UDINE – Ha scritto un libro su quel quartiere, ne ha frequentato i locali, si è confrontato con i residenti. Chi meglio di Marco Orioles, sociologo dell’Università di Udine, può quindi dare una spiegazione di quanto sta avvenendo in Borgo Stazione? Ci ha già provato nel 2010 dando alle stampe «La Casbah di Udine». Oggi va oltre, affrontando lo«spauracchio» Borgo Stazione con un’analisi a 360°, per fornire una serie di chiavi di lettura utile a comprendere il fenomeno migratorio in atto nelle sue svariate sfaccettature. Una visione, la sua, non esente da critiche da parte di quel mondo scientifico che si richiama agli studi di sociologia.
I NUMERI DEL BORGO – Il quartiere che partendo dalla stazione si sviluppa attraverso un quadrilatero di strade principali (via Roma, via Ciconi, via Leopardi e viale Europa Unita) può essere considerato come paradigma di un conflitto multietnico? Difficile dirlo, di certo si tratta di un luogo in cui i flussi migratori si concentrano, come avviene peraltro in molte altre città europee. In Borgo Stazione vivono 2.400 persone distribuite in 12 tra vie e piazze. Di questi residenti, 1.521 sono di nazionalità italiana, 879 sono stranieri (il 36,6% del totale). «I problemi, di solito – chiarisce Orioles – insorgono quando le minoranze diventano maggioranze. In Borgo stazione ci stiamo avvicinando». In tre vie, in particolare, gli stranieri residenti sono già in numero superiore agli italiani: in viale Europa Unita (259 stranieri contro 207 italiani) e in via Ippolito Nievo (88 stranieri, 79 italiani). C’è poi via Giacomo Leopardi, dove gli stranieri sono di poco inferiori, come numero, agli italiani: 185 contro 208. «Numeri che giustificano l’etichetta di invasione? – si chiede Orioles – Lascio al lettore la risposta, io mi limito a segnalare i dati». Un fenomeno, quello di cittadini stranieri nel quadrilatero, in costante crescita: negli ultimi 4 anni, a fronte di un aumento minimo di residenti, pari all’1,5%, gli immigrati sono saliti del 12,4%, passando da 782 a 879.
LA CAMERA DI COMPENSAZIONE – Al di là dei residenti, Borgo Stazione ha assunto l’attuale fisionomia anche grazie alle frequentazioni di chi residente non è. Orioles parla anche di questo: «Il quartiere è ormai un luogo di ritrovo che spesso si manifesta con la logica dell’essere connazionali o conterranei. Ci sono bar o locali dove ci si dà appuntamento per scambiarsi quattro chiacchiere in lingua madre. Parliamo di persone che si sono lasciate alle spalle radici, famiglia, tradizioni. Va forse deplorato questo desiderio di ritrovarsi in una dimensione amicale? Anche in questo caso non rispondo e lascio al lettore ogni considerazione». Orioles, però, una cosa la dice: ricorda come quello che sta avvenendo a Udine sia già successo, più di un secolo fa, in America, con la nascita di quartieri mono-nazionali (Little Italy ad esempio). E cita la teoria della camera di compensazione, e cioè di quella fase intermedia che un immigrato attraversa ricercando le note della propria lingua madre prima di raggiungere un’integrazione. «Un rapporto comunitario – evidenzia il sociologo – che va stemperandosi con le seconde e terze generazioni di immigrati».
FIGLIO DELLA GLOBALIZZAZIONE – Orioles lega la proliferazione degli insediamenti commerciali e residenziali in Borgo Stazione da parte degli stranieri all’apertura di Mc Donald’s, avvenuta una ventina di anni fa. Perché? Si tratta di due eventi conseguenza diretta della globalizzazione. «Sono due indicatori del mondo contemporaneo, sempre più attraversato da processi di globalizzazione», afferma il sociologo. Se un tempo i conflitti avvenivano sulla base di linee politiche e ideologie contrapposte, oggi non è più così, ma si assiste a un vero e proprio scontro di civiltà tra logiche culturali e religiose. «In Borgo Stazione – continua nella sua analisi Orioles – si incontrano delle differenze culturali che per un residente di lungo corso possono apparire incomprensibili. La paura, spesso, nasce proprio dal veder irrompere intorno a sé un nuovo mondo». La differenza più marcata riguarda i luoghi di aggregazione: per i friulani sono soprattutto i locali, per gli stranieri la strada o i marciapiedi.
CHE FARE? – Scartata la strada della soppressione, Orioles suggerisce di tenere sotto controllo quei fenomeni di socializzazione che hanno a che fare con una forma di dipendenza, come il consumo di alcol o di droga. «Dobbiamo abituarci alla diversità culturale: per questo invito i cittadini meno prevenuti a scoprire la globalizzazione che hanno in casa, nella loro città. Non si possono mettere indietro le lancette della storia».
Questo il consiglio rivolto agli autoctoni. Riguardo agli stranieri, il sociologo aggiunge: «Vanno responsabilizzati i leader di queste comunità, in primis i commercianti, affinché la convivenza possa manifestarsi all’insegna della tolleranza e dell’arricchimento reciproco. La radicalizzazione non può essere una soluzione: le armi a nostra disposizione sono quei valori che hanno sempre contraddistinto la civiltà occidentale. Siamo una società pluralista e tollerante, e queste sono le «armi» su cui dobbiamo fare leva per contrastare gli integralismi», conclude Orioles.