Il direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier (Charb) torna a parlare, dall’oltretomba. La voce sarà quella del sociologo Marco Orioles, uno dei massimi studiosi di immigrazione e del fenomeno Islam in Europa. Il monologo, inframmezzato da brevi letture, da musiche e poesie, è in programma giovedì 7 all’auditorium di Pasian di Prato con inizio alle ore 21. Sarà una serata per ricordare e non dimenticare quanto accaduto un anno fa nell’attentato alla redazione del periodico settimanale satirico francese, ma anche per «riaffermare i valori della nostra civiltà – come afferma lo stesso Orioles – e, tra questi, il fondamentale diritto alla libertà di espressione».
Il sociologo udinese ha seguito la vicenda di Charlie Hebdo fin dal 2006 «da quando – racconta – avevo compreso che sarebbe diventato l’obiettivo predestinato delle future stragi per la sua strenua difesa della libertà di espressione e dei valori che collidono fatalmente con l’intolleranza islamica e la sensibilità dei musulmani moderati che non tollerano ingerenze nella sfera religiosa. Da qui la mia sensazione – continua – che Charlie Hebdo sarebbe diventato a breve uno dei fulcri nello scontro tra civiltà, da un lato, quella laica e secolare che difende e promuove la libertà dei moderni, dall’altro, quella del blocco di individui arroccati sugli ideali della religione che una minoranza violenta vuole difendere con le armi». Le vignette satiriche più volte erano state oggetto delle minacce di Al Quaeda che nel 2013, due anni prima dell’attentato, aveva esplicitamente indicato il direttore del periodico bersaglio numero uno. Wanted dead or live questo il messaggio lanciato dagli estremisti.
La riflessione del monologo vuole essere invece ben diversa: non la ricerca di uno scontro, ma il messaggio che «la convivenza in Occidente con i musulmani – spiega il sociologo – non può prevedere solo il rispetto della sensibilità degli islamici ma anche il loro ossequio verso le culture che ci sono nei nostri territori. La satira, anche a tutto campo, di Charlie Hebdo, infatti, è un tratto centrale della nostra cultura e che ha radici antichissime che arrivano dall’antica Roma e ancora prima dalla Grecia ed è stato un elemento fondamentale nell’affermazione della civiltà, che ci ha portato alla libertà di parola e di stampa». Nel monologo, che andrà in scena giovedì, Stéphane Charbonnier torna in vita e racconta la sua battaglia. Spiega che è morto perché «fino all’ultimo giorno ha svolto il compito che deve essere di tutti noi, quello di proseguire la battaglia in difesa dell’identità e dei valori».
L’idea risale a circa due mesi fa. Non sarà un banale convegno o incontro pubblico, ma un vero e proprio monologo dal titolo Io ero Charlie inframmezzato da brevi letture di Gianni Nistri, dalle musiche create da Barbara Errico e Trjo Jerba e dalle poesie di Maria Teresa Pirillo. «Tra pochi anni – avverte Orioles – a causa del calo demografico in Occidente, la presenza islamica raddoppierà. E allora sarà forte la tentazione di comprarsi la pace sociale rinunciando a quella libertà anche aggressiva che è sempre stata un elemento centrale della democrazia. Non si può uccidere e limitare questa libertà – questo il messaggio finale di Orioles -. Convivere significa accettare la critica anche feroce e il dissenso. Quando i musulmani dicono che sarebbe opportuno mettere il bavaglio a Charlie Hebdo e a Oriana Fallaci rivelano una scarsa dimestichezza con le regole della democrazia. La battaglia che ha combattuto Charlie Hebdo è fondamentale per impostare le regole della società plurale e della convivenza».
Davide Vicedomini