“Lockdown: voci e immagini di una città chiusa per virus” è il nuovo documentario di Marco Orioles, sociologo, giornalista e videomaker indipendente che ha voluto raccontare, anche attraverso la voce di sedici udinesi, la nostra città ai tempi del Covid-19.
Udine chiusa
Chiunque sia uscito in questi giorni di emergenza per questioni di lavoro o per necessità, ha potuto vedere una Udine deserta, chiusa a causa del coronavirus. Persone in coda si vedono solo davanti ai supermercati o nelle farmacie, per il resto, le strade e le piazze (giustamente) restano deserte. La città di Udine viene quindi privata della sua vita sociale, e questo vuoto “lascerà tracce indelebili nella coscienza di un’intera generazione”.
Il progetto
Proprio per raccontare questo strano periodo che stiamo tutti vivendo, Marco Orioles ha deciso di creare un documentario sulla nostra città. Dopo aver raccolto da diverse angolazioni le immagini di una Udine deserta, il sociologo e giornalista ha contatto sedici concittadini, raccogliendo le loro testimonianze circa questa situazione di emergenza.
Il documentario
Da questo lavoro, è nato il documentario “Lockdown: voci e immagini di una città chiusa per virus”, dove le immagini sonno accompagnate dalle voci dell’assessore alla Cultura Fabrizio Cigolot, di Pierluigi Di Piazza, dell’attrice e regista Rita Maffei, del pittore Gianni Borta, dell’anima dei cinema udinesi e del “Far East Film Festival” Sabrina Baracetti, del dj e organizzatore del “Ceghedaccio” Renato Pontoni, del cronista Paolo Medeossi e delle colleghe giornaliste Lucia Burello e Margherita Timeus, del gioielliere Gaetano Allegra, dell’economista Fulvio Mattioni, dell’artista Rocco Burtone, del dirigente scolastico Paolo De Nardo, dello storico Valerio Marchi, della titolare della libreria Friuli e consigliera comunale Sara Rosso e del collega nonché poeta Enzo Martines.
Le testimonianze
In diciotto minuti di immagini, si possono trovare quindi diverse testimonianze, stati d’animo e riflessioni su questo particolare periodo. Si parte dal senso di sconfitta di Sara Rosso nel vedere l’attività ereditata dal padre chiudere i battenti, dall’annullamento del Far East Festival e del Ceghedaccio comunicato da Sabrina Baracetti e Renato Pontoni, fino alla confessione di Cigolot di sentirsi schiacciato dalla solitudine. Ma anche la voce di Gianni Borta, testimone dei bombardamenti che colpirono Udine quando era ancora un bambino, o quella di Burtone, amareggiato per l’emergenza che costringe a vedere il prossimo come il nemico anziché cercarne la solidarietà. Accanto a queste, però, anche l’elogio alle resilienza di Maffei, la promessa di Baracetti di nutrire via internet i cinefili, o alla riscoperta del tempo e della lentezza di Margherita Timeus.
Richiedenti asilo
Nel documentario è presente anche un estratto del collegamento video che Orioles ha fatto con la Caserma Caverzerani, dove il suo amico videomaker Wajid Abbasi e trecento richiedenti asilo come lui sono confinati da tre settimane per tutto il giorno in una difficile convivenza aggravata dal timore che il contagio faccia breccia tra le mura del campo.
Momento emblematico
La riflessione conclusiva è affidata a Di Piazza, le cui parole sui legami da ripensare tra vita e morte e tra uomini e natura sono riprodotte sullo sfondo delle immagini di un momento emblematico di questa emergenza: il minuto di silenzio che la Giunta Comunale il 31 marzo ha osservato in una piazzetta del Lionello dove le campane della Chiesa di San Giacomo e della vicina Cattedrale risuonavano più forti del solito.
Lo spot
Il documentario sarà diffuso a partire da domani, mercoledì 7 aprile, sui profili social di Marco Orioles e degli altri partecipanti al progetto. Sopra, invece, lo spot di “Lockdown”
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