La crisi migratoria al confine tra Bielorussia e Polonia – che è anche uno dei confini esterni dell’Ue – ha un regista che si chiama Putin. È quello che sostiene il governo di Varsavia, impegnato in questo momento a respingere con metodi draconiani l’onda umana che le guardie della Bielorussia, Paese satellite di Mosca, hanno scortato sino al confine con l’evidente intento di destabilizzare i Paesi vicini e l’intera Ue, colpevole di aver elevato sanzioni contro Minsk. Una crisi dunque, costruita a tavolino, orchestrata dal presidente bielorusso Lukashenko che da mesi, con la complicità di compagnie aeree compiacenti, sta attirando in territorio bielorusso decine di migliaia di migranti – molti dei quali partiti dagli aeroporti di Siria, Turchia, Emirati Arabi Uniti – con il miraggio di un facile accesso in Europa. Per dirla con le parole della Commissione Ue, quello di Lukashenko e Putin è un “approccio inumano in stile gangster” che ricatta il Vecchio Continente usando cinicamente i migranti. Ma è un ricatto cui né la Polonia, né la vicina Lituania, né ovviamene l’Ue intendono soggiacere. Il governo tedesco ha già espresso solidarietà a Varsavia per le azioni di un regime che agisce, parole del portavoce della cancelliera Merkel, “come un trafficante di esseri umani”. Si è fatta sentire anche la voce della presidente della Commissione Ue Von der Leyen, che ha non solo invocato l’inasprimento delle sanzioni a carico di Minsk ma ha anche introdotto nuove restrizioni per l’ingresso in territorio Ue di alti funzionari bielorussi e soprattutto annunciato l’imminente iniziativa della vicepresidente Margaritis Schinas e dell’Alto Commissario agli Esteri Borrell di recarsi nei Paesi d’origine dei migranti per convincerli a “non cadere nella trappola orchestrata dalle autorità bielorusse”. Resta tragicamente ai margini di questa discussione la condizione dei disperati ammassati nella terra di nessuno tra Polonia e Bielorussia, intrappolati fra le truppe di Varsavia che ne impediscono lo sconfinamento e i militari bielorussi che presidiano gli accampamenti. Si stima in 4.000 persone la massa che si accalca a ridosso del filo spinato, esposta alle rigide temperature invernali. Per tenersi le mani libere e operare al riparo di occhi indiscreti di osservatori neutrali, la Polonia ha rigettato il coinvolgimento di Frontex ed Europol ed ha anche inibito alle Ong quell’accesso di cui ci sarebbe urgente bisogno viste le condizioni proibitive in cui si trovano i migranti. Anche i giornalisti vengono tenuti a debita distanza. Mentre scarseggia la solidarietà, torna in primo piano la richiesta recentemente avanzata da 12 Paesi, quasi tutti dell’Est più alcuni “frugali”, di finanziare con fondi Ue la costruzione di barriere fisiche a difesa dei confini esterni dell’Unione. Subito bollata come sovranista e respinta dalla maggioranza dei Paesi membri, alla luce dei fatti bielorussi la proposta trova ora possibilista persino un moderato come il Presidente del Ppe Manfred Weber. Sembra così funzionare il giochetto di Putin di dividere l’Europa su una materia così sensibile come i migranti.