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Perché la Turchia non russerà più sulle armi occidentali

Pubblicato il 08/06/2022 - Start Magazine

La guerra in Ucraina ha innescato una serie di sommovimenti nella politica internazionale che promettono di riconfigurare e alterare in profondità gli equilibri dell’ordine mondiale.

IL CASO TURCHIA E I SUOI VALZER CON MOSCA

La Turchia ne è un caso lampante. Dopo gli anni dell’allineamento strategico con Mosca favorito dal comune coinvolgimento nella guerra in Siria, e la caduta in disgrazia in Occidente per l’inopinato acquisto dai russi del sistema di difesa antimissile S-400 che è costato ad Ankara la traumatica esclusione dal programma F-35 Joint Strike Fighter, Erdogan ha ora la concreta possibilità di guadagnarsi un riavvicinamento all’Occidente che gli risulterebbe vantaggioso soprattutto in termini militari.

GLI ACQUISTI IN BALLO

In ballo c’è già l’acquisto di ottanta Eurofighter Typhoon, caccia di superiorità aerea realizzato dal consorzio composto da Airbus, BAE Systems e Leonardo, ma l’assegno fedeltà va ben oltre il gioiellino prodotto congiuntamente da Gran Bretagna, Germania, Italia e Spagna.  Joe Biden ha infatti messo sul piatto la vendita di quaranta modelli di F-16 Block 70 e l’aggiornamento della flotta preesistente dei vecchi F-16. Le prospettive includono inoltre la fornitura di missili high-tech, sistemi radar e per la guerra elettronica.

L’ANALISI DI DEFENSE NEWS

Parlando alla rivista specializzata in questioni militari Defense News a proposito di quanto successo dal 24 febbraio ad oggi, un consigliere di Erdogan ha dichiarato che “la guerra tra i nostri due partner Russia e Ucraina ha creato un nuovo orientamento in favore del rafforzamento delle forniture con i nostri alleati Nato”.

Nell’entourage del presidente turco si avverte la convinzione di dover fare una scelta di campo netta e ciò naturalmente a scapito degli ingenti e impegnativi investimenti in armamenti russi che Ankara aveva pianificato.

IL PARERE DELL’ANALISTA

Secondo Ozgur Eksi, analista della difesa turco, tutti gli accordi strategici maturati in questi anni tra Russia e Turchia sono ormai in frantumi e anche affari giù in fase di trattativa avanzata come la vendita da parte di Mosca degli aerei Su-35 e Su-57 sono ormai destinati a rimanere nel cassetto.

IL TEST SVEZIA E FINLANDIA

Il test decisivo è rappresentato naturalmente dalla prossima adesione di Svezia e Finlandia alla Nato su cui Ankara ha formalmente poteri di veto. Erdogan ha già dato mostra di voler approfittare di questa leva, in cambio del suo assenso, per sollecitare, come ha detto sempre a Defense News un diplomatico Usa, il trasferimento di certi sistemi d’arma.

CADUTA DEGLI EMBARGO?

In realtà questo clima di fiducia è palpabile già da diverse settimane. Come ha ammesso il viceministro degli Esteri turco Faruk Kaymakci già a febbraio la Gran Bretagna aveva rimosso l’embargo alla vendita di armi alla Turchia imposto nel 2019 dopo la scellerata offensiva turca nella Siria del Nord. Secondo Defense News il Canada potrebbe fare presto altrettanto.

Ma perché la relazione fra Turchia e Occidente rifiorisca completamente sarà necessario superare ancora numerosi ostacoli, rimane in piedi l’embargo totale imposto sempre nel 2019 da Repubblica Ceca, Finlandia, Olanda, Norvegia, Spagna e Svezia e quelli parziali di Italia, Francia e Germania. Duole particolarmente la sospensione da parte tedesca della vendita dei motori per l’Altay, modello avanzato di tank autoctono turco.

CAPOVOLGIMENTO?

È plausibile tuttavia che le discussioni queste ore in sede Nato e il giusto livello di pressione da parte degli Usa sortiranno l’effetto di ammorbidire le posizioni di tutti. Ben presto insomma potremmo assistere a un drastico capovolgimento di fronte da parte turca. Nonostante Erdogan continui a usare come sponda la propria relazione con Putin per ritagliarsi un ruolo di mediatore nell’attuale conflitto, il vantaggio per Ankara di tornare a schierarsi senza ambiguità col fronte occidentale sono incommensurabili.

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