Incontrando a Washington il ministro degli esteri del Qatar, Skeikh Mohammed bin Abdulhraman al-Thani, e il suo collega alla difesa, Khalid bin Muhammad al-Attiyah, alla sessione inaugurale dell’U.S.-Qatar Strategic Dialogue al Dipartimento di Stato, il segretario di Stato americano Rex Tillerson e il capo del Pentagono James Mattis hanno fatto insieme appello all’unità dei paesi arabi del Golfo, affinché si vada verso una rapida conclusione della crisi che dallo scorso giugno divide il Qatar dagli altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo.
Sette mesi fa, l’Arabia Saudita, seguita dagli Emirati Arabi Uniti, dal Bahrein e dall’Egitto ha imposto un ultimatum al Qatar, imponendogli di cessare il sostegno ai gruppi islamisti e jihadisti nella regione e chiedendo di interrompere le relazioni con Teheran. Richieste che hanno incontrato lo stretto diniego del Qatar, che da allora è oggetto di un impegnativo e costoso boicottaggio messo in piedi dai suoi avversari. A nulla sono valse le mediazioni estive del segretario Tillerson, iniziative dimezzate peraltro dalla netta presa di posizione in questa diatriba del Presidente Usa Donald Trump a favore dell’Arabia Saudita.
Il risultato è stato la rovina dei rapporti tra Paesi confinanti con molti interessi comuni, ma anche pareri divergenti sulle politiche da implementare a beneficio del proprio Paese e della regione. Esemplare ad esempio la tradizionale amicizia mostrata dal Qatar nei confronti dei Fratelli Musulmani, cui concede un prezioso megafono attraverso l’emittente satellitare al-Jazeera con il risultato di irritare i sovrani e i primi ministri di tutta la regione, impegnati internamente in un duro confronto con le rispettive succursali della Fratellanza.
Ora però secondo gli Stati Uniti è giunto il momento di tirare i remi in barca, e di ripristinare l’antica collaborazione. Il primo a volerlo sembra essere proprio il Qatar, il cui ministro degli esteri Sheikh Mohammed bin Abdulhraman al-Thani ha apprezzato il fatto che il meeting abbia avuto luogo “nonostante le difficili circostanze” e lamentato il fatto che “il Qatar e il suo popolo siano stati illegalmente e ingiustificatamente sottoposti a un blocco”.
Gli ha risposto il segretario Tillerson, auspicando “che tutte le parti minimizzino la retorica, evitino un’ulteriore escalation e lavorino verso una risoluzione”. In un comunicato congiunto del dipartimento di Stato americano e del ministero degli Esteri del Qatar, si sottolinea come “Qatar e Stati Uniti abbiano discusso della crisi del Golfo ed espresso la necessità di una immediata risoluzione che rispetti la sovranità del Qatar. I due governi hanno espresso la propria preoccupazione per gli impatti dannosi sulla sicurezza, l’economia e gli aspetti umani di questa crisi”.
Dal canto suo, il segretario Mattis ha rilevato che è fondamentale che il Consiglio di cooperazione del Golfo riconquisti la sua coesione originaria, eliminando gli screzi tra i suoi membri – Arabia Saudita, Bahrain, Oman, Kuwit, Qatar ed Emirati Arabi Uniti – che rappresentano altrettanti alleati degli Stati Uniti.
“Un Consiglio di Cooperazione del Golfo unito”, ha detto Mattis, “rafforza la nostra efficacia su molti fronti, particolarmente nel controterrorismo, nello sconfiggere Daesh, e nel contrastare la diffusione della maligna influenza iraniana”.
Sullo sfondo delle parole di Mattis si stagliava la silohuette della base americana in Qatar di Al Udeid, forte di 11 mila uomini, che è anche la sede del Combined Air Operations Center, che coordina una vasta gamma di attività, dati e intelligence da satelliti, radar e droni a beneficio degli aerei Usa che sorvolano queste coste e vanno a bombardare gli obiettivi dello Stato islamico.
Mattis e Tillerson sembrano dunque aprire la porta al Qatar e ad una soluzione della contesa inter-araba che ha funestato i rapporti infra-Golfo dallo scorso giugno. Bisogna vedere a questo punto cosa ne pensa il comandante in capo e, in particolare, quali implicazioni possa aver avuto la telefonata che The Donald ha fatto il mese scorso all’emiro del Qatar Sheikh bin Hamid al-Thani per ringraziarlo per i suoi sforzi contro il terrorismo.