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La stretta su Hong Kong nella disfida tra Usa e Cina

Pubblicato il 12/08/2020 - Il Piccolo

Con l’arresto di Jimmy Lay, imprenditore ed editore di un tabloid pro-democrazia molto seguito anche all’estero, la Legge sulla sicurezza nazionale voluta da Pechino per sopprimere le libertà politiche e di espressione a Hong Kong ha fatto la sua prima vittima eccellente. Era d’altronde solo questione di tempo prima che la Cina approfittasse del nuovo strumento legislativo sovraimposto allo statuto autonomo di Hong Kong per fare piazza pulita di chiunque osi mettere in discussione il regime a partito unico e l’autocrazia che regna ormai nell’ex colonia britannica. Le proteste del mondo, alquanto blande a dire il vero, nulla hanno potuto per impedire che il Partito Comunista cinese sopprimesse l’ambita autonomia anche giudiziaria di Hong Kong. Qualcuno certamente ha alzato la voce in difesa dei poveri honkonghesi, e se Pechino ha fatto orecchie da mercante, tirando diritto nella volontà di implementare leggi che farebbero impallidire qualunque stato di polizia, lo ha fatto anche per non piegarsi alla sfida frontale postale dagli Usa. Il braccio di ferro che da tre anni a questa parte vede Washington pestare i calli il più possibile alla Cina nel tentativo di domarne la volontà di potenza e di espansione e il crescente autoritarismo ha già portato ai minimi storici i rapporti tra Pechino e Washington. Ma questa è la volontà esplicita di Donald Trump, che se ha iniziato il suo mandato con la volontà di domare il Dragone dal punto di vista economico, ora vede nella sfida geopolitica contro Pechino un assist fondamentale per la sua rielezione alle presidenziali del prossimo 3 novembre. Il carnet delle mosse anti-cinesi di Washinton è ormai ricco; si va dalle pressioni ai paesi alleati e partner perché rinuncino alla tecnologia cinese per realizzare la propria rete 5G, all’offensiva contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritenuta ormai una quinta colonna di Pechino, fino appunto alle punture di spillo contro le mosse improvvide che Pechino sta compiendo a Hong Kong. L’arresto di Jimmy Lay è, in questo senso, solo l’ultimo capitolo di una storia che minaccia di proseguire a lungo. Del resto, è opinione comune che anche in caso di sconfitta alle urne di Trump, il candidato Joe Biden sarebbe costretto dall’establishment di Washington a proseguire la linea dura contro Pechino. Una linea dura che comprenderà anche la restante parte dei negoziati commerciali, sospesi a gennaio con la “parte uno” di un accordo che secondo molti – viste le differenze in campo e il clima imperante– non ha alcuna speranza di arrivare alla fase due. Tutto sembra dire dunque che nei prossimi mesi dovremo abituarci ad una lotta intermittente ma persistente tra la superpotenza n. 1 e il suo rivale che non sarà priva di colpi di scena. Non dobbiamo dimenticare infatti che Cina e Usa si stanno sfidando anche dal punto di vista militare, con continui incidenti nel Mar Cinese Meridionale e una convivenza forzata nello Stretto di Taiwan dove le armate cinesi vorrebbero dilagare per rimpossessarsi di quella che considerano un’isola ribelle. Comunque andranno le cose, questo 2020 ce lo ricorderemo anche per le scintille tra l’America e la Cina.

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