Nell’ottica del sindaco anti-immigrati per antonomasia, il primo cittadino di Monfalcone Anna Maris Cisint, l’abitudine dei musulmani della sua città di fare il bagno vestiti in spiagge come quella di Marina Julia diventa una minaccia al decoro oltre che un segno della crescente “islamizzazione” di cui la città dei Cantieri sarebbe teatro oltre che vittima. Cisint non è nuova a idee tanto eclatanti quanto nefaste per la convivenza che stenta a decollare in un contesto complesso come quello di Monfalcone. Ascese alla ribalta nazionale quando, era il 2018 e soffiava forte il vento salviniano, impose un tetto alla presenza straniera nelle scuole dell’infanzia che ebbe l’inesorabile effetto di lasciare a casa decine di figli di immigrati. Lo stesso anno, con un cavillo amministrativo, arrestò il progetto della comunità islamica locale di trovare una sede più ampia e accogliente rispetto a quella poco confortevole di cui disponeva. Già questi episodi tradivano l’insofferenza della sindaca verso le esigenze espresse dalle minoranze etniche che hanno fatto radici a Monfalcone e tanto contribuiscono alla sua ricchezza. Adesso il problema si sposta sulle spiagge dove anche gli immigrati ambirebbero a trovare momenti di refrigerio e occasioni di socializzazione. Per Cisint quegli abiti bagnati rappresentano la prova di una mancata volontà di integrazione. Ma per quegli immigrati e quelle immigrate si tratta semplicemente di pudore. Ciò che la prima cittadina non coglie è lo choc culturale cui sono sottoposti stranieri che provengono da contesti ancora dominati dalle tradizioni nel trovarsi quotidianamente a confronto con stili di vita e costumi opposti. Anziché lamentarsi e agitare il bastone delle ordinanze, l’amministrazione comunale dovrebbe affrontare la realtà di una popolazione in cui quasi il 30% proviene da mondi profondamente diversi come il Bangladesh con politiche improntate al metodo del dialogo. Cosa ha fatto Cisint in questo senso? Ha seguito l’orientamento di quei comuni virtuosi d’Europa che istituiscono apposite commissioni o consulte per stabilire una comunicazione permanente con le comunità di minoranza confrontandosi sistematicamente con esse e non solo nei momenti di emergenza? Ha forse visto le immagini della recente visita del vescovo di Trieste Enrico Trevisi al Centro islamico di via della Maiolica? La convivenza non si instaura automaticamente e tanto meno per decreto, ma è il frutto degli sforzi reciproci di avvicinamento e di negoziazione delle priorità e della gestione degli spazi comuni. Purtroppo l’atteggiamento spavaldo della sindaca è figlio di una cultura politica diffusa che nutre e a volte fomenta la diffidenza verso coloro che, anziché essere percepiti come concittadini, vengono individuati come una presenza aliena e non disposta a raggiungere compromessi. Se Cisint tiene davvero al bene della sua città, che è composta anche dai lavoratori stranieri e dalle loro famiglie, farebbe meglio a sfumare il suo disagio e cominciare a discutere seriamente con quelli che non pensano come lei.
Essere musulmani a Monfalcone
Pubblicato il 21/07/2023 - Messaggero Veneto
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