Sono stati giorni sorprendenti, sul fronte della crisi coreana, ricchi di colpi di scena e piroette diplomatiche. L’atto più clamoroso è stato senz’altro la repentina cancellazione da parte di Donald Trump del summit di Singapore che, programmato per il 12 giugno, avrebbe visto il primo faccia a faccia della storia tra un presidente americano e il leader supremo della Corea del Nord. Un summit, quello di Singapore, in cui il mondo intero aveva intravisto la straordinaria occasione di mutare drasticamente toni e contenuti delle relazioni tra la Corea del Nord, i cugini del Sud, gli Stati Uniti, e il mondo intero. L’idea di un faccia a faccia tra i due capi di Stato era scaturita da un brusco cambio di atteggiamento da parte di Kim Jong-un. Il quale, dopo aver trascorso il 2017 a testare la sua macchina bellica e a inoltrare minacce, nel discorso di capodanno e in una serie di dichiarazioni successive aveva annunciato l’intenzione di cambiare rotta. Pyongyang, era la promessa dal Maresciallo, è pronta a nutrire relazioni pacifiche con il Sud e gli Stati Uniti e a realizzare ciò che aveva sempre negato, vale a dire l’abbandono del suo arsenale atomico. Alle parole, Kim ha fatto quindi seguire i fatti. Ha prima ripristinato la hotline con il Sud, poi, il 27 aprile, ha incontrato il suo collega di Seul Moon Jae-in e concordato una dichiarazione comune in cui si delineano la fine delle ostilità tra le due Coree, che sono tecnicamente ancora in guerra, e la prospettiva di una completa denuclearizzazione della penisola. Quindi, la sorpresa: la proposta da parte di Kim di incontrare Trump per discutere dei temi contesi. Proposta accettata immediatamente. Ecco però che, quando il conto alla rovescia per il summit di Singapore segnava – 3 settimane, il barometro delle relazioni tra i protagonisti di questo balletto ha ricominciato a segnare il brutto tempo. Una serie di dichiarazioni ambigue da parte del Nord hanno spinto Trump a rinunciare all’opportunità di raggiungere un risultato diplomatico inatteso. Una delusione cocente, che è durata però lo spazio di una notte. Già il giorno dopo, infatti, Trump faceva intendere che gli Stati Uniti erano ancora disponibili a partecipare al vertice. E il giorno successivo, Kim e Moon si sono incontrati di nuovo per rilanciare l’iniziativa diplomatica. Adesso i preparativi per il vertice fervono: gli americani hanno mandato due proprie delegazioni a Singapore e in Corea del Nord per concordare con i nordcoreani gli aspetti logistici e di sostanza del summit. Benché sia saggio essere prudenti, perché le trattative saranno senz’altro complesse, dobbiamo sperare che Kim e Trump mantengano la rotta nei prossimi giorni e regalino al mondo una speranza: quella della definitiva archiviazione di un contenzioso che negli ultimi vent’anni ha fatto passare più di una notte insonne.
Nord Corea, un vecchio contenzioso da archiviare
Pubblicato il 01/06/2018 - Il Friuli
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