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Come si divide l’Europa sui fondi per Stratcom anti propaganda russa

Pubblicato il 15/11/2017 - Formiche

Lungi dal compattarsi e dal prendere provvedimenti decisivi, l’Unione Europea si divide sul da farsi di fronte alla disinformazione russa nel Vecchio Continente. È quanto è emerso dal meeting di lunedì a Bruxelles dei ministri degli esteri dell’Unione Europa, durante il quale si è registrata la spaccatura tra un fronte di paesi “falchi” – Croazia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania Spagna, Svezia – che invocano ulteriori risorse da destinare a Stratcom, l’organismo comunitario anti-propaganda dell’Unione, e un altro gruppo di paesi riluttanti ad agire per non turbare Mosca e destabilizzare così i tentativi di distensione col Cremlino. Se i primi hanno colto il guanto di sfida levato da Vladimir Putin e intendono reagire, gli altri, secondo un diplomatico sentito da UEobserver, risultano ancora arroccati nella mentalità prevalente di “non far arrabbiare” Sergei Lavrov, il ministro degli esteri russo.

Grazie anche alle notizie d’oltreoceano sul Russiagate e alle prove accumulate dalle Commissioni del Congresso che si occupano delle manipolazioni dei social effettuate da agenti al soldo di Putin per condizionare le presidenziali 2016, la disinformatia russa è entrata prepotentemente nell’agenda di tutti i media e dei governi occidentali. L’ultima a levare un grido di preoccupazione è stata ieri la premier britannica Theresa May, che ha accusato Putin di ricorrere a mezzi spregiudicati per “seminare discordia nel nostro mondo e minacciarne le istituzioni”. Negli ultimi giorni sono emersi i tentativi russi di favorire il voto pro-Brexit, e ieri è venuta a galla una mossa sfacciata: un “troll” russo è entrato in azione subito dopo l’attentato di Westminster dello scorso marzo, diffondendo su Twitter la foto di una ragazza musulmana apparentemente indifferente di fronte al corpo di una vittima dell’attacco jihadista. Tentativo palese di “seminare discordia” aizzando l’opinione pubblica contro la minoranza islamica.

Ma in queste ore si discute anche delle analoghe operazioni condotte dai russi nell’affaire più rovente di questo autunno, il referendum indipendentista catalano. Il ministro degli esteri di Madrid, Alfonso Dastis, lunedì a Bruxelles ha detto che l’intelligence “ha le prove” che i russi hanno utilizzato falsi account social per fomentare il separatismo catalano. “Sappiamo”, ha sottolineato il ministro della difesa spagnolo, Maria Dolores de Cospedal, che “queste operazioni (…) sono state condotte dal territorio russo”. C’è preoccupazione anche in Polonia: il ministro degli esteri Witold Waszcykowski, ha detto che la Russia “sta cercando di usare l’informazione come arma, utilizzando organizzazioni sostenute dallo Stato per piazzare storie false (…) nel tentativo di seminare discordia in Occidente”.

Gran Bretagna, Spagna e Polonia non intendono rimanere supini. I loro ministri degli esteri, insieme ai colleghi di Croazia, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania, Romania e Svezia, hanno approfittato del vertice di Bruxelles per invocare contromisure, chiedendo in particolare lo stanziamento di nuovi fondi per Stratcom. Che al momento è un organismo debole, con uno staff minimo e un bilancio gracile, e uno spettro di attività che copre anche altre minacce come la radicalizzazione islamista. Da qui le pressioni dei nove affinché Stratcom si irrobustisca. La Polonia, che si sente in prima linea contro le azioni russe, ha dichiarato di voler mettere a disposizione dell’organismo i mille uomini della sua unità militare cyber.

A mediare a Bruxelles tra falchi e colombe ci ha pensato l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Federica Mogherini. La quale però, secondo un altro diplomatico sentito da EUobserver, si è sì fatta portatrice della richiesta di destinare più risorse a Stratcom, ma l’ha fatto solo per smarcarsi dalle pressioni del gruppo dei nove. Mogherini, ha evidenziato il diplomatico, è “pienamente consapevole che gli Stati dell’UE non sarebbero mai d’accordo nel pagare fondi supplementari per questo”. Richiamando i 20 milioni di dollari che l’UE destina a progetti di informazione in Nord Africa e Medio Oriente (Open Neighbourhood Programme), la feluca dice che se Mogherini “fosse seria su” Stratcom “avrebbe facilmente potuto movimentare fondi sufficienti all’interno” del suo ministero.

Vi è dunque ragione di dubitare che l’Unione abbia davvero colto la portata della minaccia, e che sia intenzionata a prendere contromisure. Un’altra feluca citata da EUobserver ritiene che ci siano ottime “chance” che le capitali europee rigettino i nuovi fondi per Stratcom. Ed è scettica sulla risolutezza dell’Alto Rappresentante. “Mogherini può ancora sperare”, ha detto il diplomatico, “che i ministri delle finanze uccidano ogni idea che questo tema meriti veramente ulteriori risorse”. Come ha confermato il ministro polacco Waszcykowski, sembra proprio che “alcuni Stati membri non tengano in considerazione la minaccia russa e vogliano focalizzarsi su altre tematiche”.

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