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Il senso (tutto positivo) della visita di Alfano in Tunisia

Pubblicato il 16/01/2018 - Formiche

Il ministro degli Esteri Angelino Alfano è giunto oggi in Tunisia, dove ha incontrato nell’arco della mattinata il Presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi, il primo ministro Yussef al-Shahed e il suo omologo Khemaies Jhinaoui.

“Sono qui per dare un messaggio molto chiaro”, ha detto Alfano incontrando Jhinaoui, “noi supportiamo con tutta la forza di cui disponiamo la democrazia tunisina”. Quella del capo della Farnesina, ha sottolineato al Palazzo di Cartagine di fronte ad Essebsi, vuole essere “la testimonianza del pieno sostegno dell’Italia alle istituzioni e al percorso democratico e di sviluppo socio-economico della Tunisia, modello esemplare nel Mediterraneo”.

“La democrazia tunisina è essenziale per la stabilità dell’area”, ha precisato Alfano, sottolineando che “la forza della democrazia tunisina può essere contagiosa”. L’Italia vuole che “questo contagio avvenga in tutta l’area di questa regione”, ed “è esattamente questo che dirò lunedì a Bruxelles nel corso del Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea”.

Il pieno sostegno di Alfano al percorso democratico della Tunisia, e l’impegno ad assicurare anche quello dell’Unione Europea, rispecchiano gli auspici fatti alla vigilia di questa visita da Paolo Messa, fondatore di Formiche e direttore del Centro Studi Americani. In un intervento sul quotidiano “Il Messaggero”, Messa aveva evidenziato la necessità di “un impegno” per il paese rivierasco “che non può che avere dimensione europea. (…) Non possiamo permetterci che a poche bracciate dal confine meridionale dell’Unione si apra una stagione di crisi dopo il successo – l’unico forse – di questa primavera dei gelsomini”.

Ancora forte è l’eco degli scontri dei giorni scorsi, quando nelle strade di numerose città tunisine si sono riversate migliaia di persone adirate per i provvedimenti di austerity presi dal governo secondo un cronoprogramma concordato con il Fondo Monetario Internazionale. La linea di credito di cui il Paese ha disperato bisogno per sostenere la sua flebile ripresa lo ha costretto ad adottare misure impopolari, come la soppressione dei sussidi e l’aumento dei prezzi di alcuni generi essenziali. Misure che hanno suscitato l’ira di una popolazione che già patisce gli effetti dell’elevata disoccupazione e di un’inflazione superiore ai livelli di guardia. Pesante il bilancio degli scontri dell’ultima settimana, con un morto tra le fila dei manifestanti, decine di feriti tra le forze dell’ordine e ottocento arresti.

È pertanto indispensabile che l’Europa sostenga gli sforzi del suo dirimpettaio di uscire dal sentiero stretto della crisi senza rischiare una crisi di legittimità con l’elettorato. La generosità di Bruxelles è più che proporzionale all’interesse di non far crollare l’unico esperimento democratico rimasto in piedi dopo la stagione irrequieta delle primavere arabe. L’Europa ha il dovere di far sì che anche gli altri paesi della sponda Sud possano guardare alla Tunisia come ad un modello ed un esempio da seguire. Se l’Europa c’è, batta un colpo.

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