A che punto è la lotta allo Stato Islamico? Sappiamo che il califfato è stato sgominato nei mesi scorsi dalle due coalizioni a guida americana e russa nelle sue ultime ridotte sulle rive dell’Eufrate. Che il movimento oggi controlla appena il 3% del territorio su cui governava fino a due anni fa. E che l’amministrazione Trump, malgrado qualche tentennamento del presidente che desidererebbe un rientro celere delle truppe Usa dislocate in Siria, vuole terminare il lavoro, facendo piazza pulita di ogni rimasuglio jihadista nel Levante.
Rimane, però, un problema, e non di poco conto: il califfato virtuale. Lo Stato islamico e i suoi seguaci continuano a inondare il web di messaggi, immagini e video di propaganda con cui incoraggiano i fedeli a continuare la battaglia. Risale a due settimane fa l’ultimo messaggio audio del portavoce dello Stato islamico in cui esortava i sostenitori a colpire America, Europa, Iran e Russia, e a resistere nelle terre assediate dalle coalizioni nemiche in nome del califfo Abu Bakr al-Baghdadi e dell’utopia che ha animato il gruppo in questi anni drammatici.
È proprio sulla dimensione telematica del jihadismo che si è concentrata una recente operazione di polizia internazionale, condotta da numerosi paesi sotto il coordinamento dell’European Union Internet Referral Unit (EU IRU) che è una divisione dell’European Counter Terrorism Centre (ECTC) situato nel quartiere generale dell’Europol. L’operazione è stata diretta dalla procura federale del Belgio con il supporto di Eurojust, e ha visto la partecipazione di autorità investigative e giudiziarie di Belgio, Canada, Francia, Olanda, Romania, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Obiettivo di tutta l’attività erano i principali canali di propaganda dello Stato islamico, in particolare Amaq, l’agenzia di stampa ufficiosa del gruppo che in questi anni si è specializzata nella diffusione delle rivendicazioni degli attentati e di comunicati sulle attività militari dell’Isis. Amaq era stata già presa di mira nell’estate del 2016 da un’analoga operazione condotta da paesi UE e non UE: allora fu cancellata dal web l’applicazione con cui Amaq diffondeva i suoi messaggi. Nel giugno 2017 una nuova iniziativa della Guardia Civil spagnola, appoggiata da Europol e da alcune agenzie americane, fu in grado di individuare e prendere il controllo dei server di Amaq, passaggio che consentì di identificare soggetti radicalizzati residenti in un centinaio di paesi che si dedicavano ad alimentare il flusso propagandistico dello Stato islamico.
Stavolta si è trattato di un’operazione in grande stile, scattata il 25 aprile, che ha condotto alla cancellazione dal web di Amaq e di alcuni canali di propaganda islamisti come al-Bayan radio, Halumu e Nashir news. È stato preso inoltre il controllo di alcuni server dell’IS e identificati gli intestatari di alcuni domini usati dal gruppo per diffondere messaggi propagandistici. Le agenzie che si sono maggiormente impegnate in questo sforzo collettivo sono il Cybercrime Department e il General Directorate Combatting Organised Crime della Bulgaria, lo SDAT-SDLC francese, il Directorate for Countering Organised Criminality – Terrorism Investigation Unit della Romania, e l’Internet Referral Unit della polizia olandese. Con il loro lavoro potranno essere ora identificati numerosi sostenitori dello Stato islamico che in questi anni hanno operato sul web veicolando i messaggi violenti della formazione jihadista.
Al quartier generale di Europol si canta vittoria. Come ha spiegato Rob Wainwright, direttore dell’agenzia, “con questa straordinaria operazione abbiamo creato un grande buco nella capacità dell’IS di diffondere propaganda on line e di radicalizzare giovani in Europa. Applaudo al lavoro determinato e innovativo di Europol e dei suoi partner nel prendere di mira una gran parte della minaccia terroristica internazionale prevalente oggi in Europa”.
A commentare l’operazione per l’Unione Europea ci ha pensato il commissario Dimitris Avramopoulos: “L’odierna operazione, con l’appoggio di Europol, mostra la nostra forza globale e la nostra incrollabile risolutezza a combattere il contenuto terroristico on line. Daesh non sta solo perdendo territorio, lo sta perdendo anche on line. Non ci fermeremo finché la loro propaganda non sarà interamente sradicata da internet”.
Di analogo tenore le dichiarazioni del commissario Julian King, per il quale l’operazione “dimostra che lavorando insieme possiamo sradicare la velenosa propaganda che Daesh ha usato per alimentare molti dei recenti attentato terroristici in Europa. Per trooppo tempo internet è stata aperta ai terroristi e a coloro che cercano di farci del male: quei giorni stanno finendo grazie a questo tipo di lavoro coordinato”.
Nonostante l’indubbia efficacia di questo intervento, è presto per cantare vittoria. Sradicare l’opera propagandistica on line dello Stato Islamico non sarà impresa semplice: la formazione ha dimostrato una straordinaria resilienza e capacità di adattamento alle mutate circostanze. Inoltre, anche togliendo di mezzo i principali canali di propaganda come Amaq, rimane in piedi il problema delle varie applicazioni per la comunicazione – a partire da Telegram – disponibili agli utenti del web che i seguaci dello Stato islamico usano per diffondere e condividere i messaggi del gruppo. Canali che possono essere intercettati solo ad hoc, ossia con operazioni nazionali di polizia come quelle che periodicamente fanno capolino nelle nostre cronache.