Come si sta regolando la Cina con le sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia e in particolare con l’embargo al petrolio e al gas delle compagnie russe?
Scorrendo le notizie si coglie l’imbarazzo della dirigenza cinese nel districarsi tra due priorità: non dare da un lato all’Occidente l’impressione di voler boicottare platealmente le sanzioni alla Russia e, dall’altro, continuare a perseguire la politica degli ultimi anni di approvvigionamento di nuove risorse energetiche per un’economia che ne ha disperatamente bisogno.
Sul secondo fronte i numeri parlano chiaro e testimoniano le intrinseche difficoltà di Pechino ad aderire alla campagna occidentale: la Russia rappresenta oggi il secondo fornitore di petrolio della Cina e il terzo per quanto riguarda il gas. Tagliare i ponti in queste circostanze è inimmaginabile.
Deve essere anche per questo, è facile supporre, che, oltre a essersi rifiutata di condannare l’invasione dell’Ucraina e addirittura di chiamarla con il suo nome, la Cina ha ripetutamente alzato la voce contro le sanzioni – definite unilaterali e illegali da Guo Shuqing, potente presidente della Commissione regolatoria sulle banche e le assicurazioni.
La posizione ufficiale di Pechino, come ribadito da Guo, è che il Paese avrebbe mantenuto normali relazioni commerciali ed economiche con la Russia.
SINOPEC SOSPENDE LE OPERAZIONI IN RUSSIA?
Recenti rivelazioni esclusive di Reuters sembrerebbero segnalare tuttavia l’apparente piegarsi di Pechino alla strategia dell’Occidente.
All’inizio di marzo il Ministero degli esteri avrebbe convocato, secondo due fonti al corrente della situazione, i vertici di Sinopec, China National Petroleum e China National Offshore Oil per appurare che tipo di rapporti economici i tre colossi dell’energia intrattenessero con la Russia. Il Ministero avrebbe quindi esortato le tre compagnie a non stringere nuovi accordi con entità russe in una fase così delicata.
Il messaggio lanciato dal Dicastero avrebbe subito prodotto i suoi effetti, allineando le politiche commerciali delle tre aziende a quella del governo. Come ha commentato a Reuters un dirigente di una compagnia petrolifera di Stato, chi opera nel settore dell’energia in Cina al momento non ha altra scelta che “seguire rigidamente la politica estera di Pechino … Non c’è alcuno spazio di manovra per le compagnie per prendere l’iniziativa in termini di nuovi investimenti”.
Ancora Reuters riferisce che le tre compagnie pubbliche cinesi avrebbero istituito delle task force mirate sulla Russia con il compito di studiare piani di emergenza per quanto riguarda sia possibili crisi dell’offerta, sia di capire precisamente l’effetto delle sanzioni secondarie varate da Paesi come gli Usa.
A RISCHIO TRE PROGETTI DI SINOPEC IN RUSSIA
Per Sinopec la guerra in Ucraina rappresenta un grave problema alla luce delle partnership attive con i produttori energetici russi Rosneft, Sibur (di cui Sinopec controlla il 10% delle quote) e Novatek, tutti finiti nel mirino dell’Occidente.
Con Rosneft è in piedi il progetto di Taihu relativo allo sfruttamento congiunto di un giacimento di gas nel bacino del Volga-Urali nella Russia occidentale.
Insieme a Sibur, invece, Sinopec stava realizzando l’impianto chimico per gas di Amur nella Siberia orientale: un progetto da 10 miliardi di dollari che dovrebbe diventare operativo nel 2024.
Con Novatek, infine, è attiva dal 2019 una joint-venture, che vede tra i suoi finanziatori più noti Gazprombank e Sberbank, con l’obiettivo di distribuire gas naturale in Cina.
STOP A AMUR?
Secondo le fonti di Reuters, su Amur, Sinopec avrebbe alla fine imposto una pausa riconducibile a due motivi.
La prima ragione riguarda l’imbarazzante presenza dell’alleato di ferro di Putin Gennady Timchenko – prontamente finito nell’elenco delle persone sanzionate dall’Ue e dalla Gran Bretagna – nel board di Sibur nonché tra i suoi azionisti.
Il secondo fattore chiave è la presenza, tra le più importanti banche finanziatrici di Amur, di Sberbank, sulla cui operatività pesa ora l’impatto delle sanzioni occidentali (l’istituto tuttavia nega l’esistenza di qualsiasi problema e sostiene di continuare a lavorare in sinergia con Sinopec sul progetto).
STOP ALLA JOINT-VENTURE CON NOVATEK?
Anche in questo caso, Sinopec sarebbe stata costretta a un ripensamento indotto da due ostacoli: il coinvolgimento di Sberbank e, di nuovo, la presenza nel board di Novatek di Timchenko (che peraltro si è prontamente dimesso).
DIETROFRONT? IL DOPPIO ANNUNCIO DEL PRESIDENTE DI SINOPEC
Come ha riferito Asia Nikkei, il presidente Yu Baocai ha approfittato lunedì della presentazione dei risultati annuali d’impresa per fare due annunci in totale contrasto con le rivelazioni di Reuters: i progetti in partnership con soggetti russi procederanno regolarmente, e la compagnia continuerà, come in passato, a importare tanto il petrolio quanto il gas russi in nome del sacrosanto obiettivo di “diversificare le fonti di approvvigionamento” e di considerazioni chiave come ad esempio il prezzo, la stabilità dell’offerta e i costi di trasporto.
“Continueremo a fare così nel futuro”, ha spiegato il presidente relativamente agli acquisti di petrolio e gas, “in accordo coi principi commerciali e con le regole del commercio internazionale, al fine di sviluppare una normale cooperazione”.
In merito ai progetti di Sinopec in Russia, Yu ha precisato che, tanto nel caso di Amur quanto in quello di Taihu, essi stanno “in generale operando stabilmente … e non ci sono indicazioni di deterioramento”.
Asia Nikkei ha raccolto anche la testimonianza di Sun Lili, la presidente della sussidiaria Sinopec Engineering Group, la quale ha riferito che le sue quattro unità ingegneristiche attive nel complesso di Amur continuano a lavorare in condizioni “relativamente stabili”. Con un certo ottimismo, Sun ha aggiunto che secondo lei il rischio Paese in Russia è “in generale sotto controllo”.
L’AMBIGUITÀ CINESE
Non è chiaro a questo punto se Pechino abbia deciso di sfidare apertamente gli Usa di Biden e tutti i partner occidentali che hanno aderito alla linea dura contro Mosca, o se le notizie contrastanti siano frutto dell’incertezza e dei dilemmi che attanagliano la Cina in questo momento.
Washington, conscia dell’importanza della collaborazione cinese nello sforzo di isolare la Russia, peraltro ha appena aperto al Dragone rimuovendo una parte significativa dei dazi imposti sulle sue merci dall’amministrazione Trump.
Resta dunque da capire se Pechino intenda mordere questa mano tesa o stringerla.