Il sigillo dell’Isis agli attacchi suicidi di Pasqua in Sri Lanka arriva otto giorni dopo, sotto la forma di un video diffuso dalla divisione media del movimento, al Furqan. Un filmato di diciotto minuti che mostra il volto del capo supremo, il califfo e comandante dei credenti Abu Bakr al-Baghdadi. Che torna a bucare gli schermi di internet dopo cinque anni di assenza, durante la quale è stato più volte dato per morto. Invece, seppur visibilmente invecchiato e con una lunga barba incolta e tinta con l’hennè, il califfo è ancora con noi, saldamente alla guida di un gruppo che ha bisogno di dimostrare di essere ancora una minaccia nonostante le sconfitte patite nella culla siro-irachena. Al_Baghdadi inquadra le stragi in Sri Lanka come “vendetta” per la liberazione del villaggio siriano di Baghouz, l’ultima enclave del califfato espugnata a marzo dalla coalizione a guida Usa. Un assaggio, dunque, di tempi cupi a venire. Perché la “guerra santa” lanciata dall’Isis, promette il califfo, durerà “fino al giorno del giudizio”. Non ci si illuda dunque, è il senso del messaggio veicolato da al Furqan: lungi dal rappresentare la “vittoria” definitiva contro i jihadisti più volte proclamata dal presidente Usa Donald Trump, la cancellazione del califfato sarebbe solo un incidente in un percorso che si annuncia lungo e sanguinoso. Che vedrà l’Isis e le sue numerose filiali sparse nel mondo entrare in azione senza preavviso e nei luoghi più disparati. Il califfo, non a caso, plaude agli attacchi compiuti dagli adepti in realtà quali Burkina Faso, Mali, Pakistan e Sahara Occidentale. Cui andrebbero affiancate, aggiungiamo noi, le azioni messe a segno nelle Filippine, in Congo, Libia, Afghanistan e Arabia Saudita. La caratteristica della guerra lanciata dall’Isis è di essere globale, proiettata cioé su quadranti anche molto lontani dalla casa madre siro-irachena. Non dobbiamo dimenticare che il progetto dell’Isis è imperiale: il suo obiettivo è fondare un regno su tutte le terre islamiche, da porre sotto il comando di un solo uomo chiamato a far rispettare la legge coranica. Si tratta di spazzare via i sistemi politici e giuridici laici che tanta corruzione hanno portato, secondo la vulgata islamista, nei costumi e nella moralità dei musulmani. Una sfida letale che comporta, come sottolinea nel video al-Baghdadi, una “guerra di attrito” lunga e senza confini. Si chiama “jihad” e il suo leader, per quanto sfibrato e braccato, promette di non darci tregua.
Il califfo è tornato e promette di non darci tregua
Pubblicato il 10/05/2019 - Il Friuli
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