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Lo sapete che Mugabe è stato nominato ambasciatore Oms contro le malattie?

Pubblicato il 22/10/2017 - Formiche

A volte basta poco per trasformare una tragedia in farsa. A riuscirci, stavolta, è stato l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Alla conferenza sulle malattie croniche non trasmissibili tenutasi in Uruguay la settimana scorsa, Tedros ha pensato bene di nominare “ambasciatore di buona volontà” per contrastare queste malattie niente meno che il presidente eterno dello Zimbabwe Robert Mugabe, 93 anni, al potere dal 1980, persona non grata negli Usa e in Europa, sotto sanzioni da parte del governo americano e, soprattutto, artefice del collasso dell’economia e delle condizioni sanitarie del suo Paese. Un curriculum sufficiente, secondo Tedros, per trasformare il responsabile dello sfacelo della salute in promotore della stessa.

C’è del metodo, in questa follia. Nell’annunciare la decisione, il boss del carrozzone onusiano ha sottolineato come lo Zimbabwe sia “un paese che posiziona la copertura sanitaria universale e la promozione della salute al centro delle sue politiche per garantire a tutti il diritto alla salute”. Come se non bastasse, in un tweet l’organizzazione presieduta da Tedros ha rimarcato come il paese sudafricano abbia “introdotto un fondo per le malattie non trasmissibili” e che si tratta di “un innovativo approccio alla mobilitazione delle risorse interne da cui altri paesi possono imparare”.

Se c’è qualcosa che i gracili governi del continente africano possono apprendere da Mugabe è la capacità di rimanere in sella in barba a qualsiasi legittimità o diritto. Primo ministro dal 1980 al 1987, asceso al rango di presidente dopo la modifica ad hoc della costituzione, nella sua carriera Mugabe si è distinto per la capacità di sbaragliare gli avversari con ogni mezzo a disposizione. Brogli compresi, come quelli denunciati da Morgan Tsvangirai, candidato rivale alle elezioni del 2013, che hanno garantito a Mugabe il sesto mandato di fila.

Allora, però Mugabe aveva già acquisito i suoi principali galloni. Come le sanzioni americane, elevate nel 2000 a lui e alla sua cricca per abuso dei diritti umani ed erosione delle istituzioni democratiche, provvedimento rinnovato per un altro anno da Barack Obama prima di lasciare il posto a Donald Trump. O il titolo di cavaliere che, concessogli dal primo ministro britannico John Major nel 1994, è stato revocato nel 2008 dalla regina Elisabetta II.

Ma se c’è un settore in cui Mugabe è recordman, si tratta proprio di quello per cui Tedros lo ha nominato ambasciatore, la sanità. Lo Zimbabwe, che vanta un terzo della popolazione colpita dall’Aids, ha visto in vent’anni aumentare la mortalità infantile del 50% e quella delle madri dopo il parto quasi raddoppiare tra 2006 e 2011 (da 555 a 960 morti per 100 mila nascite). Ciliegina sulla torta, la speranza di vita alla nascita è crollata da 60 anni a 43. Endemico il rischio di epidemie, causato da condizioni igieniche e sanitarie da quinto mondo.

Alla luce di tutto ciò, la Ong Medici per i diritti umani stilò nel 2008 un rapporto che certificava il fallimento del sistema sanitario dello Zimbabwe per cause riconducibili ad un unico fattore: lui. “Il governo di Robert Mugabe”, scrivevano, “ha presieduto a una drammatica inversione nel trend dell’accesso della popolazione al cibo, all’acqua pulita, all’igiene di base e alle cure sanitarie”, e le sue politiche hanno portato alla “chiusura di ospedali, cliniche, scuole mediche e a percosse agli operatori sanitari”.

Appare comprensibile, pertanto, lo sconcerto del premier canadese Justin Trudeau nell’apprendere l’investitura di Mugabe: “ho pensato che si trattasse di un pessimo pesce d’aprile”. O lo scorno del Dipartimento di Stato americano, per il quale la nomina “contraddice chiaramente gli ideali delle Nazioni Unite sul rispetto dei diritti umani e della dignità umana”. Rincara la dose Iain Levin, vice direttore esecutivo per i programmi di Human Rights Watch, che in un tweet scrive: “Vista la scioccante storia di Mugabe per i diritti umani, definirlo un ambasciatore di buona volontà per qualcosa mette in imbarazzo l’Oms e il dottor Tedros.

Quest’ultimo, a quel punto, ha barcollato. Concludendone, sempre via Twitter, che forse non era il caso. “Ho ascoltato”, scrive. “Ho preso atto della vostra preoccupazione. Sto ripensando il mio approccio alla luce dei valori dell’OMS. Rilascerò una dichiarazione il prima possibile”.

Ma l’account @DrTedros, al momento, tace.

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