In Friuli Venezia Giulia sono oltre 12 mila, i figli di immigrati nati in Italia; in provincia di Udine siamo attorno ai 5mila (su circa 37mila residenti stranieri): per loro esiste solo lo jus sanguinis, nonostante siano cresciuti nel nostro Paese, ci vivano, vadano a scuola. La cittadinanza è ancora un diritto lontano, non fosse altro che la legge che dovrebbe modificare lo status attuale è bloccata “sine die” in Commissione Affari Istituzionali e di essa non se ne parlerà sicuramento fino dopo le elezioni.
Il tema “caldo” è al centro del convegno di questo pomeriggio organizzato dall’Associazione Giovani II Generazione dell’Anolf Cisl di Udine con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su una questione che riguarda tutti da vicino e non solo gli oltre 900mila figli di immigrati (su 5milioni di immigrati) che si muovono in Italia.
“E’ un fatto culturale – spiega il responsabile nazionale dei Giovani Anolf II generazione, Maruan Oussaifi – che va chiarito, data anche la confusione che ruota attorno ai temi dell’immigrazione”. La legge attuale – stando al sindacalista cislino – non è al passo con i tempi e va assolutamente modificata. E in questo senso va la doppia proposta dell’Anolf: introdurre per i figli di immigrati nati in Italia una sorta di “jus soli” temperato, ovvero la previsione di un accesso alla cittadinanza legato alla residenza in Italia da almeno 5 anni di un genitore e percorsi agevolati di cittadinanza, legati alla scuola, per chi arriva nel nostro Paese in età infantile. “E’ da 20 anni – rincara Oussaifi – che in questo Paese si rinvia il problema della cittadinanza, un problema reale per cui va trovata una soluzione: per chi è nato o cresciuto qui non avere la cittadinanza costituisce un handicap enorme con forti ricadute sulla possibilità di trovare lavoro, casa ed integrarsi in forma compiuta”.
Ad andare in pressing sulla questione, tuttavia, è anche Jean Leonard Touadi, onorevole del Partito Democratico. “Noi – dice, ripercorrendo l’iter della legge – arrivare ad una prima, anche parziale, risposta al problema”. Via libera, dunque, alla possibilità di valutare, ad elezioni terminate, un eventuale accordo che riconosca il diritto di cittadinanza intanto ai bambini, lasciando fuori la fascia degli adulti, nodo critico su cui ci sarebbe il veto della Lega.
Se a detta di Touadi le resistenze nella maggioranza sono ancora molto forti, a livello regionale le posizioni appaiono smorzate con il consigliere regionale Pdl Alessandro Colautti che apre uno spiraglio. “La cittadinanza – afferma – è la strada maestra per l’integrazione, anche perchè pone lo straniero in una situazione di diritti e doveri pari a quella di chi nasce nel nostro Paese. La cittadinanza toglie tante mistificazioni: per questo è importante riuscire a creare un percorso chiaro”.
Del resto – lo testimonia Evanhove Madzou, responsabile dei Giovani II Generazione di Udine – la nostra presenza sul territorio ormai è pienamente armonica: lavoriamo, studiamo, ci divertiamo al pari dei nostri coetanei. “Non siamo immigrati non abbiamo attraversato frontiere, siamo qui dall’inizio della nostra vita: è per questo che riteniamo assurdo che noi, giovani italiani purtroppo ancora legati al permesso di soggiorno, viviamo in bilico tra gli uffici immigrazione e la questura”.
Attingiamo alla nostra storia – rilancia lo storico Fulvio Salimberni, richiamandosi addirittura all’epoca romana quando un semplice cives poteva diventare imperatore.
Il fatto vero – conclude il sociologo Marco Orioles, facendo sintesi – è che nella realtà di tutti i giorni, quella tangibile e che si tocca con mano, esistono dei contatti sistematici tra immigrati di II generazione e italiani. Nella dimensione sociale anche della nostra regione e provincia c’è un fusione pressoché totale, fatte salve alcune comunità dove si riproduce il ghetto. E se dal punto di vista teorico alcuni problemi rimangono – così, ad esempio, il forte tasso di fallimenti o abbandoni scolastici – l’integrazione da noi sta funzionando: prova ne è che a Udine non esiste, sempre ad esempio, il fenomeno delle bande, diffuse in altri contesti geografici. “La cittadinanza- conclude il sociologo – diventa un atto simbolico, che rappresenta una società non solo multietnica, ma anche aperta”.