Quando comincia l’immigrazione straniera a Udine? A questa domanda fornisce due tipi diversi di risposta l’ultimo libro di Marco Orioles, “Il mio vicino è bangla – Tutto quello che c’è da sapere sull’immigrazione a Udine” che sarà presentato oggi alle 17.30 nella sede Cisl di via Ciconi 16.La prima risposta arriva attraverso la presentazione e l’analisi della documentazione d’anagrafe, che ci consente di risalire agli anni Novanta del secolo scorso; la seconda attingendo alle memorie dello stesso Orioles, da più di trent’anni a diretto contatto con le varie comunità etniche che nel tempo si sono insediate in città. Nel libro si torna indietro fino al 1990, anno in cui a Udine risiedevano appena 645 cittadini stranieri, pari a un irrilevante 0,6% della popolazione. Da quel momento – favorita dal processo di globalizzazione innescatosi dalla caduta del muro di Berlino – si assiste a una poderosa dinamica di crescita, al ritmo del 20-30% l’anno, che ha portato la presenza di immigrati a Udine a raggiungere le attuali quasi 14 mila unità, con un’incidenza sul totale dei residenti pari al 14,3%. In poco più di trent’anni, dunque, gli stranieri in città si sono moltiplicati del 2000%, scatenando una radicale trasformazione del paesaggio sociale e culturale udinese, mutatosi in un mosaico di ben 138 diverse nazionalità.L’autore porta una suggestiva testimonianza, risalente al 1992, quando coltivava le proprie passioni musicali come dj nella discoteca Rocktonda di viale Venezia. «Il gestore – racconta Orioles – trasformò quello che era stato per anni un locale alternativo per i giovani di Udine e dintorni in una discoteca aperta alla comunità LgBTQ+ del tempo. Una sera un giovane medico originario della Costa d’Avorio, Adon Ambroise N’Guia, che fece ai titolari una proposta: affittargli la sala da ballo una volta la settimana per organizzare delle feste afro. L’idea piacque, e da allora il locale si trasformò per un giorno alla settimana in un punto di ritrovo dell’ancor piccola comunità africana residente nel capoluogo. Lo stesso effetto ottico derivante dalla concentrazione in un unico luogo e momento dei primi immigrati di Udine lo si poteva riscontrare in Borgo Stazione verso la metà degli anni Novanta alle prime ore dell’alba e nel tardo pomeriggio, quando affluivano, in partenza o in arrivo dalle stazioni dei treni e dei pullman, centinaia di operai extracomunitari impiegati presso le fabbriche di Manzano, San Giovanni al Natisone o di altri centri di quello che allora era conosciuto in tutto il mondo come il Triangolo della Sedia».Oggi gli immigrati sono diventati parte integrante di un tessuto sociale profondamente segnato dal pluralismo etnico, culturale, linguistico e religioso.
“Il mio vicino è bangla”: Orioles racconta i numeri dell’immigrazione
Pubblicato il 19/05/2023 - Messaggero Veneto
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