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Il governo varato dai talebani è uno schiaffo al mondo

Pubblicato il 11/09/2021 - Messaggero Veneto

A tre settimane dalla conquista del potere in Afghanistan, i talebani hanno costituito un governo provvisorio. La sua composizione non è solo uno schiaffo al mondo intero ma la negazione delle promesse di inclusività e moderazione fatte dagli stessi studenti coranici dopo la presa di Kabul. Il gabinetto è infatti composto da 33 figure espressione soprattutto della vecchia guardia che governò il Paese col pugno duro della sharia dal 1996 al 2001 nonché dell’ala militare più estrema compromessa con il terrorismo internazionale. Non vi è alcuna rappresentanza femminile né viene data voce al complesso mosaico etnico in cui si articola la popolazione afghana. Si tratta di una sorta di monocolore pashtun, l’etnia dominante da cui scaturì quasi trent’anni fa il movimento talebano delle origini. Per capire bene la natura del nuovo esecutivo basta scorrere le biografie dei suoi esponenti. Al vertice, fuori dai ranghi del governo ma sulle cui attività avrà l’ultima parola, si pone il profilo del mullah Haibatullah Akhundzada, ultimo ad ereditare la guida del movimento dopo la scomparsa del suo primo emiro, il mullah Omar. Sin dai tempi del primo emirato, Akhundzada ha fatto valere la sua autorità religiosa emanando editti e decreti (fatwe) che davano legittimazione dal punto di vista coranico a tutti le decisioni del regime del tempo. Gode inoltre del favore di al Qaeda, il cui leader al-Zawahiri gli ha prestato giuramento di fedeltà all’atto della sua nomina nel 2016. Il formale capo del governo è invece il mullah Mohammad Hassan Akhund. che del primo emirato fu ministro degli esteri e vicepremier: sotto sanzioni Onu dal 2001 come altri esponenti del nuovo governo, Akhund si distinse per il fermo diniego opposto agli americani che esigevano la consegna di Osama bin Laden. Ma la figura più inquietante è senza dubbio il ministro degli Interni Sirajuddin Haqqani, sul cui capo pende una taglia dell’Fbi di cinque milioni di dollari. Haqqani è il figlio del fondatore dell’omonimo network, parte integrante del gruppo dei talebani di cui rappresenta l’ala più radicale, legata a doppio filo con al Qaeda e con i servizi segreti pakistani. Anche su di lui pende una taglia del governo americano di 10 milioni di dollari. Oltre a estremisti e terroristi nel nuovo esecutivo figurano anche i cosiddetti Guantanamo five, ossia cinque ex reclusi nel carcere speciale istituito dagli Usa nel 2002 per internare i soggetti più pericolosi del qaedismo e del talebani: tra questi il mullah Noorullah Noori, ministro delle Frontiere e degli Affari tribali e Abdul Haq Wasiq, che presiederà l’intelligence. Nel ruolo chiave di ministro della Difesa è stato infine designato il figlio del mullah Omar, il mullah Yaqoub, numero due delle gerarchie talebane e gran sostenitore degli attacchi suicidi. Basta la sola lettura di questi profili per rendersi conto di come i talebani sono ben lungi dallo sposare posizioni accomodanti con le richieste della comunità internazionale. Intavolare un dialogo con loro sarà, come si intuisce, estremamente problematico, nonostante sia la condizione necessaria per non abbandonare al proprio destino una popolazione tra le più povere del mondo. È il dilemma che dovrà affrontare il nostro premier Mario Draghi quando presiederà il G20 speciale sull’Afghanistan da lui fermamente voluto.

AfghanistanjihadismoMessaggero Veneto
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