“La nostra sovranità è stata già messa a repentaglio da precedenti accordi fatti anni addietro. Se si facesse questo accordo con la Cina, sarebbe un vulnus pericolosissimo, che ci dividerebbe dagli Stati Uniti e dall’Europa”. Parla Giulio Sapelli, storico ed economista, intervistato da Start Magazine nell’ambito degli approfondimenti sulla prossima visita di Xi Jinping in Italia
È l’equivalente contemporaneo di Vichy, l’infame patto che nel 1940 unì la Francia sconfitta del maresciallo Philippe Pétain all’invasore nazista. Lo liquida così, il prof. Giulio Sapelli, il Memorandum of Understanding che il governo italiano – se non succederà qualcosa nel frattempo – firmerà con il presidente cinese Xi Jinping in occasione della sua imminente visita in Italia. Un accordo che aprirà la porta ad un’inedita collaborazione tra Repubblica Popolare e Italia nell’ambito del maxi progetto delle nuove vie della Seta ma che Sapelli considera alla stregua di uno scellerato patto faustiano.
L’anticamera dell’inferno, dunque, per una democrazia che ha deciso di svendere i propri gioielli ad un regime totalitario. E, anche, il principio della fine della storia di successo di un Paese già integrato nel sistema euroatlantico che ora si avvia in terra incognita, abbracciato al Dragone e ai suoi lauti e interessati investimenti. Una disfatta, per Sapelli, che va scongiurata a tutti i costi.
Si consola, il professore, al pensiero che lo stato maggiore del governo gialloverde sia stato convocato due giorni fa al Quirinale. Dove il presidente Mattarella ha chiesto e ottenuto rassicurazioni sulle trattative in corso con i cinesi. Un intervento dall’alto, drammaticamente autorevole, volto a saggiare le reali intenzioni di Palazzo Chigi e soprattutto del Mise, regista occulto del negoziato con Pechino. Nel tentativo, che Sapelli evidenzia ed apprezza, di disinnescare la bomba messa dal governo Conte sulle fondamenta della nostra storica alleanza con gli Usa.
Dunque, professore: il governo sta svendendo la nostra sovranità ai cinesi?
La nostra sovranità nazionale è stata espropriata da tempo. Con la vendita di imprese, partecipazioni, asset strategici per la nostra sicurezza militare. È un problema che non comincia certo con questo governo. Chi ha creato questa cosa sono Romano Prodi e i suoi uomini, i suoi amici. Questo governo non fa altro che seguire la linea. È stato Gentiloni ad andare in Cina al forum Belt and Road del 2017, sbaglio? La vera differenza è che questo governo è composto da dilettanti allo sbaraglio, mentre quelli di prima erano professionisti, espressione di una borghesia vendidora.
In questo momento quindi il presidente della Repubblica si pone come baluardo, come il garante supremo dell’allineamento dell’Italia nell’asse euroatlantico.
Il presidente della Repubblica non sta facendo altro che svolgere il ruolo che gli è proprio secondo i dettami dei nostri padri costituenti. Il prof. Mattarella è ordinario di diritto parlamentare e quindi conosce bene il diritto costituzionale. Si è comportato come doveva comportarsi.
Mattarella si pone dall’altra parte della barricata rispetto ad un governo che ha tutt’altro orientamento?
Precisiamo: il presidente della Repubblica si pone in antitesi rispetto all’orientamento solo di una parte di questo governo. La Lega infatti fa eccezione, come dimostra chiaramente la visita a Washington del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che è andato lì per ribadire la nostra fedeltà all’Alleanza Atlantica. Questo mi pare eloquente. La nostra fedeltà atlantica è fondata sul rapporto con le istituzioni americane e con il suo popolo. E il presidente della Repubblica è il miglior garante di questa fedeltà.
L’ovvia conclusione che dobbiamo tirare allora è che la nostra sovranità, per quanto riguarda ad esempio la realizzazione del 5G e l’adesione a questo maxi progetto infrastrutturale cinese, la Belt and Road Initiative, che apparentemente potrebbe portare anche dei vantaggi, non esiste.
La nostra sovranità è stata già messa a repentaglio da precedenti accordi fatti anni addietro, e continua ad essere messa a repentaglio da accordi che non dovrebbero essere fatti. Ribadisco che se si facesse questo accordo con la Cina, sarebbe un vulnus pericolosissimo, che ci dividerebbe dagli Stati Uniti e dall’Europa. I porti di Rotterdam e delle città anseatiche sono preoccupatissimi per il fatto che stiamo trattando per cedere ai cinesi un pezzo di porto di Trieste. Nella città di Trieste si insegna già il cinese nelle scuole.
A proposito, un articolo de Il Piccolo di qualche giorno fa racconta come la presenza cinese a Trieste sia di lunga data. Ha quindi ragione il ministro Tria quando dice che il caso Vie della seta è una tempesta in un bicchiere d’acqua, o ha ragione il prof. Sapelli che interpreta i moniti arrivati da tutto il mondo e ci dice che questo accordo non s’ha da fare?
Naturalmente dovete dare ragione a me perché sono su una zattera isolato da tutti. Questo vuol dire che ho ragione, con tutto il rispetto che ho per il collega Tria, che in questo caso non c’azzecca. D’altra parte loro sono andati in Cina per anni e anni. Sono importatori di questa influenza cinese in Italia.
Facciamo un pronostico, professore: Xi sarà in Italia dal 21 al 24 marzo. Si firmerà questo Memorandum?
Bisogna far di tutto perché non arrivi, questo Xi. E se alla fine venisse, non si dovrebbe firmare nulla. Io credo comunque che non si firmerà.
Mercoledì il Dipartimento di Stato americano ha diffuso il suo rapporto annuale sui diritti umani nel mondo, e ha denunciato qualcosa che sappiamo da tempo, ossia che in Cina ci sono da uno a due milioni di cinesi musulmani nello Xinjang internati in campi di concentramento. Come mai non ne parla nessuno?
Non ne parla nessuno perché i cinesi usano bene il loro soft power. Poi hanno un altro sistema con cui spaventarci: molti imprenditori stranieri in Cina vengono arrestati e scompaiono. E le nostre cancellerie non fanno nulla per farli tornare a casa. Quindi la Cina è hard power e soft power. D’altra parte la Cina è il sogno di ogni conservatore. Se un operaio fa sciopero lo mettono in galera, in campo di concentramento o, meglio, in un ospedale psichiatrico. E noi vogliamo fare accordi con uno stato nazista? Non ci è servita la lezione di Hitler e Chamberlain? Se non fosse stato per Churchill saremmo andati tutti a ramengo. È vergognoso. Sono tutti dei piccoli Pétain. Il MoU è una piccola Vichy.