Nel giro di appena dieci anni, l’ecologia dei media in Italia è cambiata profondamente. Se la tv rimane la madre degli strumenti di comunicazione, capace di trasmettere informazione a pressoché tutti i cittadini, le nuove tecnologie mordono sempre di più, penetrando nelle coscienze non solo dei giovani ma anche della popolazione adulta e degli anziani. È quanto emerge dal 14° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, che evidenzia le trasformazioni del Paese dal punto di vista della fruizione mediatica, con tutte le conseguenze che discendono in termini di influenza sull’opinione pubblica e, purtroppo, di rischi per la democrazia. Vediamo anzitutto i numeri più rilevanti, cominciando dai media tradizionali. La tv rimane il medium più utilizzato, con oltre il 92% degli italiani sintonizzati sui canali del digitale terrestre. Le trasmissioni radiofoniche hanno il favore del 59,1% della popolazione. Se tv e radio rimangono strumenti maggioritari, lo stesso non può dirsi per ciò che il filosofo tedesco Hegel definiva la “confessione mattutina” del cittadino: la lettura dei quotidiani. A conservare quest’abitudine è solo il 35,8% degli italiani. È una pessima notizia per le redazioni, che in dieci anni hanno registrato una perdita di ben il 25,6% di utenza. L’impressione, insomma, è di un parziale dissolvimento del paesaggio mediatico consolidatosi nel XX secolo, che è stata la stagione della “comunicazione di massa”. Un’era che è stata travolta dallo sviluppo dei nuovi media. Questi ultimi vanno infatti per la maggiore, grazie ad una penetrazione del web (75,2%) aumentata notevolmente grazie ad una tecnologia che è nelle tasche di sette italiani su dieci: lo smartphone. La telefonia mobile è un comparto economico che non conosce crisi, con una spesa che, tra apparati, servizi e traffico dati ha superato nel 2016 i 22 miliardi di euro. Lo smartphone si accompagna alla diffusione di abitudini che sono sempre più patrimonio della popolazione nel suo complesso. Tra queste, la fruizione dei social network la fa da padrone: oggi Facebook è utilizzato dal 56,2% degli italiani, ma tra gli under 30 si sfiora l’80%. Anche alcuni anziani (19,2%) non disdegnano il social network per eccellenza. Ma se Facebok ancora non decolla tra gli ultrasessantacinquenni, questi ultimi mostrano un attaccamento alla lettura dei quotidiani (50,8%) che non ha riscontri presso i giovani (23,6%). E qui sta il rischio cui si accennava sopra. I social hanno pregi che sotto gli occhi di tutti, ma anche difetti da non sottovalutare. Lo sanno bene gli americani, che stanno facendo i conti con l’ultimo capitolo del Russiagate. Da affaire che riguarda le presunte relazioni tra esponenti del governo di Mosca e membri del team della campagna elettorale di Donald Trump, lo scandalo si è esteso nelle ultime settimane ad una nuova dimensione: i social network e l’uso spregiudicato che agenti russi ne hanno fatto per seminare zizzania in America in modo da avvantaggiare il candidato alla Casa Bianca favorito da Putin. Come emerso dalle rivelazioni della stampa, agenti russi hanno comprato e diffuso su Facebook, Twitter e Google messaggi propagandistici incendiari che avevano lo scopo di seminare divisioni tra l’opinione pubblica americana e fare sì che, delle turbolenze che ne derivavano, ne approfittasse il candidato conservatore. Mimetizzandosi tra gli innumerevoli profili social degli utenti americani, i troll e i bot russi hanno potuto condizionare il dibattito elettorale in un modo che l’uso di strumenti più tradizionali, come i giornali o la tv, non avrebbe consentito. È stato un colpo da manuale delle spie 2.0, che dimostra come, oggi come oggi, le campagne elettorali di un determinato Paese possono essere manipolate da potenze straniere senza lasciare tracce visibili. Da questo episodio anche noi italiani, che andremo alle urne molto presto, dobbiamo trarre una lezione. Nelle praterie dell’illimitata libertà di espressione dei social si annidano rischi che possono compromettere la salute della democrazia. La quale ha ancora bisogno del lavoro del giornalisti, che possono aiutare i cittadini a distinguere, nel mare magno della comunicazione, tra una notizia seria ed una fake news.
La democrazia a rischio social
Pubblicato il 15/10/2017 - Il Piccolo
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