Alla sua prima uscita pubblica a un summit Ue, benché virtuale, il neopresidente del Consiglio Mario Draghi ha dato autorevole voce al timore di chi crede che le campagne vaccinali europee procedano a rilento. “Occorre andare più veloce”, così si è espresso Draghi commentando con perplessità i dati illustrati dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen stando ai quali nel secondo trimestre si potrebbe raggiungere la consegna di circa 600 milioni di dosi. È ancora troppo poco, fa capire Draghi, che punta l’indice sulle aziende farmaceutiche e le loro preoccupanti inadempienze. In tal senso il premier ha ricordato gli esempi di Gran Bretagna e Usa che si tengono ben stretti i loro vaccini. Facendo propria questa linea dura, tutti i Capi di Stato e di governo hanno chiesto che la Commissione adotti un approccio più rigido nell’applicazione del controllo dell’export per quelle aziende farmaceutiche che non rispettano i patti. Con soli 51,5 milioni di dosi di vaccini distribuiti complessivamente nell’Unione a fine febbraio, e non più dell’8% di europei che hanno ricevuto almeno la prima immunizzazione, non ci si può prendere il lusso di tollerare manovre elusive. Come è scritto nel documento finale del summit, “le aziende devono garantire la prevedibilità della loro produzione di vaccini e rispettare i termini di consegna contrattuali”. Per la stessa ragione Draghi si è visto costretto a porre in secondo piano l’iniziativa Covax con cui l’Oms e un cartello di fondazioni mirano a distribuire già ora i vaccini nei Paesi che non se li possono permettere: tanta generosità, in tempi di difficoltà interne, non sarebbe compresa dall’opinione pubblica. C’è piuttosto un tema urgente ed è il decollo della produzione dei vaccini entro i confini dell’Ue. In particolare il presidente francese Macron ha sottolineato che l’Ue “si doterà della capacità di produrre dalla fine dell’anno vaccini in modo più autonomo e in modo permanente”. Un primo segnale in questa direzione è giunto dalla casa farmaceutica Usa Pfizer che ha già avviato trattative con undici aziende con stabilimenti in Europa per ampliare la produzione del suo vaccino. Anche in campo italiano si segnala l’incontro tra il ministro Giorgetti e i vertici di Farmindustria nel corso del quale si è cercato di capire modalità e tempistiche per colmare questo gap. Un altro tema forte affrontato dal Consiglio Ue è stato quello del passaporto vaccinale, che vede molti Paesi favorevoli anche per scongiurare iniziative unilaterali come quelle di Grecia e Austria. Il presidente dell’Europarlamento Sassoli, ne ha parlato come di “uno strumento di politica della mobilità in Europa efficace ed anche un modo per incoraggiare la riapertura”. Entrando nel merito della proposta, von der Leyen ha stimato che occorrono “almeno tre mesi per lo sviluppo tecnico di un sistema inter-operabile europeo”. Si delinea dunque una nuova strategia europea che porta ben visibile il marchio Draghi. Resta da vedere se l’accelerazione sarà sufficiente per stare al passo con l’evoluzione non rassicurante della pandemia.
La linea dura di Draghi sui vaccini in Europa
Pubblicato il 27/02/2021 - Il Piccolo
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