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Il mio vicino è bangla

Pubblicato il 27/09/2023 - Il Monfalconese

Proprio come Monfalcone, Udine è una città dove negli ultimi trent’anni il fenomeno migratorio ha assunto un carattere dirompente. Ne ho riassunto la storia, e il significato, nel mio ultimo libro, “Il mio vicino è bangla” (Roma, Il Calamo, 2023). Un saggio che anzitutto riporta e commenta i principali indicatori statistici di questa trasformazione senza precedenti della sfera sociale, culturale ed economica di una città di medie dimensioni. Spicca in primo luogo la crescita della presenza straniera sul territorio comunale nell’arco di questo trentennio, aumentata di oltre il 2.000% passando dalle 645 unità del 1990 alle attuali 14.000 circa, con un’incidenza sulla popolazione residente passata nello stesso periodo da meno del’1% al 14% attuale. Inesorabili, dunque, i riflessi sulla struttura demografica di Udine, dove oggi più di un quarto dei nuovi nati è straniero (170 su 647 nel 2019) e dove quasi il 15% degli alunni delle scuole del Comune non ha la cittadinanza italiana (ma nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie gli allievi non italiani sono quasi il 25%). Senza l’apporto di queste forze fresche, dunque, la comunità udinese sarebbe già abbondantemente in declino nonché tinta di grigio. Ma anche l’economia ha un debito di riconoscenza nei confronti degli immigrati, i quali – sempre a livello comunale – rappresentano il 20% di tutte le assunzioni (3.638 su 17.411 nel 2020) e il 16% di tutte le imprese (1.340 su 8.405).Tutti i fenomeni cui abbiamo accennato li ritroviamo accentuati in uno specifico quartiere chiamato Borgo Stazione, le cui vicissitudini ho raccontato del mio documentario, girato per il quotidiano con cui collaboro, il Messaggero Veneto, e intitolato “Borgo Stazione. Il mondo in quattro strade” (si può vedere su YouTube): In quel perimetro oggi il 36% dei residenti è straniero,. ma in tre vie si è già o quasi consumato il sorpasso degli immigrati rispetto ai nativi. Nell stesso luogo i negozi gestiti da italiani sono ormai l’eccezione rispetto a un lussureggiante panorama commerciale fatto di botteghe etniche, rivendite di cellulari e accessori, barbieri e kebab. Non a caso, Borgo Stazione è da tempo al centro di una vivacissima polemica ben riassunta dall’etichetta di “casbah” affibbiata ad un quartiere la cui cifra non può che essere data dagli incessanti flussi e scambi interculturali che si manifestano su quei marciapiedi, in quei locali e su quelle panchine. Va sottolineati che in Borgo Stazione, e nelle sue immediate vicinanze, sorgono due moschee, una gestita da immigrati arabi e l’altra dalla emergente comunità bengalese che intrattiene stretti rapporti con quella di Monfalcone. In questo complesso quadro spicca l’assenza di qualsivoglia politica volta favorire l‘inclusione. Al contrario l’amministrazione di centrodestra, uscita di scena quest’anno, ha messo in atto esclusivamente una serie di misure securitarie come lo schieramento dell’esercito in Borgo Stazione, la creazione di una unità cinofila antidroga in seno alla Polizia locale e temporanee limitazioni di orario per gli esercizi commerciali di Borgo Stazione. L’unico risultato raccolto da queste politiche è il vistoso aumento delle tensioni nel quartiere e la persistente invisibilità di una componente straniera che contribuisce alla vita pubblica più di quanto riceva. La conclusione del mio libro è che occorre un cambio di passo se vogliamo evitare gli scenari indesiderabili della ghettizzazione e della balcanizzazione, che in altri Paesi come la Francia tolgono il sonno a cittadini e amministratori-

Marco Orioles

Friuli Venezia GiuliaIl MonfalconeseimmigrazioneUdine
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