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Perché Trump preme sulla Cina contro la Corea di Kim

Pubblicato il 03/12/2017 - Formiche

Herbert Raymond McMaster, consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’amministrazione di Donald Trump, ha lanciato ieri un nuovo campanello d’allarme sul programma nucleare e missilistico della Corea del Nord, che rappresenta a suo dire la “più grave” e “immediata” minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti. E intanto il Ministero degli Esteri di Pyongyang, come riferisce l’agenzia di stampa nordcoreana Kcna, sottolinea come gli Stati Uniti stiano “supplicando” Kim Jong-un di ricorrere alle armi nucleari.

Risale a martedì scorso l’ultima provocazione del Maresciallo: il test di un missile balistico intercontinentale (Icbm) – il “più potente”, secondo le dichiarazioni enfatiche del regime, mai costruito dal regno eremita – in grado di raggiungere la costa orientale degli Stati Uniti. Un avanzamento tecnologico notevole, che segna una decisa escalation nella sfida della Corea del Nord alla superpotenza a stelle e strisce. Il vettore Hwasong-15 ha raggiunto un’altitudine di 4.475 chilometri, dieci volte la quota della stazione spaziale internazionale, precipitando sul mar del Giappone a 950 chilometri dal sito del lancio, per un volo durato 53 minuti. E se non è ancora dimostrato che la Corea del Nord abbia vinto la sfida della miniaturizzazione della testata atomica, passo essenziale insieme alla capacità della stessa testata di resistere indenne alle altissime temperature che si sviluppano in fase di rientro nell’atmosfera, è certo che i progressi nel programma missilistico di Pyongyang non possono più essere sottovalutati. Come ha proclamato Kim dopo il test di martedì, “la storica causa” del Nord “di completare la forza nucleare dello stato” è un fatto praticamente compiuto.

Ne è perfettamente consapevole McMaster, membro del team dei “responsabili” dell’amministrazione Trump, gli uomini che hanno il compito di sussurrare all’orecchio del turbolento presidente. In una conversazione di ieri con l’anchor di Fox News Bret Baier tenutasi al Reagan National Defense Forum, il generale ha ammesso che la minaccia della Corea del Nord sta “crescendo ogni giorno di più, il che significa che siamo in una corsa, davvero, siamo in una corsa per essere in grado di risolvere questo problema”.

È passata parecchia acqua sotto i ponti da quando, era l’inizio dell’anno, Trump dichiarò che “non sarebbe successo” che il regime di Kim mettesse a punto un Icbm in grado di colpire il territorio degli Stati Uniti. Da allora, il Nord ha effettuato tre test di vettori intercontinentali, i primi due a luglio e l’ultimo martedì, e un test nucleare, il 3 settembre, il quarto nella carriera del dittatore. Un crescendo che ha esibito capacità sempre maggiori e lasciato di stucco analisti e osservatori. Il Hwasong-15, un perfezionamento del modello (Hwasong-14) sperimentato quest’estate, può volare per 13 mila chilometri, coprendo potenzialmente obiettivi sia americani che europei.

Da mesi gli Stati Uniti si stanno prodigando in un pressing serrato nei confronti della comunità internazionale affinché serri i ranghi e si faccia carico del problema. Al di là delle “opzioni militari” ventilate dall’amministrazione Trump, sempre più improbabili vista la possibilità concreta di una rappresaglia nucleare da parte del Nord, la strategia americana si basa sulla “massima pressione” esercitata sul regime, attraverso l’accerchiamento diplomatico e sanzioni stringenti. McMaster ieri ha confermato la linea del suo governo: “nuove azioni significative sotto la forma di sanzioni molto più dure” e “completa applicazione delle sanzioni che sono in vigore”.

Sin dai tempi del suo insediamento alla Casa Bianca, la Cina è diventata l’interlocutore privilegiato di Trump, in virtù delle relazioni economiche che Pechino nutre con Pyongyang. Se la Cina chiudesse i rubinetti, è il ragionamento del presidente Usa, Kim potrebbe convincersi della necessità di ritornare al tavolo negoziale. “Ci sono modi”, conferma McMaster, “per affrontare questo problema senza ricorrere al conflitto armato”. La chiave è rappresentata dai rifornimenti energetici, che vedono la Corea del Nord dipendere totalmente dal suo vicino. “Non puoi sparare un missile senza combustibile”, sottolinea il consigliere. Se la Cina ricorrerà al suo “tremendo potere coercitivo”, il problema potrà dunque essere risolto. “Non stiamo chiedendo alla Cina di fare un favore a noi o a chiunque altro.”, precisa McMaster. “Stiamo chiedendo alla Cina di agire nell’interesse della Cina, e crediamo sempre di più che sia urgente interesse della Cina fare di più”.

Frattanto, nella penisola coreana il clima si surriscalda ulteriormente. Gli Stati Uniti mostrano i muscoli, inviando nel Sud una squadriglia di caccia F22 Raptor in vista di un’esercitazione con le forze armate di Seul. Puntuale la risposta del Nord, arrivata attraverso l’agenzia di stampa Kcna: “Se la penisola coreana e il mondo dovessero essere messi alla prova di una guerra nucleare a causa dell’incosciente mania nucleare degli Stati Uniti, gli Usa dovrebbero accettare la piena responsabilità di questa situazione”.

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