Se vogliamo conoscere lo stato d’animo dei nostri studenti privati delle aule, può essere utile uno sguardo a quanto sta succedendo nella vicina Francia, dove l’emergenza Coronavirus ha raggiunto il suo picco. Mercoledì è prevista oltralpe una serie di manifestazioni studentesche finalizzate ad attirare l’attenzione sulla precarietà della salute mentale dei giovani. È un dato accertato dagli psicologi delle università che hanno riscontrato come una combinazione di isolamento, inattività e perdita di motivazioni stia lasciando molti ragazzi sull’orlo di una crisi di nervi. I servizi di supporto psicologico locali sono stati oberati nelle ultime settimane dalle richieste di aiuto di numerosi studenti, mentre a Lione è risuonato un campanello d’allarme con due tentativi di suicidio in soli quindici giorni. Questo è il risultato della prolungata chiusura di scuole e università ma anche del venir meno di pressoché tutte le attività di aggregazione e del tempo libero in una situazione ulteriormente aggravata negli ultimi tempi da un coprifuoco fissato alle 18. Sono drammatiche le dirette testimonianze dei ragazzi francesi, che puntano l’indice proprio sul fattore che teoricamente dovrebbe tenerli a galla e cioè la telematica e le interazioni a distanza. Impossibilitati a fare altro e reclusi tra le mura domestiche, i giovani raccontano di una crescente alienazione davanti agli schermi, dove anche le attività della DAD finiscono schiacciate in un flusso di informazioni continuo e indistinto. Molti si tengono in contatto via telefono o con altre applicazioni per sostenersi a vicenda anche se le discussioni finiscono quasi sempre per vertere sulla frustrazione nel non potersi ritrovare fuori di casa. Ha fatto molto scalpore la lettera spedita la settimana scorsa da una studentessa al presidente Emmanuel Macron nella quale la giovane ha detto di “sentirsi come se fosse morta: non ho più sogni e se non abbiamo più speranza o prospettive per il futuro a 19 anni, che cosa ci rimane?”. Quanto è facile sovrapporre le parole della studentessa francese alla condizione di tanti ragazzi italiani che stanno patendo le conseguenze dell’emergenza Covid alla pari se non più degli adulti. Ne è una testimonianza la scomparsa dei volti più giovani dalle strade delle nostre città: è come se un’intera generazione fosse sprofondata in un limbo che coincide con le mura domestiche entro cui sono relegati. Una generazione di desaparecidos che, oltre al rischio della dispersione scolastica, corrono quello dell’isolamento e dello smarrimento identitario. Eppure fino all’anno scorso dal mondo giovanile erano emersi segnali incoraggianti di impegno civile, sociale e politico, dal movimento ambientalista dei “Fridays for Future” che si riconosce nella figura di Greta Thunberg a quello delle sardine che aveva energizzato le piazze. C’è dunque da augurarsi che con le imminenti riaperture delle scuole si cominci a invertire la tendenza e si avvii il graduale recupero del senso di fiducia e di speranza dei nostri giovani.
Così la pandemia trasforma i giovani in una generazione di desaparecidos
Pubblicato il 26/01/2021 - Il Piccolo
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