Il Taccuino estero a cura di Marco Orioles
LE RAMPOGNE DI PENCE E POMPEO ALL’EUROPA SU HUAWEI
In visita in Europa, il vicepresidente Usa Mike Pence e il Segretario di Stato Mike Pompeo sfoderano gli artigli e ammoniscono gli alleati su Huawei, l’azienda cinese di tlc accusata da Washington di cyberspionaggio. “Gli Stati Uniti”, ha tuonato Pence dalla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, “sono stati molto chiari con i nostri partner (…) sulla minaccia posta da Huawei e altre compagnie telecom cinesi. (…) Dobbiamo proteggere le nostre infrastrutture di telecomunicazione critiche e l’America chiede a tutti i nostri partner di essere vigili”. A Varsavia, dove ha incontrato il presidente Andrzej Duda, il vicepresidente ha elogiato la Polonia, che sta valutando di impedire a Huawei di partecipare allo sviluppo dell’infrastruttura nazionale del 5G e, a dicembre, ha arrestato un manager di Huawei Polonia e un cittadino polacco con l’accusa di spionaggio. “La recente azione presa dal vostro governo contro un manager di Huawei e un cittadino polacco accusato di cooperare con lui dimostra”, ha sottolineato Pence, “l’impegno del vostro governo di assicurare che il nostro settore delle telecomunicazioni non sia compromesso in un modo che minacci la nostra sicurezza nazionale”.
Dal palco della conferenza di Monaco, il vice di Trump ha ricordato il motivo per cui gli Usa diffidano di Huawei: la legge cinese “richiede a loro di fornire al vasto apparato sicurezza di Pechino l’accesso a qualsiasi dato che (scorre lungo) le loro reti e attrezzature”. Qualche giorno prima, anche il Segretario di Stato Mike Pompeo aveva chiesto agli alleati di tenere in debito conto i rischi alla sicurezza derivanti dalla presenza delle apparecchiature Huawei nella rete 5G, “rischi… per la perdita della tutela della privacy per il loro stesso popolo, il rischio che la Cina usi questi dati in un modo che non è nel miglior interesse” di questi paesi. “Se i paesi usano attrezzature Huawei”, ha ammonito Pompeo, sottolineando le conseguenze di un eventuale comportamento imprudente, “rendono difficile per noi essere loro partner”.
Il governo cinese ha risposto a stretto giro alle dichiarazioni dei leader americani, accusando Washington di cercare di “seminare discordia tra la Cina e gli altri paesi” e di “fabbricare accuse infondate” con il proposito di danneggiare le aziende cinesi. “Queste azioni”, ha detto il portavoce del Ministero degli Esteri, Hua Chunying, “sono scorrette e immorali”. A replicare dal vivo a Pence, dal palco di Monaco, ci ha pensato un diplomatico cinese di rango, Yang Jiechi. “Nella quarta rivoluzione industriale”, ha ricordato Yang, “dovremmo tutti lavorare insieme”. Gli europei, ha sottolineato, “sanno molto bene quale sia il percorso saggio per loro per andare avanti”. Huawei “è un’azienda che coopera molto da vicino con i paesi europei”. Le accuse americane sono false: “la legge cinese non richiede alle aziende di installare backdoors per raccogliere intelligence”. Intervenendo in questo dibattito, William Hu, CEO di Huawei Technologies Hungary, ha esortato i governi europei a “guardare con obiettività alle prove” contro la sua azienda, che non ci sarebbero, “e a mantenere un approccio aperto e impegnato al 5G. (…) Escludere un fornitore dagli sviluppo tecnologici sulla cybersicurezza danneggerà i progressi tecnici ed economici e la competizione”, ha concluso Hu.
“PROGRESSI” NEL NEGOZIATO USA-CINA SUI COMMERCI
Riuniti a Pechino per un nuovo round dei colloqui bilaterali, i negoziatori americani e cinesi hanno fatto passi avanti verso la definizione di un accordo commerciale chiamato a mettere la parola fine alla guerra dei dazi scoppiata l’anno scorso. Il Segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, presente nella capitale cinese insieme al rappresentante al Commercio Robert Lightizer e ad altri esponenti dell’amministrazione Trump come il Sottosegretario al Tesoro David Malpass, ha definito su Twitter “produttivi” gli incontri avuti giovedì e venerdì con il vicepremier e zar economico del presidente Xi Jinping, Liu He. “Queste dettagliate e intense discussioni”, ha detto la portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, “hanno portato a progressi tra le due parti”. Anche la tv di stato cinese, CCTV, ha parlato di “progressi fatti su temi importanti e difficili”, sottolineando però che “c’è ancora molto lavoro da fare”. “Molto lavoro rimane”, rimarca pure Sanders. Per Donald Trump, i colloqui di Pechino sono andati “estremamente bene”. “Siamo molto più vicini di quanto siamo mai stati in questo paese ad avere un vero accordo commerciale”, ha affermato il presidente, a detta del quale un’intesa coi cinesi dovrà comprendere necessariamente punti come la “scorrettezza” e il “furto”. In merito ai dazi sulle importazioni cinesi da lui introdotti l’estate scorsa, The Donald ha detto che stanno colpendo la Cina “molto duramente”, ma che sarebbe “un onore” per lui cancellarli, nell’eventualità che le parti giungano ad un accordo. Quanto alla deadline del 1 marzo, limite massimo entro cui i due paesi devono raggiungere un compromesso, pena l’innalzamento dei dazi su duecento miliardi di dollari di importazioni del Dragone, Trump ha detto che c’è “una possibilità che estenda la data”. “Non incrementerei i dazi” se un accordo fosse a portata di mano, ha sottolineato il presidente, aggiungendo che “a un certo punto” incontrerà il suo collega cinese Xi per imprimere un’accelerazione alle trattative. La Casa Bianca ha fatto sapere che qualsiasi accordo sarà incluso in un memorandum of understanding tra i due paesi. New York Times.
AGLI SGOCCIOLI LA BATTAGLIA DI BAGHOUZ
Iniziata sabato 9 febbraio, l’offensiva delle Forze Democratiche Siriane (SDF) per espugnare l’ultima roccaforte del califfato nella Siria orientale è giunta alle ultime battute. Per il comandante SDF, Jiya Furat, l’annuncio della fine delle operazioni arriverà “in un periodo di tempo molto breve”. Appoggiati dall’aviazione Usa, gli attaccanti hanno accerchiato gli ultimi miliziani dell’Isis, costituiti in buona parte da volontari stranieri, in un piccolo quartiere del villaggio di Baghouz, al confine con l’Iraq. Concentrati in appena 700 metri quadrati, i combattimenti sono però resi difficili dalla presenza di numerosi civili. In migliaia, dice il comandante SDF, “sono ancora intrappolati lì”, usati dai jihadisti come scudi umani, minacciati di morte se si allontanano. Ma il flusso in uscita da Baghouz rimane costante. “Ci sono state”, ha spiegato sabato il portavoce della Coalizione anti-Isis, col. Sean Ryan, ”alcune interruzioni nella battaglia mentre continuiamo a vedere centinaia di persone che cercano di fuggire”. I bombardamenti aerei, ha dichiarato Ryan, sono stati “ridotti per proteggere i civili”. Altro problema per la coalizione, i tunnel usati dagli avversari per nascondersi e sferrare micidiali contrattacchi. Ma seppur fiera, la resistenza è ormai al lumicino (sono oltre 400, secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, i jihadisti catturati durante la battaglia), e le SDF confidano in una imminente conclusione delle ostilità. “Nei prossimi giorni”, ha annunciato il portavoce SDF, Mustafa Bali, “diffonderemo nel mondo la buona novella della fine militare di Daesh”. Donald Trump, nel frattempo, ha chiesto via Twitter agli alleati di rimpatriare i loro concittadini reclutati dagli islamisti oggi custoditi dalle SDF. “Gli Stati Uniti chiedono a Gran Bretagna, Francia, Germania e ad altri alleati europei di riprendersi gli oltre 800 combattenti dell’Isis che abbiamo catturato in Siria e di processarli. (…) L’alternativa non è buona ed è che saremo costretti a rilasciarli”. Bbc, Voice of America.
Il tweet della settimana
Alla “Ministeriale per promuovere un futuro di pace e sicurezza nel Medio Oriente” tenutasi a Varsavia mercoledì e giovedì, il primo ministro israeliano e titolare dell’interim agli Esteri, Benjamin Netanyahu, si è incontrato con il collega dell’Oman. La fotografia che ritrae i due ministri intenti ad una calorosa stretta di mano è stata subito diffusa dall’account Twitter di Netanyahu, con un commento eloquente: “Questa è una rivoluzione nelle relazioni estere di Israele!”.
BREVI
Il vicepremier cinese Hu Chunhua ha cancellato repentinamente i colloqui commerciali che avrebbe dovuto tenere con il ministro delle Finanze britannico Philip Hammond dopo che il Segretario alla Difesa Gavin Williamson aveva minacciato di inviare una nave da guerra nel Pacifico. Reuters.
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Il Parlamento egiziano ha approvato in prima lettura delle norme che consentirebbero al presidente Abdel Fattah al-Sisi, al potere dal 2014, di guidare il paese fino al 2034. Il voto ha messo in moto un processo di riforma costituzionale che dovrebbe culminare con un referendum. La manovra ha incontrato però severe critiche da parte di chi vi intravede un passo verso l’autoritarismo.
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Ursula Mueller, vice coordinatore ONU per le Emergenze, ha detto al Consiglio di Sicurezza che “i civili continuano a pagare il prezzo più alto” del conflitto in Ucraina. Sono 3,5 milioni gli ucraini che nel 2019 avranno bisogno di assistenza umanitaria. Riferendo in Consiglio sulla “cornice concordata” dagli accordi di Minsk per porre fine ai combattimenti, Miroslav Jenča, Assistente Segretario Generale Onu per gli Affari Politici e per il Peacebuilding, ha detto che “i negoziati sembrano aver perso impulso, con i principali stakeholder incapaci o non intenzionati a raggiungere un accordo sui passi in avanti chiave”. Nazioni Unite.
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A dispetto della malattia e dell’età avanzata, Abdelaziz Bouteflika ha annunciato la sua candidatura alle presidenziali del prossimo aprile. “Naturalmente”, ha dichiarato l’ottuagenario presidente algerino, alla sua quinta avventura elettorale per la poltrona più importante del paese del Maghreb, “non ho più la stessa forza fisica di prima (…). Ma l’incrollabile desiderio di servire… non mi ha mai abbandonato e mi consente di trascendere le limitazioni collegate ai miei problemi di salute”. France 24.
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Micidiale attacco kamikaze in Kashmir contro autobus zeppo di paramilitari indiani, il più grave atto terroristico degli ultimi decenni nella provincia contesa da India e Pakistan. Dito puntato di Dehli contro Islamabad, che ospita i leader del gruppo che ha rivendicato l’azione ed è accusata di coprirli.
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Si è tenuto a Sochi il quarto incontro dei colloqui di Astana sulla Siria tra Russia, Turchia e Iran. I presidenti Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan e Hassan Rouhani si sono confrontati, tra le altre cose, sul futuro di Idlib, l’ultima provincia controllata dalle formazioni ribelli, e della Siria nordorientale da cui gli Stati Uniti sono in procinto di ritirare i loro soldati.
SEGNALAZIONI
“Come dovrebbero posizionarsi gli europei nel contesto della competizione globale tra Stati Uniti e Cina?”, si chiede Luis Simon su War on the Rocks. “Dati i legami storici, culturali e politici che legano insieme Europa ed America, la risposta a questa domanda dovrebbe essere ovvia. Tuttavia, alcuni sviluppi recenti hanno introdotto un importante elemento di confusione in questo dibattito strategico chiave”.
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“La crescente intesa tra India e Giappone”: leggi l’analisi di Thomas F. Lynch su The National Interest.