skip to Main Content

G7, la gestione dei rapporti con la Cina il primo scoglio

Pubblicato il 14/06/2021 - Il Piccolo

Il G7 tenutosi in Cornovaglia ha segnato il ritorno in grande stile della diplomazia in presenza dopo oltre un anno di “Zoom Diplomacy”. Si sono riviste le scene familiari di tutti i vertici con gli incontri bilaterali, le passeggiate e persino un gustoso siparietto con la regina Elisabetta durante la foto di gruppo. L’evento ha segnato anche l’esordio sul palco dei grandi di Mario Draghi, che si è subito conquistato le simpatie del padrone di casa Boris Johnson, che ne ha tessuto gli elogi. Ma questo G7 è stato soprattutto il primo dopo l’era Trump: da qui le aspettative appuntatesi sull’ospite più illustre, ossia il presidente Usa Joe Biden, affinché facesse atto di devozione nei confronti del multilateralismo dopo i tumultuosi anni all’insegna dell’America first. Da questo punto di vista i leader riuniti in Cornovaglia hanno dato palese dimostrazione della loro volontà comune di affrontare congiuntamente i principali problemi del mondo. La lotta al Covid in questo senso ha avuto ampio spazio nei lavori che si sono tradotti nell’impegno a fornire entro il 2022 un miliardo di dosi di vaccino ai Paesi più poveri. Ai più attenti non è sfuggito che quel numero è quattro volte superiore a quello delle dosi donate dalla Cina al resto del mondo. La Repubblica Popolare è rimasta infatti sempre sullo sfondo delle discussioni anche nell’ottica di trovare una linea comune di contrasto alla sua poderosa espansione. Da questo punto di vista già l’invito a partecipare ai lavori come uditori di quattro Paesi democratici come India, Corea del Sud, Australia e Sudafrica ha dato l’impressione di un fronte compatto proprio come è nei desideri di Joe Biden. Questo spirito comune ha permesso al G7 di partorire una colossale iniziativa in chiave anticinese: un piano per investimenti infrastrutturali denominato “Build Back Better World” (B3W) che sin dalle intenzioni vuole rivaleggiare con il maxiprogetto cinese da quattro trilioni di dollari delle nuove Vie della Seta. È una iniziativa che nasce anche per contrastare le cosiddette “trappole del debito” in cui, secondo la denuncia americana, finiscono per cadere i Paesi in via di sviluppo che accettano i generosi prestiti elargiti da Pechino per realizzare le infrastrutture della cosiddetta Belt & Road. Più difficile si è rivelato invece trovare un atteggiamento condiviso che portasse alla condanna dei crimini commessi nello Xinjiang e usasse parole forti per le controverse azioni cinesi compiute ai danni di Hong Kong e Taiwan. La posizione europea in questo campo è stata dettata da Mario Draghi che si è fatto interprete – anche in qualità di presidente del G20 – di una linea volta a non esasperare i contrasti con Pechino. I sette grandi, in definitiva, agiscono all’unisono quando si tratta di assumere iniziative di portata globale, ma faticano a trovare una convergenza sul modo di interagire con la seconda economia del mondo. Si tratta ora di capire se Joe Biden calcherà gli stessi tasti nelle altre tappe che lo attendono in Europa a partire dal summit Nato e da quello con l’Ue.

 

Biden JoeCinaCoronavirusDraghi MarioIl Piccolopolitica internazionaleUsa
Stampa

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.

Back To Top

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.

Iscriviti Alla Newsletter

Iscriviti per ricevere gli articoli e le ultime notizie

Grazie per esserti iscritto

Something went wrong.