Unanimi nella volontà di non fare sconti all’Italia gialloverde renitente ad obbedire alle regole comunitarie, i ministri finanziari europei riuniti a Lussemburgo hanno tracciato la via che il governo Conte deve seguire per evitare la procedura d’infrazione che la Commissione Ue ha già ritenuto “giustificata”. A nome dell’Eurogruppo, il presidente Mario Centeno ha rivolto al nostro esecutivo l’invito a “presentare misure economiche” per ridurre un indebitamento ormai al 132,2% e ridurre un deficit lievitato di quattro decimali rispetto al 2,04% negoziato nella trattativa d’autunno. Il tempo a disposizione per ottemperare a queste ingiunzioni è poco: c’è appena “qualche giorno”, ha sottolineato il ministro francese Bruno Le Maire, per sopraggiungere alla “soluzione concordata” auspicata anche dal tedesco Olaf Scholz. Di fronte alla compattezza dei suoi colleghi, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha però preferito non irritare gli azionisti della sua maggioranza, escludendo “variazioni legislative”. Tria ritiene d’altro canto che il deficit si abbasserà da solo grazie ai risparmi su reddito di cittadinanza e quota 100. Gli fa da sponda, dal vertice dei Paesi Ue nel Mediterraneo, il primo ministro Conte, anche lui convinto che “non abbiamo bisogno di misure correttive“. Nemmeno è cominciata, dunque, che la trattativa con l’Europa appare già accidentata. E all’orizzonte si profilano nubi ancor più minacciose (la famosa “grandinata” intravista dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti). Resta incombente, infatti, il problema dei 23 miliardi di clausole di salvaguardia che l’esecutivo intende disinnescare per scongiurare l’aumento dell’Iva: risorse su cui si appuntano i sospetti della Commissione, che teme un altro provvedimento in deficit. Come in deficit si annuncia il “forte taglio delle tasse” ribadito venerdì da Matteo Salvini e confermato da Conte e dall’altro vicepremier, Luigi Di Maio. In questo quadro che allarmante è dir poco, ci tocca contemplare anche il plauso riservato da Giorgetti alla relazione con cui l’ex ministro Paolo Savona, oggi a capo della Consob, ha definito “istruttivo” l’esempio del Giappone i cui “livelli di indebitamento nell’ordine del 200% non contrastano con gli obiettivi economici e sociali perseguiti dalla politica“. Se all’attrazione per le teorie di un maître à penserdell’euroscetticismo aggiungiamo il guanto di sfida dei mini-Bot, che l’establishment legista continua a perorare nonostante la censura di Mario Draghi, la conclusione è ineludibile: con il furbesco assenso di Di Maio, che ha annunciato che “la prossima manovra toccherà alla Lega“, il Carroccio è pronto alla guerra con l’Europa. Alla quale non resterà che dare il via alla prima procedura d’infrazione della sua storia. A meno che il governo non sia costretto ad uscire di scena prima. Sull’onda di uno spread alle stelle, del downgrade del nostro debito e della fuga degli investitori. O per il calcolo di un partito, il Carroccio, che potrebbe cercare riparo in elezioni anticipate. La tempesta perfetta – o la grandinata se si preferisce – è comunque dietro l’angolo.
Per l’Italia si avvicina la tempesta perfetta
Pubblicato il 17/06/2019 - Il Piccolo
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