UDINE.
Marco Orioles, docente di Sociologia all’Università di Udine, alla serata tenuta al Lions Lionello Club su «Libertà versus fondamentalismo islamico: una battaglia già persa» ha ribadito il pericolo del terrorismo nella nostra regione.
Con 5 mila musulmani a Udine, nonostante due moschee impegnate nell’integrazione e nel dialogo con la città, non si possono escludere che ideologie fanatiche, fomentate da manipolazione e indottrinamento, esulino dai luoghi di culto e di ritrovo dell’Islam “ufficiale”.
«Perché l’odio viaggia in rete – spiega il sociologo -. Solo una piccola parte si reca in moschea: e tutti gli altri? Quando lo Stato raggiungerà un’intesa avremo forse garanzie sulla preparazione degli Imam, attualmente predicatori fai-da-te, alcuni dei quali proibiscono la musica».
A scapito dei giovani che desiderano integrarsi. Le moschee friulane aprono le porte a tutti, operano in trasparenza. Ma la preoccupazione per gli estremismi solitari resta.
«L’obiettivo degli organismi investigativi è prevenire l’exploit del lupo solitario, non seguito, che magari si è letto per un anno i siti di Al Qaeda e si preparano in casa, dopo aver letto online il procedimento, le bombe nella cucina della mamma, come accadde alla Maratona di Boston. Non è una questione di numeri, basta un piccolo contingente di persone motivate».
L’Islam si mimetizza tra i giovani europei
A livello europeo sono impellenti scelte più coraggiose della politica, poiché le seconde generazioni di musulmani, a tutti gli effetti cittadini europei, «sono più religiose, devoti e zelanti dei loro genitori».
«E’ inquietante – ha proseguito Orioles – che migliaia di ragazzi cittadini, nati in Europa, cresciuti con i nostri figli, che frequentano le stesse associazioni sportive, a un certo punto abbraccino l’Islam radicale, e magari si fanno reclutare dai movimenti terroristi».
Già 4mila, riferice Orioles, sono partiti con passaporto europeo e stanno partecipando alla guerra santa del califfo, «persone apparentemente come noi», e quindi del tutto mimetizzate.
E in Friuli? Il docente non può dare indicazioni precise, ma «si può dire che 80-90 persone residenti in Italia provenienti dalle comunità islamiche, spesso laureate e perfettamente integrate, senza alcun segno di disagio, subiscono metamorfosi che le trasforma nei nostri principali nemici, il cui unico desiderio è ucciderci».
Il jidaismo oggi è soprattutto autoctono. Si tratta di cittadini europei che hanno enormi vantaggi: parlano le nostre lingue, viaggiano con l’accordo di Shengen e sono perfettamente infiltrati perché fanno parte delle nostre comunità.
Ed è questo l’incubo delle nostre intelligence. Ne bastano pochi, come è successo a Parigi, per mettere in ginocchio una capitale e provocare reazioni enormi.
Eppure l’Occidente continua a sottovalutare la presenza di regimi «aggressivi, intolleranti, violenti coi propri cittadini e gli altri paesi».
La situazione in Friuli
Il fondamentalismo islamico è penetrato profondamente, secondo il docente, anche con appendici jihadiste («pensiamo all’ex Imam e al reclutatore alla moschea di via San Rocco»); i rapporti andrebbero regolati con un’intesa che stabilisca la formazione degli Imam.
Oggi, infatti, tutti possono predicare. Orioles – che tra le sue numerose pubblicazioni annovera il libro, «Khatami in Italia: dialogo con stretta di mano» con aneddoti che rivelano come la battaglia per la libertà e l’affermazione dei valori occidentali sia persa – propone contromisure per impedire «che i nostri vicini diventino i nostri assassini».
Si parte dalle moschee, con cui incentivare rapporti di cooperazione, in modo che gli stessi musulmani indichino al loro interno persone pericolose.
«Prima della Digos è il vicino di preghiera che individua chi ha strane idee. E questo è un primo lavoro. A Udine si deve favorire il dialogo inter-religioso, primo tassello per armonizzare l’incontro tra prospettive che restano comunque diverse, e sviluppare il senso di identificazione con la città».
«Chi è musulmano deve dire: “Sono udinese, e chiedo e garantisco rispetto”. Il vero fine è far capire alle eventuali “schegge” che non deve coltivare solo il proprio recinto, ma che c’è una casa comune in cui abitare».
15mila stranieri in città: l’unica risposta è “integrazione”
Ma il friulano è pronto ad integrare? «Il problema dei friulani, simile a quello degli europei, è che non hanno occasione di confrontarsi col diverso. Se si creano le occasioni per incontrare, guardare, interagire con persone differenti per radici e religione darebbe spazio alla sua curiosità innata e cadrebbero alcuni pregiudizi. Spesso certi elementi che connotano il diverso vengono ingigantiti. L’amministrazione comunali può seguire il percorso virtuoso fatto da tante città europee nel promuovere il dialogo».
Ma questi incontri interculturali sono ancora troppo pochi. Il primo spazio di incontro che si è creato a Udine, ma in modo naturale, è il famigerato Borgo Stazione, «considerato un luogo da evitare, dunque si deve prendere atto che l’esperimento della comunità multietnica non si crea facilmente. Sta alle istituzioni predisporre occasioni formali e informali. In passato c’era una festa, “Udinesolidale”, che aveva questo scopo. Rimane la Festa delle Magnolie e micro eventi come quelli della Parrocchia del Carmine».
Ma lo scambio di pietanze tipiche e qualche chiacchiera è troppo poco, «considerando che a Udine vivono 15 mila stranieri. Urgono iniziative più coraggiose, anche dagli stessi stranieri. Sono ben poche le occasioni in cui le comunità straniere escono. A Gemona si è invece ritrovata una folta comunità macedone che ha creato un’associazione e iniziative per il paese, promuovendo
feste partecipate anche con sindaco. Anche a Udine bisogna propiziare queste occasioni con misure di sostegno e azioni, soprattutto intervenendo sulla religione: non sta affatto scomparendo. E’ anzi tornata ad essere centrale ed è fonte delle differenze».