L’offensiva dell’Esercito Nazionale Libico è cominciata giovedì scorso mentre, in Libia, era presente il Segretario Generale dell’Onu, António Guterres. Tutto sembra fuorché una coincidenza. L’avanzata delle forze del generale Khalifa Haftar, che dal loro feudo in Cirenaica puntano ora a conquistare Tripoli, è stata concepita anzitutto per respingere al mittente il tentativo delle Nazioni Unite di risolvere, con le regole della diplomazia e il metodo della mediazione, una crisi da tempo sull’orlo dell’abisso. Secondo la road map tracciata dall’inviato dell’Onu in Libia, Ghassan Salamé, il 14 aprile si sarebbe dovuta aprire a Ghadames una Conferenza nazionale alla presenza di tutti gli attori politici e di vari esponenti della società civile.
Obiettivo: concordare le regole del gioco – bisogna scrivere una nuova Costituzione – e la convocazione di elezioni parlamentari e presidenziali. A confrontarsi, a Ghadames, avrebbero dovuto essere anzitutto i rappresentanti del Governo di Accordo Nazionale (GNA), l’esecutivo con sede a Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale, e il campo dell’Est che si identifica nella leadership militare di Haftar.
Una vera e propria mission impossible: dal punto di vista di Haftar, nessun dialogo è possibile con le forze dell’islam politico che, dai giorni della guerra civile scatenatasi dopo la caduta di Gheddafi, si è impossessato delle leve del potere nella capitale. Haftar si sente investito della missione che gli è stata delegata dai regimi della Mezzaluna come Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto: esautorare le forze che attingono dalla religione legittimità e consenso e sono pericolosamente contigue con quelle del jihadismo armato. Ecco perché il GNA, formalmente guidato da un premier neutrale, Fayez al Serraj, ma manovrato in realtà dalla Fratellanza Musulmana, ossia il partito transnazionale che da un secolo a questa parte è l’espressione più autentica della pretesa dell’Islam di ispirare l’ordine politico, è agli occhi di Haftar una creatura da liquidare il prima possibile. Per l’Italia, che tanto sotto i governi a trazione Pd quanto sotto quello gialloverde è stato il principale sponsor del GNA, gli ultimi sviluppi della crisi libica rappresentano l’anticamera di una storica sconfitta politica. A tutto vantaggio di chi, come il governo francese, è da tempo saltato sul carro di Haftar, e conta su una sua vittoria per meglio tutelare i propri interessi nazionali. Quelli dell’Italia, invece, sono come sempre nelle mani del Signore.