È più avvincente di un romanzo d’avventura, più intrigante di un thriller ed è più attraente di un grande romanzo di letteratura, ma è drammaticamente serio e reale almeno quanto un trattato di politica internazionale.Khatami in Italia dialogo con stretta di mano di Marco Orioles, (Pasian di Prato, Campanotto, 2009) è la storia di un evento nato in una tranquilla cittadina del Nord Est italiano che, con una velocità incredibile, si è sviluppato oltre ogni previsione, in un caso internazionale, quasi planetario e che è stato capace, malgrado i protagonisti, di mobilitare migliaia di persone, a tutti i livelli e con tutte le forme di comunicazione possibile, specie quelle più moderne.
Il caso è scoppiato con la visita di Khatami in Italia e in particolare a Udine, dove l’ex presidente iraniano ha partecipato nel 2007 ad un evento organizzato da un’associazione locale e ha incontrato la popolazione del posto. Non è solo questo, però, perché insieme a Khatami erano stati invitati, fra gli altri, Tariq Ramadan e Franco Cardini. Il tutto nel quadro di un’iniziativa, Vicino/Lontano, che proponeva un confronto, almeno nel suo manifesto pubblicitario, tra l’altro, “sui diritti negati e i costi umani del ‘progresso’, sull’impatto sociale e culturale dei flussi migratori, sull’omologazione delle culture e il ruolo delle religioni nei conflitti e nei percorsi di pace…” Insomma, una kermesse la cui sostanza negava totalmente la promessa del titolo.
Quegli eventi sarebbero passati del tutto inosservati, come è successo nel resto d’Italia dove Khatami ha transitato, se Orioles, con alcuni suoi amici e collaboratori e insieme alla locale associazione Italia-Israele, non si fosse dato da fare per documentare l’enorme ipocrisia in atto nella sua città.
I dettagli di quei giorni si diffondono prima nel nostro Paese, poi sconfinano in tutto il mondo, grazie anche ad alcuni articoli sui più grandi quotidiani internazionali e a blogger famosi, fino a causare un vero putiferio in Iran.
È, quindi, un resoconto particolareggiato, perfino corredato delle fotografie “incriminate” e della vignetta più diffusa uscita in Iran su questo caso, ma è anche un trattato di sociologia che offre importanti spunti per una profonda riflessione sul rapporto tra democrazie e dittature, tra società laiche e gruppi di fondamentalisti, tra religioni e culture diverse, sui problemi legati all’immigrazione e all’integrazione e sul ruolo che gioca internet e tutti gli strumenti ad esso correlati, sul senso del dialogo e sull’ipocrisia che spesso è nascosta da apparenti atteggiamenti conciliatori verso l’estremismo.
Insomma, un libro assolutamente da non perdere, soprattutto in questo periodo in cui si parla molto dell’Iran, delle sue imminenti elezioni e della minaccia che costituisce per tutto il continente asiatico e il Mediterraneo, per capire, tra l’altro, quanto sia importante, molto spesso, l’azione di poche persone volenterose desiderose di rilevare i problemi più scottanti nella scena internazionale.