Il dossier clima è al cuore dei lavori del summit del G20 che si apre sabato a Roma all’Eur. Una scelta tematica dovuta alla celebrazione immediatamente successiva della Cop26 di Glasgow, alla quale il nostro premier Mario Draghi mira a presentare una bozza preliminare di intesa. Ma è un cammino tutto in salita e non solo perché l’allarme sui cambiamenti climatici non si è ancora tradotto in chiari e vincolanti obiettivi di contenimento del riscaldamento globale: il principale neo del G20 di Roma è la vistosa assenza del leader del Paese più inquinante al mondo, ossia il presidente cinese Xi Jinping, che tutt’al più potrebbe collegarsi da remoto. Non ci sarà nemmeno il presidente russo Vladimir Putin ed è già un paradosso per un consesso chiamato a dibattere e a prendere decisioni sui temi dell’energia. Al netto di questi limiti, è comunque un bene che i più alti rappresentanti delle maggiori economie del mondo tornino a incontrarsi in presenza dopo lo stop dovuto alla pandemia. Nei corridoi della Nuvola di Fuksas ci sarà ampio spazio per bilaterali e pour parler per confrontarsi sulle questioni incombenti. A Roma, ad esempio, si avrà modo di saggiare l’umore del presidente turco Erdogan dopo la sfuriata della settimana scorsa quando ha minacciato di espellere gli ambasciatori di dieci Paesi, quattro die quali membri del G20. Ad approfittarne potrebbe essere Joe Biden, che ha molte grane da risolvere con l’alleato turco che continua a indulgere in provocazioni come l’acquisto di sofisticate armi russe o la minaccia di una nuova invasione della Siria. A Roma si ritroveranno, insieme a Biden, i leader di Gran Bretagna, Australia e Francia, che avranno così occasione di chiarire le proprie posizioni dopo la lacerazione dovuta alla costituzione dell’alleanza tripartita denominata Aukus che, oltre a tagliare fuori la Francia da una regione strategica come l’Indopacifico, ha determinato l’annullamento di una sostanziosa commessa australiana a Parigi per la fornitura di sottomarini diesel. Incontrando il suo omologo Usa, il presidente francese Macron avrà modo di fare buon viso a cattivo gioco e di avanzare la richiesta di una maggiore autonomia strategica dell’Europa tentando così di superare le resistenze americane che nel progetto dell’Europa della Difesa vede un temibile concorrente della Nato. Pur non essendo in agenda, anche il tema dell’Afghanistan potrebbe affacciarsi sui lavori, visti i magri risultati del G20 convocato ad hoc da Draghi tre settimane fa. A margine di questi temi paralleli resta centrale quello climatico. Le aspettative della presidenza italiana mirerebbero a rinsaldare l’intesa risalente agli accordi di Parigi del 2015 di contenere l’innalzamento della temperatura globale entro gli 1,5 gradi nonché di raggiungere le emissioni zero entro il 2050. Ma un grosso ostacolo da superare è la quantificazione degli aiuti finanziari alle economie meno sviluppate affinché se ne agevoli la transizione energetica: la somma di 100 miliardi l’anno indicata alla vigilia appare irraggiungibile. Ai leader del G20 va dunque chiesto uno sforzo perché accorcino le distanze in nome del bene supremo del pianeta.