutto il periodo della realizzazione, gli ingegneri dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica hanno sorvegliato attentamente i lavori, e gli Emirati hanno firmato con gli Usa un accordo di cooperazione nucleare che contiene come clausola il bando all’uso per fini militari dell’energia nucleare.
Questo non è bastato al Qatar per alzare la voce, denunciando l’impianto di Barakah come “una seria minaccia alla regione e al suo ambiente”.
In effetti, non manca chi sospetta gli Emirati di secondi fini.
Tra questi c’è Paul Dorfman, ricercatore all’University College London’s Energy Institute, che sul New York Times ha scritto che, data la manna energetica di cui gode il paese, comprese “alcune delle migliori risorse di energia solare nel mondo”, non si può fare a meno di pensare che “l’interesse degli Emirati nel nucleare possa nascondere (un interesse) alla proliferazione nucleare”.