La crescente competizione tra Usa e Cina nel Pacifico e la sempre più insidiosa ombra di un’invasione cinese di Taiwan stanno lentamente mandando in soffitta uno dei totem più persistenti dai giorni funesti della seconda guerra mondiale: il pacifismo giapponese.
L’analisi di Geopolitical Futures
In una recente nota scritta per l’osservatorio da lui diretto, Geopolitical Futures, l’analista statunitense George Friedman parte dal presupposto che gli sviluppi più recenti della politica internazionale, guerra in Ucraina in primis, stiano spingendo Tokyo a disfarsi di quell’articolo 9 della propria Costituzione, scritta dagli americani dopo la sconfitta del ’45, che impegna il Giappone a non possedere un esercito.
Il sempre più sottile velo dell’articolo 9
L’articolo 9 in realtà, osserva Friedman, è già stato rivisitato più volte in passato, specie dietro pressioni Usa, per consentire al Paese di dotarsi almeno di una valida Forza di autodifesa. Un cambiamento non proprio impercettibile ma che ha comunque mantenuto ferma la posizione pacifista dell’opinione pubblica giapponese trinceratasi dietro un articolo 9 sempre più virtuale.
Il nodo Taiwan
Ora però che la Russia ha invaso l’Ucraina, anche i giapponesi sono costretti a considerare quanto concreta sia la possibilità di una guerra che loro stessi avevano tentato di mettere definitivamente in archivio. Ma per il mutamento degli umori del popolo e soprattutto della classe politica giapponese i fattori decisivi sono senz’altro la crescente assertività cinese nel Pacifico e le reiterate minacce di annettere Taiwan con la forza.
Come rileva Friedman, la possibilità che Pechino occupi militarmente Taipei obbligherebbe il Giappone a prendere sul serio la minaccia della Cina, che a quel punto si troverebbe pericolosamente a ridosso dei confini meridionali del Paese. Una Taiwan in mano al Dragone costringerebbe inoltre la marina giapponese a incrociare sempre più vicina a quella del suo rivale cinese.
Le parole del premier Kishida
A Tokio si avverte palpabile l’insidia, come hanno dimostrato le parole pronunciate dal primo ministro Fumio Kishida durante la conferenza stampa congiunta col presidente Usa Biden in visita nell’arcipelago. “Ogni tentativo”, sono state le poco sibilline parole di Kishida, “di cambiare lo status quo con la forza come la Russia ha fatto con l’Ucraina non sarà mai tollerato nell’Indo-Pacifico, e soprattutto nell’Asia orientale”. Nello stesso intervento il premier ha anche fatto riferimento alla necessità di “rafforzare la deterrenza e la capacità di risposta dell’alleanza tra Usa e Giappone”.
Un crescente attivismo
È da anni ormai che il Giappone sta procedendo a un progressivo riarmo rendendo sempre più sottile la linea che separa armi difensive da armi offensive. La spesa militare è in continuo aumento e l’attivismo diplomatico del Giappone nella regione è reso evidente dall’investimento fatto nell’alleanza del Quad. Se a questi crudi fatti affianchiamo le parole pronunciate da Kishida a fianco di Biden, appare chiaro come il Giappone, nella convinzione di Friedman, si stia preparando all’eventualità di una guerra.
Una società ricca e resiliente
Ma il Paese è attrezzato per questa svolta epocale? Friedman non ha dubbi che la risposta sia positiva. Il Giappone è tuttora la terza economia del mondo e sebben il suo Pil sia sensibilmente inferiore a quello cinese, quello pro capite è invece di gran lunga superiore. Questo non significa solo che la società giapponese è assai più ricca di quella cinese ma anche che presenta maggiori condizioni di stabilità.
La stabilità sociale giapponese non è poi legata come è noto a soli fattori economici ma anche a variabili di tipo culturale. Il Giappone si edifica su forti principi organizzativi e su uno stringente senso di obbligo sociale. Nemmeno la catastrofe della seconda guerra mondiale e delle bombe atomiche è riuscita a scalfire questo assetto e il senso di ordine che ne deriva.
Giappone potenza globale?
Sulla base di tutte queste premesse Friedman è persuaso che la nazione del Sol levante sia pronta a scaricare definitivamente il retaggio pacifista postbellico e ad assumere il ruolo di potenza globale.
Poiché nel corso del suo duplice mandato Xi Jinping ha più volte alluso alla possibilità di ricorrere alla forza per domare Taiwan, è molto probabile che, se volesse passare dalle parole ai fatti, dovrebbe fare i conti con una poderosa alleanza America-Giappone che rappresenta anche una formidabile polizza d’assicurazione per il mantenimento dello status quo.