Lo spettro di un conflitto armato in Europa non è mai stato così concreto come oggi. La Russia ha appena ammassato 90mila soldati ai confini con l’Ucraina. Quest’ultima ha a sua volta mobilitato 125mila uomini, posizionandoli nei pressi del Donbass, la regione dove è in atto una guerra congelata tra Kiev e i separatisti russofoni sostenuti anche in armi da Mosca. Di questa situazione, che ha messo in allarme le capitali europee e la Nato, hanno parlato a tu per tu, a margine della ministeriale Ocse tenutasi giovedì a Stoccolma, i principali protagonisti della crisi, e cioè il Segretario di stato usa Blinken e il Ministro degli Esteri russo Lavrov. Per Blinken la Russia deve immediatamente ritirare le sue truppe e rispettare gli accordi presi a Minsk nel 2015 che avevano stabilito la demilitarizzazione del territorio del Donbas. Qualora invece Putin ordinasse davvero un’invasione dell’Ucraina, ha ammonito Blinken, scatterebbero immediatamente sanzioni economiche di vasta portata, tra cui – è l’ipotesi che si è fatta largo da tempo – di escludere la Russia dal sistema di pagamenti internazionali Swift. La risposta di Lavrov è stata lapidaria: è l’America che deve abbandonare il suo disegno di allargare la propria sfera d’influenza fino ai confini russi, come ha già fatto nel 2004 facendo aderire alla Nato i tre Paesi baltici e come si ripromette di fare ora schiudendo le porte dell’Alleanza all’Ucraina. È una posizione che è già stata espressa con forza mercoledì dallo stesso Putin quando ha ricevuto al Cremlino gli ambasciatori stranieri: un’ulteriore espansione della Nato ad Est è considerata una linea rossa. In quella stessa sede il presidente russo ha inoltre avanzato la richiesta di impegni formali e vincolanti da parte dell’Occidente ribadendo come sia intollerabile per la Russia la presenza di militari e sistemi d’arma Nato ai suoi confini. Ma una simile condizione, ha già fatto sapere il segretario generale della Nato Stoltenberg, è semplicemente irricevibile. Non si può infatti impedire ad alcun Paese di aderire liberamente ad un’alleanza internazionale. Eppure è proprio questo il nodo da sciogliere. Da un lato c’è la ferma volontà dell’Ucraina di spostare il proprio asse verso Ovest; dall’altro c’è una grande potenza che è disposta a qualsiasi mossa pur di evitare che un suo ex satellite si muova in modo indipendente. È in quest’ottica che va letta la recente mobilitazione militare russa ai confini con l’Ucraina: più che a porre in essere un’aggressione, l’obiettivo di Putin è di lanciare un segnale dirompente all’attenzione della Casa Bianca, con l’auspicio della riapertura di un canale diretto di comunicazione da tropo tempo interrotto. Non è un caso che il Cremlino abbia diffuso, a poche ore dall’incontro di Stoccolma, la notizia che è in preparazione un videosummit tra Putin e Biden. Potrebbe essere l’opportunità per tentare di riavviare un dialogo strategico tra Mosca e Washington e affrontare così al più alto livello tutti i dossier aperti, a cominciare dall’Ucraina per proseguire con il controllo degli armamenti, le questioni energetiche, fino alla guerra in Siria.
Lo spettro di un conflitto armato in Europa
Pubblicato il 04/12/2021 - Il Piccolo
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