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L’elezione del primo senatore nero (leghista) e il gol mancato di Balotelli

Pubblicato il 09/03/2018 - Il Piccolo

La polemica del calciatore Mario Balotelli contro l’elezione di un senatore di colore tra le fila del Carroccio ha un fondo di bontà ma è, alla fine, sbagliata. Cominciamo coi fatti. Toni Iwobi è di origine nigeriana, ma è da 42 anni in Italia, dove svolge l’attività di imprenditore nel settore informatico e della sicurezza. Due lauree, vive con la moglie e i figli a Spirano, nella Bassa bergamasca, una delle numerose roccaforti della Lega. Le cui battaglie politiche hanno catturato l’immaginazione di Iwobi, che 25 anni fa ha cominciato il suo cursus honorum nel movimento allora guidato dal Senatur Umberto Bossi come semplice militante, per poi proseguire come consigliere comunale e più recentemente assessore. Nel 2014 Matteo Salvini lo ha nominato responsabile federale del Dipartimento immigrazione del partito. Domenica scorsa, quindi, la svolta romana: Iwobi è eletto in un collegio in cui la Lega ha sfiorato il 50% sia alla Camera che al Senato. Entra in Parlamento così per la prima volta un senatore di colore, per quanto in una collocazione politica a dir poco anomala. Ed è questo che ha fatto scattare l’ira di Balotelli. Che ha usato la piattaforma social Instagram per esprimere il suo stupore, scrivendo: “Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!!!”. Un testo accompagnato da una foto che ritrae Iwobi e Matteo Salvini insieme che indossano una maglia bianca con la scritta ‘Stop Invasione’. Identica la sorpresa di un altro sportivo anch’egli di colore, Andrew Howe, italiano di origini statunitensi: “Che Iwobi sia nero e faccia il responsabile dell’immigrazione della Lega è un po’ un controsenso”. L’interessato in questo momento scansa la critica del calciatore. “Preferisco ignorarlo in questo momento”, dice, aggiungendo: “Non mi interessa quello che scrive, ne ho abbastanza delle polemiche: voglio pensare al mio territorio e al nuovo compito che mi hanno affidato”. Sprezzante invece il commento del segretario Salvini: “Balotelli non mi piaceva in campo, mi piace ancor meno fuori dal campo”. Chi ha ragione e torto in questa bega post-elettorale? Balotelli non è uno sprovveduto. È giovane, ma ha conosciuto sulla sua pelle (nera) il razzismo che ancora avvince il nostro paese e che lo ha perseguitato per tutta la sua carriera. Normale pertanto che sbalordisca alla notizia dell’elezione di un cittadino italiano di origine africana che si dice convinto che “i clandestini dovrebbero andare a casa”, o secondo il quale dire ad una persona di colore “bingo-bongo” non sarebbe razzismo, perché “rientra in una logica di scontro politico”. La realtà è che Iwobi è un caso di perfetta integrazione in un humus culturale ben noto a tutti gli italiani. Il neo-senatore è talmente radicato nel suo territorio da nutrire idee che rispecchiano quelle del partito che domina quelle zone. Un partito che ha decretato lo stato di emergenza per questo paese da quando sono cominciati gli arrivi dei richiedenti asilo, additati come “clandestini” da rigettare in mare o espellere con le cattive maniere il prima possibile. La Lega è il partito del “prima gli italiani”, concetto che Iwobo ha sicuramente afferrato benissimo. E infatti lo comprende talmente bene da aver deciso di condurre la battaglia sovranista con un’attività pubblica condotta al massimo livello, quello parlamentare. È una scelta che può essere contestata, assieme alle idee che l’hanno guidata, ma non per il colore della pelle di chi l’ha compiuta. Grazie ad un fenomeno migratorio che da trent’anni sta alimentando il bacino demografico del nostro paese, l’Italia sta diventando un paese post-razziale, dove i tratti somatici non possono essere più elevati a criterio per distinguere chi appartiene o chi non appartiene alle nostre comunità o chi è degno di parlare in suo nome o in nome di una fazione. Un cittadino italiano ha il diritto di parlare e di essere evocato, discusso, chiacchierato, citato dai media senza che si faccia riferimento al colore della sua pelle. Perché questa, grazie alla nostra Costituzione, gli garantisce gli stessi diritti e doveri di tutti gli italiani. Anche quello di militare per un partito noto per aver in poca simpatia l’Africa e i suoi abitanti, proprio come un tempo non gli piacevano il Mezzogiorno e i meridionali.

Il PiccoloSalvini Matteosovranismo
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