Le ultime novità in Libia e i tentativi dell’Egitto di avere un ruolo anche dopo la sconfitta di Haftar. L’articolo di Marco Orioles
Non si ferma la controffensiva delle milizie fedeli al governo di Tripoli che, dopo aver espulso le forze avversarie nei giorni scorsi dalla capitale e da Tarhuna, ieri hanno attaccato Sirte, il porto strategico per le esportazioni petrolifere libiche, e più a Sud la base aerea di al-Jufra, dove gli uomini di Hafar sono ripiegati a seguito delle ultime sconfitte.
Che gli uomini di al Sarraj intendano proseguire le operazioni militari e impartire ad Haftar la più dura delle lezioni lo conferma il secco no del GNA alla proposta di pace lanciata sabato dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.
Parlando in conferenza stampa dal Cairo con accanto Haftar e il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aqila Saleh, Sisi aveva annunciato, oltre alla proposta di un cessate-il-fuoco a partire da oggi, una Dichiarazione volta a riconoscere “tutti gli sforzi internazionali per risolvere la crisi libica nel quadro politico”.
Ma il destino dell’accordo era predestinato date le condizioni prestabilite da Sisi e Haftar, non ultimi lo smantellamento di tutte le milizie e la consegna di tutte le armi all’Esercito Nazionale Libico dello stesso Maresciallo.
Sono bastate poche ore perché da Tripoli giungesse il più fermo diniego. Il governo “non ha tempo per guardare le assurdità di Haftar in tv”, ha detto il portavoce delle forze militari del GNA, Mohammed Gununu, come riferito dal quotidiano Libya Observer. “Non abbiamo iniziato questa guerra”, ha aggiunto Gununu, “ma ne vedremo la data e il luogo della fine”.
Ed è un secco no all’iniziativa congiunta di Sisi e Haftar anche quello del presidente dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khalid Al-Mishri, per la quale uno Stato sovrano come la Libia non può tollerare le interferenze dell’Egitto è inaccettabile. Quanto alla proposta di far partecipare Haftar ai prossimi negoziati politici, Mishri ha espresso il rifiuto del Consiglio di Stato e l’auspicio che il Maresciallo sia “processato da un tribunale militare”.
Chi ha invece espresso gradimento per la proposta del Cairo sono stati importanti esponenti della comunità internazionale tra cui Stati Uniti, Francia e Italia. La Farnesina ha anche emesso una nota nella quale afferma di aver “sempre sostenuto ogni iniziativa che, se accettata dalle parti e collocata nel quadro del processo di Berlino, possa favorire una soluzione politica della crisi libica. A questo fine, auspica che tutte le parti si impegnino in buona fede e con spirito costruttivo nella ripresa dei negoziati 5+5 per la definizione, sotto la guida delle Nazioni Unite, di un cessate-il-fuoco duraturo”.
Ma il segnale più importante di un interessamento italiano all’iniziativa del presidente egiziano è stata la lunga telefonata partita da Palazzo Chigi all’indirizzo di Sisi. Al centro del colloquio tra il nostro premier Giuseppe Conte e il collega, si legge in una nota, “la stabilità regionale, con particolare riferimento alla necessità di un rapido cessate-il-fuoco e di un ritorno al tavolo negoziale in Libia”.
Chi preme per ovvi motivi per un immediato cessato il fuoco, senza badare troppo alle condizioni, sono le Nazioni Unite, la cui Missione di Sostegno in Libia ha emesso ieri un comunicato speranzoso sulla possibilità che una “soluzione politica alla lunga crisi della Libia (sia) a portata di mano”, dicendosi anche “pronta a convocare un processo politico interamente guidato dalla Libia” (a patto naturalmente che le armi siano “messe a tacere”).