I colloqui di pace sulla Siria conclusisi ad Astana hanno segnato una scommessa da parte della Russia: dimostrare di saper vincere, oltre la guerra, anche la pace. Ma, come evidenziato dagli insulti volati nell’hotel Rixos sin dalle prime battute, la strada era tutta in salita. Nata da un accordo tra Russia, Turchia e Iran, la conferenza nella capitale del Kazakistan è il primo tentativo di trovare una soluzione al puzzle siriano senza il coinvolgimento dell’Occidente o delle Nazioni Unite, pur presenti al tavolo negoziale con alcuni osservatori. A misurarsi con i delegati del regime siriano sono stati i rappresentanti di una dozzina di gruppi ribelli, giunti ad Astana con obiettivi opposti rispetto a quelli della controparte. Se infatti l’opposizione in armi puntava esclusivamente al rafforzamento del cessate il fuoco raggiunto il 30 dicembre e ad accordi di tipo umanitario, la delegazione governativa mirava in alto, pretendendo la neutralizzazione dei suoi avversari in cambio di un’amnistia. Questo approccio deriva dalla vittoria appena ottenuta dal regime ad Aleppo, liberata dalla presenza delle opposizioni grazie ad una campagna militare intensiva e brutale condotta col sostegno dell’aviazione russa, delle milizie iraniane e dei suoi alleati libanesi di Hezbollah. Forte di questo risultato, il presidente siriano Bashar al-Assad sperava di piegare i suoi avversari facendo accettare loro quel che essi hanno sempre escluso: il mantenimento al potere di Assad in barba alla violenza inaudita perpetrata dal presidente siriano e dai suoi alleati nel corso del conflitto. Di qui la possibilità che per la ricerca di una soluzione si debbano attendere i colloqui di Ginevra sotto egida Onu previsti per l’8 febbraio. Le possibilità di ottenere un risultato significativo e duraturo ad Astana erano ulteriormente diminuite dall’assenza di uno degli attori più importanti sul campo: i curdi del PYD, le cui milizie controllano una porzione rilevante della Siria settentrionale e stanno valorosamente combattendo contro lo Stato islamico. L’esclusione dei curdi è il frutto avvelenato della nuova intesa tra Russia e Turchia, con la prima che ha assecondato l’ossessione della seconda per la questione curda. I curdi siriani, per inciso, sono stretti alleati degli Stati Uniti, che li hanno sostenuti militarmente nella lotta contro l’IS. Ma gli Stati Uniti, come detto, non avevano voce in capitolo in questa conferenza. Sono stati invitati all’ultimo minuto e solo pro forma, e infatti la nuova amministrazione USA ha scelto di non mandare alcuna delegazione ad Astana, affidando al proprio ambasciatore in Kazakistan il compito di osservare le mosse dei partecipanti. L’America guarda in ogni caso con attenzione alle manovre russe, in quanto mira a forgiare un’alleanza con Mosca in funzione anti-Stato islamico. Questa possibilità è stata ventilata più volte dal nuovo inquilino della Casa Bianca, che punta a stravolgere l’approccio del suo predecessore, considerato inefficace contro una minaccia che non sarebbe stata contrastata adeguatamente. Astana insomma non segnerà una svolta nella guerra civile siriana, ma potrebbe rappresentare un salutare passo in avanti verso una soluzione da raggiungere in sede ONU e creare le premesse per una cooperazione russo-americana nella lotta contro il comune nemico jihadista.
Crisi siriana: le parti sono lontane
Pubblicato il 29/01/2017 - Messaggero Veneto
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