L’intervista di Marco Orioles a Maria Angela Bertoni, dirigente ad interim del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, è apparsa sul “Messaggero Veneto” il 1 aprile 2020 e può essere letta più sotto in questa pagina. Il video integrale è disponibile sul canale YouTube di Marco Orioles:
Salute mentale a rischio. “Crea ansia tutto quello che mina la nostra libertà”
Marco Orioles, “Messaggero Veneto”, 1 aprile 2020
C’è una domanda, inquietante come i tempi bui che stiamo vivendo, che incombe sullo sfondo dell’emergenza Covid-19: vi sono già, e soprattutto vi saranno nel futuro, ricadute in città in termini di salute mentale?
La risposta che ci fornisce il dirigente ad interim del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, Maria Angela Bertoni, lascia intravedere non poche problematiche all’orizzonte di un servizio che già oggi ha in carico il 2% circa –approssimativamente 3 mila persone – dei 160 mila cittadini residenti nel comprensorio in cui il DSM gestisce i suoi quattro servizi territoriali (meglio noti come CSM), l’unità Diagnosi e Cura ospitata presso l’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine più il servizio denominato “Rems” che cinque anni fa ha ereditato le competenze dell’ospedale psichiatrico giudiziario.
Le misure di contenimento del contagio decise da Roma, e dunque la drastica limitazione delle libertà di movimento e di riunione dei cittadini, ma anche tutte le altre conseguenze sui nostri sistemi sociali ed economici di questa emergenza, si sono già tradotte per il Dipartimento in un certo numero di chiamate di cittadini sotto stress. “Tutto quello che mina la nostra libertà, che è preziosissima, crea ansia: questo è un dato oggettivo”, ci spiega Bertoni prima di formulare un’analisi che va dritta al cuore del problema.
“La tecnologia”, è il ragionamento della dirigente, “ha generato l’illusione di poter controllare tutto. Ed è sicuramente vero che possiamo controllare tante cose. Ma proprio questa crisi ci sta dimostrando che non è così, e che dobbiamo arrenderci ad una fragilità umana che è parte integrante dell’universo in cui viviamo. Una fragilità che non può che venire a galla in circostanze eccezionali come queste”.
Ha perfettamente ragione il n. 1 del DSM quando, a proposito di tali fragilità, ci invita a guardare anche al di là del servizio che dirige. “Chi rischia di più in queste circostanze”, ci spiega, “sono non solo le persone con problemi di salute mentale, ma tutte le categorie fragili, ad esempio i disabili. Per non parlare delle fasce vulnerabili come i nuovi poveri che non hanno alle spalle organizzazioni territoriali come la nostra. Penso in particolare ai tanti precari che hanno perso il lavoro in questo periodo e non hanno purtroppo alcun paracadute. È per questo che temo che noi operatori della salute mentale dobbiamo preoccuparci di ciò che accadrà al nostro servizio a breve”.
C’è un aspetto particolare, dell’emergenza in corso, su cui la dirigente attira volutamente la nostra attenzione: è “il perdurare del messaggio di allarme, un messaggio a tal punto martellante da generare stress. È una situazione che non crea eccessivi problemi a chi è in grado di compensare con altre risorse, ma che in altre rischia di far emergere quelle fragilità che fino a quel momento erano magari tamponate con altro”.
È dunque anche in vista di una cresciuta degli accessi che la dott.ssa Bertoni precisa che i presidi del DSM rimarranno aperti a orari invariati, pronti a far scattare i protocolli che, dopo i primi contatti telefonici, prevedono un’eventuale visita domiciliare e, nel caso, la successiva presa in carico.
Pur senza sottovalutare questo versante del problema, il pensiero più preoccupato della dirigente va tuttavia a quella fetta di utenza – un migliaio di persone circa – che, in virtù delle specifiche patologie da cui è affetta e che sono ricomprese nell’area dei disturbi psicotici, necessita di un’assistenza quotidiana da parte degli operatori del DSM. Stiamo parlando di uomini e donne che, grazie anche ai servizi e all’opera infaticabile del personale della struttura retta da Bertoni, sono riusciti – tra alti e bassi, ricadute e resurrezioni – a sviluppare nel tempo una vita di relazione, a beneficiare di autentici momenti di socialità e, non infrequentemente, a svolgere attività lavorative retribuite (sebbene con la formula poco remunerativa dei tirocini o delle borse lavoro).
Soggetti insomma la cui vita ha assunto, dopo tanti sforzi, quei tratti di normalità che l’attuale emergenza rischia purtroppo di travolgere, se non l’ha già fatto. “Quel che mi preoccupa di più”, ci confida Bertoni, è il venire meno, per queste persone, “dell’aspetto della relazione, dell’incontro, del non sentirsi soli”. Un aspetto che i CSM stanno ora cercando di garantire non solo “andando a cercare a casa le persone che hanno paura ad uscire”, o rassicurando chi ha “reazioni di ansia nel vedere gli operatori indossare le mascherine”.
La missione prioritaria al DSM è ora “rimodulare gli interventi e le azioni rivolti a queste persone che hanno disturbi psichici pregressi, e hanno dunque bisogno di un sostegno costante, in modo da non perderli di vista e di ricreare quella dimensione di gruppo” di cui hanno necessità come se non più degli altri. La dirigente è già in grado di annunciarci una prima iniziativa: la rinascita sul web dei gruppi di lettura. “Si permetterà così”, commenta Bertoni, “la ricostituzione del gruppo, facendo sì che le persone non si sentano sole ma possano lavorare insieme su tematiche comuni e, sottolineerei, elaborare collettivamente questo momento difficile”.
Se dunque al DSM sono già scattate le contromisure per impedire che la situazione sfugga di mano, c’è un ruolo anche per i cittadini e specialmente per chi ha responsabilità politiche o opera nel settore della comunicazione. A costoro, Bertoni sente la necessità di rammentare “il dovere, nel momento in cui tutta la popolazione è esposta a questo stress oggettivo, di usare parole oneste, competenti e soprattutto prive di riferimenti a tensioni, conflitti o peggio ancora guerre. Le nostre parole devono contenere soprattutto elementi di speranza, perché da esse dipende la salute di tutti gli altri tra i quali ci sono anche persone più fragili di noi. Ricordiamoci sempre che la nostra salute è strettamente legata a quella degli altri, e questo vale a maggior ragione in un mondo strettamente interconnesso come quello attuale”.