È passata una settimana dall’approvazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che impone un cessate il fuoco di un mese in Siria e sono stati sette giorni di polemiche e recriminazioni sulla mancata attuazione di un provvedimento che è rimasto lettera morta.
A Ghouta est, il sobborgo di Damasco controllato dai ribelli che dall’inizio del mese è sotto assedio da parte delle forze governative, i bombardamenti aerei e l’artiglieria continuano ad infierire, mentre i soldati di Bashar al-Assad cercano di avanzare all’interno dell’enclave e riconquistare terreno alle opposizioni. Come ha detto un comandante siriano citato da Reuters ieri, le forze governative intendono riprendersi Ghouta est “un morso alla volta”. Secondo fonti citate dal Guardian, almeno 103 persone sono morte nell’enclave da sabato scorso.
Di qui lo sfogo dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra’ad al-Hussein, che sottolinea come “ciò che stiamo vedendo, a Ghouta Est e in altre zone della Siria, sono probabilmente crimini di guerra, e potenzialmente crimini contro l’umanità. I civili sono costretti alla sottomissione o alla morte”. Per l’Alto Commissario, la situazione riscontrata nell’enclave ribelle è tale da richiedere l’intervento della Corte Penale Internazionale. “I tentativi di contrastare la giustizia e fare da scudo a questi criminali sono vergognosi”, aggiunge al-Hussein.
Prosegue invece la discutibile iniziativa dei corridoi umanitari a tempo proposta da Vladimir Putin all’inizio della settimana, che prevede l’apertura di un accesso al quartiere di Wafideen, nella zona settentrionale, dalle 9 del mattino alle 2 del pomeriggio. Ma la trovata del presidente russo viene apertamente ridicolizzata dal Dipartimento di Stato americano, che la definisce uno “scherzo” sottolineando come sia assurdo che la gente pensi di transitare per dei corridoi con il timore di essere coscritta, esiliata o addirittura uccisa.
Un medico che opera nell’enclave sostiene che “parlare di corridoi umanitari è irrealsistico perché in questo momenti ci sono forti bombardamenti, e la gente si rifugia sottoterra. (…). C’è bisogno di un cessate il fuoco, la gente ha bisogno di saperlo, e deve esserci più di un corridoio. La gente non ha nemmeno i soldi per pagarsi la benzina per prendere una macchina e andare in quello di Wafideen”:
Nega tutto invece l’ambasciatore siriano a Ginevra, Hussam Ala, che definisce “selettive e faziose” le accuse di crimini di guerra avanzate da al-Hussein e da altri e parla di un dibattito “politicizzato”. Secondo Ala, l’esercito siriano ha preso ogni misura necessaria a proteggere i civili e ha fatto aprire “corridoi umanitari per il passaggio dei civili separandoli dai terroristi”. E di terroristi parlano anche diplomatici russi sentiti da Reuters, che accusano i ribelli di Ghouta di aver lanciato duecento colpi di mortaio nelle aree residenziali di Damasco nella sola ultima settimana di febbraio, causando la morte di donne e bambini. “Proponiamo di condannare tutti gli atti terroristici in Siria”, sottolineano le feluche, “inclusi quelli che originano da Ghouta Est”.
Si moltiplicano frattanto le iniziative da parte degli altri attori internazionali affinché si esca dallo stallo. Ieri il presidente americano Donald Trump si è sentito telefonicamente con il collega francese Emmanuel Macron e con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Trump e Macron hanno concordato di esercitare la massima pressione affinché sia implementato il cessate il fuoco e il massacro dei civili di Ghouta abbia fine, e si sono rivolti alla Russia affinché faccia le debite pressioni su Damasco.
Al Consiglio di Sicurezza frattanto ha preso l’iniziativa l’ambasciatore britannico Julian Braithwaite, che ha detto come Ghouta sia diventata “l’epicentro” delle sofferenze, con famiglie alla fame che si nascondono in seminterrati per ripararsi da bombardamenti indiscriminati del regime”. Braithwite ha presentato una risoluzione che condanna tutte le violazioni del cessate in fuoco e chiede un’indagine per appurare se siano stati compiuti crimini di guerra. Anche a causa degli emendamenti dalla Russia, il provvedimento non è stato messo ai voti ed è calendarizzato per lunedì.