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Brics, ecco come Cina e India coccolano e finanziano la Russia

Pubblicato il 25/06/2022 - Start Magazine

Mai come in questo 2022 il summit dei Brics – il forum delle economie emergenti che oltre a Cina e Russia tiene insieme India, Brasile e Sudafrica – ha assunto rilevante significato geopolitico.

Putin di nuovo al centro dei giochi

Tenutosi in forma virtuale sotto la presidenza cinese, il meeting è stato infatti il primo consesso internazionale in cui Vladimir Putin ha rotto il suo crescente isolamento mondiale dovuto alla guerra in Ucraina e si è trovato a discutere in termini globali con una platea di attori esterni. Come ha sintetizzato la Cnn, “Putin is back on the world stage”.

Un forum contro l’egemonia Usa

L’ordine del giorno ha ampiamente risentito della priorità di riconferire legittimità alla Russia proprio nel momento in cui i leader dei sette Grandi si accingono a tenere il loro vertice annuale.

I toni di sfida erano palesi sin dal discorso di apertura tenuto da Xi Jinping che si è scagliato contro le sanzioni imposte alla Russia e l’egemonia globale delle istituzioni guidate da Washington. Istituzioni internazionali contro le quali i Brics si pongono chiaramente in chiave di alternativa.

Il peso dei Brics

Le sue cinque economie rappresentano d’altronde una fetta rilevante della ricchezza globale (23,5 trilioni di dollari, dunque più degli Usa e dell’Ue) mentre i rispettivi Paesi coprono il 26% della superficie terrestre e costituiscono il 40% della popolazione mondiale.

Non è un caso che sia molto viva la discussione sul possibile allargamento dei Brics a Paesi come l’Arabia Saudita, che ha già espresso il suo interessamento, e a nazioni, come Bangladesh, Egitto, Emirati Arabi Uniti e l’Uruguay, che l’anno scorso hanno aderito alla New Development Bank, istituto fondato dai Brics nel 2015.

L’agenda

La riunione di quest’anno, secondo le intenzioni della presidenza cinese, è stata incentrata sull’opportunità di cementare nuove partnership e di favorire “una nuova era di sviluppo globale”. Obiettivo che sembra alla portata di un gruppo che vede di anno in anno crescere i commerci reciproci – + 38% nei primi tre mesi del 2022 per un ammontare complessivo di 45 miliardi di dollari – in cui ora fa la parte del leone il petrolio di Mosca snobbato dai Paesi occidentali.

Come mostrano i dati di Rystad Energy, l’India ha acquistato dalla Russia tra marzo e maggio di quest’anno un quantitativo di greggio sei volte superiore rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre le importazioni cinesi nello stesso arco di tempo si sono triplicate.

La banca dei Brics

È alla luce di tutto ciò che i Brics contano di puntare sulle proprie istituzioni create ad hoc, come la Banca, in aperta alternativa al sistema dominato dal dollaro.

Come ha sottolineato Rita Fatiguso sul Sole 24 Ore, la New Development Bank “è stata appena rifinanziata con 30 miliardi di dollari per il quinquennio 2022-2026 in occasione del rinnovo del board. Il che ha portato a 60 miliardi di dollari la dote stanziata a oggi dalla banca per progetti infrastrutturali. Fondi dei quali usufruirà anche la Russia di Vladimir Putin, che in questo contesto è totalmente al riparo da qualsiasi sanzione internazionale”.

Una valuta di riserva comune?

Ma le ambizioni dei Brics sono ancora maggiori, come ha evidenziato Putin parlando al Forum di mercoledì della necessità di “creare una valuta di riserva internazionale basata su un paniere di valute dei nostri Paesi”.

Questa idea è parte del cosiddetto progetto R5, sigla che prende spunto dalla lettera iniziale comune della valuta dei cinque Paesi Brics (il real brasiliano, il rublo russo, la rupia indiana, il renmindi cinese e il rand sudafricano). A tal proposito al Forum Putin ha fatto notare che il totale delle riserve internazionali dei Paesi Brics ammonta circa al 35% delle riserve mondiali.

L’idea è quella di sviluppare un sistema per la multilateralizzazione degli accordi di pagamento facendo ricorso alle proprie valute, bypassando completamente il dollaro e le istituzioni finanziarie occidentali e mettendosi così al riparo dalle inesorabili interferenze politiche.

Ma un altro favore che i Brics potrebbero fare alla Russia di Putin è quello di collegare il suo sistema di pagamenti bancari, attualmente disconnesso da quello occidentale a causa delle sanzioni, a quello delle banche degli altri Paesi Brics.

Altri progetti

A questo già cospicuo insieme di mosse in chiave antioccidentale, vanno aggiunti i progetti di coordinare le infrastrutture per i trasporti, il ridisegno delle vie logistiche e la creazione di nuove catene produttive. A tal proposito Putin ha ricordato che sono in corso discussioni per l’impianto in Russia di catene commerciali indiane e per aumentare l’acquisto di auto cinesi.

Per rendere ulteriormente attrattivo il mercato russo agli occhi dei partner Brics, il regime starebbe lavorando a programmi di sburocratizzazione, liberalizzazione e incentivi fiscali.

Fine dell’isolamento?

Se il 14° summit Brics è stato pensato per far uscire Putin dall’angolo in cui lo hanno messo le sanzioni occidentali, esso si chiude con un parziale successo. Il Presidente russo può vantare ora la partecipazione a un forum di cooperazione dialogo che nutre ambiziosi programmi all’insegna dell’emancipazione dai diktat di Washington.

Resta da vedere se il format Brics saprà reggere l’urto delle profonde divisioni interne ai suoi stessi membri. Vero è infatti che, con l’eccezione del Brasile, i Brics non hanno condannato in sede Onu l’invasione russa dell’Ucraina. Ma è anche vero che solo Cina e Russia vantano un dialogo strategico bilaterale, con gli altri tre Paesi che si muovono più da battitori liberi quando non si fanno sedurre apertamente – ed è soprattutto il caso dell’India – dalle lusinghe americane.

Molto dipenderà dalla capacità dei Brics di attrarre nuove adesioni che possano fare massa critica.

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