Mentre infuria la polemica fra Trump e l’Oms, vediamo gli Stati e le organizzazioni che sostengono l’Organizzazione mondiale della sanità. Numeri e nomi nell’approfondimento di Marco Orioles
La decisione della Casa Bianca di sospendere i finanziamenti all’Oms ha generato numerose quanto ovvie critiche in tutto il mondo, la meno sorprendente delle quali è partita dal profilo Twitter di Bill Gates:
President @realDonaldTrump is halting funding of the World Health Organization while a review is conducted to assess WHO's role in mismanaging the Coronavirus outbreak. pic.twitter.com/jTrEf4WWj0
— The White House (@WhiteHouse) April 14, 2020
Halting funding for the World Health Organization during a world health crisis is as dangerous as it sounds. Their work is slowing the spread of COVID-19 and if that work is stopped no other organization can replace them. The world needs @WHO now more than ever.
— Bill Gates (@BillGates) April 15, 2020
Lungi dal rappresentare l’affondo (per quanto asettico) di un magnate non esattamente innamorato di Donald Trump, il cinguettio del fondatore di Microsoft ha una spiegazione molto semplice: dopo i dollari del Tesoro Usa, sono quelli della Fondazione Bill & Melinda Gates a occupare il posto di spicco tra i finanziatori dell’organizzazione che The Donald vuole redimere anche a costo di affamarla.
Per l’Oms l’ammanco americano sarebbe esiziale, facendo venir meno – tra i cosiddetti assessment (la quota pro capite per la membership dell’organizzazione) e contributi volontari – più o meno il 20% del suo budget complessivo.
Qualora dunque il presidente Usa e il suo entourage tirassero diritto, per l’OMS non ci sarebbero che due strade: abbassare le ali in termini di ambizioni, lavorando con disponibilità decurtate, o ricorrere ad un surplus di generosità da parte degli altri donatori.
Ma chi sono, appunto, i soggetti che fanno funzionare una macchina che dal suo quartier generale amministra – oltre alla propria stessa struttura e al proprio personale – programmi che contano su una disponibilità finanziaria di circa 6 miliardi di dollari?
Il “Programme Budget” del WHO attinge, come dicevamo, da due voci. Ci sono anzitutto i contributi “assessed” che ciascuno dei suoi 196 membri (di cui 194 Stati “membri” e due “associati”) versa con due pagamenti distinti, uno in dollari e uno in franchi svizzeri, in misura proporzionale alla propria popolazione e ricchezza, partendo da una quota minima di 200 mila dollari.
Prendendo come riferimento il budget attuale, la classifica parla chiaro: in testa, isolati, ci sono gli Usa (doppio contributo di 115 milioni circa di dollari e 118 milioni di franchi svizzeri), che distaccano abbondantemente il secondo posto della Cina (57 milioni di dollari e 58 milioni di franchi).
A seguire, troviamo il Giappone (40 e 41 milioni), e i quattro Big europei ossia Germania (29 e 29), Gran Bretagna (21 e 22), Francia (21 e 21) e Italia (15 e 16). Scendendo ancora troviamo il Canada (13 e 13), la Russia (11 e 11) e poi tutti gli altri.
Poiché tuttavia da questa fonte ordinaria di finanziamenti l’OMS ricava attualmente (ma non era così una volta) appena un quarto delle sue disponibilità, la parte del leone la fanno ovviamente i contributi volontari (4,32 miliardi nel 2018-9), erogati di norma per sostenere programmi specifici (ben 863 milioni di dollari sono stati ad esempio allocati per la lotta alla polio) ma anche per dare al mondo prova di responsabilità e ottenerne il relativo prestigio.
E qui però scorgiamo un problema di non poco conto per l’OMS, visto che anche tra i contributori volontari gli Usa sono decisamente in testa. In occasione dell’ultimo budget, sono stati ben 656 i milioni partiti da Washington in direzione di Ginevra: quasi il doppio di quelli erogati dalla Gran Bretagna e il triplo di quelli della Germania, mentre con appena 10 milioni di dollari la Cina si trova nelle ultime posizioni della graduatoria.
Meno male – penseranno a Ginevra – che a contribuire su base volontaria alle diversificate missioni dell’OMS non ci sono solo gli Stati Membri (da cui arriva comunque più della metà di questi contributi).
Come illustra il grafico sottostante realizzato dal World Economic Forum, la riconoscenza dell’organizzazione va anche ad altre agenzie della stessa ONU e da banche per lo sviluppo (16% dei contributi volontari), a fondazioni filantropiche (13%), a Ong (9%), da partnership varie (9%) e infine, per una parte residuale, al settore privato (2%) e ad istituzioni accademiche (meno dell’1%):
Fig. 1: entrate WHO 2018 per fonte del finanziamento
Insomma, è solo per la spiccata generosità di alcuni Stati membri e di altre entità pubbliche e private che l’Oms riesce ad far funzionare un carrozzone che con i soli contributi obbligatori avrebbe da tempo chiuso bottega o rivisto al ribasso i propri obiettivi.
Questo grafico realizzato da NPR, che combina contributi obbligatori e volontari, chiarisce molto bene a chi l’Oms sia tenuta a esprimere riconoscenza:
Fig. 2: principali contributori al bugdet WHO 2018-19 per tipo di contributo
Sono gli Stati Uniti, naturalmente, ma anche la Fondazione del patron di Microsoft, che con 531 milioni di dollari di donazioni non solo occupa il secondo posto di questa classifica, ma copre da sola quasi il 10% delle necessità finanziarie dell’organizzazione.
Ma non sono certo bruscolini nemmeno i 370 milioni di dollari donati dalla Gavi Vaccine Alliance, un’organizzazione internazionale che si occupa di vaccini e immunizzazioni e che gode del sostegno finanziario della Gates Foundation.
E se al quarto e quinto posto troviamo due potenze europee come la Gran Bretagna (7,79% del totale dei fondi) e la Germania (5,68%), nelle caselle successive troviamo un alleato di ferro degli Usa come il Giappone, un’agenzia ONU, la Banca Mondiale, il Rotary International e la Commissione europea.