Ecco gli ultimi aggiornamenti sulla Libia e su Haftar. L’articolo di Marco Orioles
Haftar in Libia come Bashar al-Assad in Siria, ossia salvato in extremis dall’aviazione di Mosca?
È quanto emerge dalle ultime notizie che arrivano dalla Libia: prima la presunta rotta dell’Esercito Nazionale Libico in Tripolitania sotto i micidiali colpi dei droni turchi, e poi l’annuncio dell’arrivo in suo soccorso di sei aerei da guerra Mig-29 e due caccia da attacco al suolo Su-24 gentilmente messi a disposizione dal suo più grande sponsor annidato nel Cremlino.
E pensare che fino a stamane gran parte della stampa internazionale dava per conclusa l’offensiva del Maresciallo. Dopo aver ceduto alle forze rivali tre giorni fa la strategica base aerea di al-Watiya, ossia una postazione fondamentale da cui le sue milizie hanno potuto controllare lo spazio aereo ad Ovest (dove sorgono, fa giustamente notare l’Ansa, fondamentali giacimenti di idrocarburi) e sferrare indisturbato i suoi attacchi su Tripoli, ieri il portavoce del suo Esercito nazionale libico, Ahmed al Mismari, ha infatti annunciato una “ritirata di 2-3 chilometri da tutte le linee del fronte” nella capitale.
Sebbene presentata con la motivazione formale di consentire ai residenti “di muoversi liberamente per le cerimonie della fine del Ramadan”, la decisione del LNA è stata salutata dalle autorità di Tripoli come il segno eloquente del fallimento del colpo di mano degli haftariani.
Ieri non a caso, mentre fonti del Governo di Accordo Nazionale si affrettavano a rendere nota l’uscita dei miliziani avversari dal quartiere di Salahedin e da altri distretti del centro il comandante locale dell’Lna, Mohamed al Fakhri, negava seccamente – secondo quanto riferito da Agenzia Nova – che quella delle sue truppe fosse una ritirata, definendola piuttosto un riposizionamento.
A conferma che nessuna rotta era in corso, e che quella delle ore precedenti era solo un mossa tattica, Fakrhi ha affermato che le unità del LNA che controllano l’aeroporto internazionale di Tripoli oltre che buona parte della strada che dall’aeroporto porta alla capitale rimangono tranquillamente sulle proprie posizioni.
Ma per quanto il campo di Haftar si sia prodigato nel nascondere la realtà, le ultime 72 ore sono state le più difficili per esso da quando, nell’aprile dell’anno scorso, è partito lancia in resta dalla Cirenaica per spazzar via il Governo di Accordo Nazionale e tutti i suoi sostenitori.
Le cronache hanno riferito di copiosi bombardamenti nelle ultime 24 ore nell’altra roccaforte di Haftar, Tarhouna, che gli uomini fedeli a Fayez al Sarraj vogliono strappargli per sferrargli il colpo decisivo. Era stato d’altro canto proprio il ministro dell’Interno di Tripoli, Fathi Bashagha, a dichiarare poche settimane fa che la presa di Tarhouna avrebbe segnato la fine del colpo di mano del Maresciallo.
Le ultime 48 ore sono state un tempo in cui i cieli libici sono stati resi incandescenti dalla continue incursioni contro le postazioni del LNA da parte dei jet libici e, soprattutto, dei droni che Ankara ha messo a disposizione degli alleati tripolini.
Secondo quanto ha comunicato il portavoce dell’operazione “Vulcano di Rabbia”, Mohammed Qanunu, sei sistemi di difesa aerea di fabbricazione russa Pantsir-S1 che gli Emirati avevano messo a disposizione delle milizie di Haftar sono stati distrutti a Tarhuna e nella località di al Washka. Gli aerei senza pilota di Ankara avrebbero anche distrutto quattro veicoli blindati nemici
Le emozioni non sono mancate tuttavia nemmeno a terra. Ieri mattina le agenzie di stampa raccontavano la grande marcia delle armate tripoline in direzione di Asaba, cittadina a sud di Tripoli, dove si sono registrati duri scontri tra le forze contrapposte.
Non si faceva attendere, intanto, l’intervento della propaganda turca, che attraverso la fedele Anadolu Agency si è premurata di far sapere che le tribù di Asaba, dopo essersi riunite, hanno deliberato di unirsi al GNA. Nella stessa giornata di ieri, ha fatto sapere sempre Anadolu Agency, un passo analogo a favore di Tripoli (e contro Haftar) è stato compiuto dal Consiglio locale della città di Mizdah, 100 km a sud di Tripoli.
Data la situazione più che favorevole sul terreno, da Ankara il ministro della Difesa Hulusi Akar non ha perso tempo ieri per rilasciare dichiarazioni che pregustano la vittoria finale. “Il nostro intervento in Libia”, sono state le parole del ministro, “ha permesso un significativo rovesciamento degli equilibri del conflitto a favore di Fayez al Serraj”.
Ringalluzziti dai successi dell’alleato e dai rovesci del nemico, anche a Tripoli si sono suonate note di ottimismo come quelle di, Ahmed al Haddad, comandante in campo delle forze del GNA, per il quale il prossimo obiettivo delle sue truppe sarà “liberare la regione della Mezzaluna petrolifera con l’assistenza degli alleati turchi”.
Sottolineando che “è giunto il momento di riprendere a produrre ed esportare petrolio libico”, l’ufficiale ha quindi reso noto che “le forze del Gna hanno formato una sala operativa per la liberazione della Mezzaluna petrolifera nella Libia orientale, ricevendo una formazione avanzata con l’aiuto degli alleati turchi per gestire le operazioni, mantenere e proteggere siti e le installazioni petrolifere”.
Le dichiarazioni alla stampa di Haddad si concludevano con una promessa ai ” paesi che hanno sostenuto le forze del Gna”, i quali – se tutto andrà bene “avranno la priorità nel beneficiare delle risorse economiche libiche”.
Poi, stamane, la notizia che cambia di nuovo tutto: la partenza, denunciata dallo stesso Bashaga, dei sei aerei russi dalla base siriana di Hmeimim accompagnata dall’annuncio, formulato dal capo dell’aeronautica militare di Haftar, Saqr al Jaroushi, dell’avvio nelle prossime ore della “più grande campagna aerea della storia libica”.