Lasciato alle spalle il clima di fiducia che ha accompagnato il Vax-Day, si profilano le prime ombre sul successo di un’operazione inseparabile dal raggiungimento di una elevata quota di adesioni. Il campanello d’allarme arriva da più parti ma è risuonato con forza in provincia di Brescia dove solo il 20% del personale delle Rsa ha aderito alla campagna vaccinale. Era dunque pressoché scontato che, dinanzi a questo scenario, prendesse consistenza il cosiddetto partito dell’obbligatorietà, rimasto fino a questo momento sotto traccia. A parte la presa di posizione ufficiale di Italia Viva, è dalle fila del governo stesso che si è levata una voce forte e chiara, quella della sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, che ha rilasciato dichiarazioni inequivocabili. “Credo che l’obbligatorietà (…) possa essere una precondizione per lavorare nel settore pubblico” ha detto ieri la sottosegretaria ai microfoni di Rai3, per poi prendere di mira un’altra categoria, i lavoratori delle Rsa: “non si può stare in una Rsa, dove si dovrebbe lavorare per la salute delle persone ospitate – le parole di Zampa – e mettere a rischio la loro vita”. Questa era già del resto la posizione espressa da Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Salute, che a metà dicembre si esprimeva in favore di un obbligo per il personale sanitario. È lo stesso momento in cui sul Sole 24ore Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani spiegavano, appellandosi all’art. 32 della Costituzione e ad una recente sentenza della Corte Costituzionale (la n. 5 del 2018), come il legislatore possa imporre con legge ordinaria un trattamento sanitario obbligatorio se fosse diretto, come si legge nella sentenza della Corte, “non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”. Forti di queste premesse giuridiche, gli esponenti del partito dell’obbligo si spingono ora a prevederlo almeno per specifiche categorie come il personale sanitario e anche gli insegnanti. Ma circola anche una versione più hard che prevedrebbe una sorta di patentino per chiunque si sia sottoposto a vaccinazione, da far valere come precondizione per fruire di determinati servizi. Già a novembre, d’altra parte, la compagnia aerea australiana Qantas annunciava che il certificato vaccinale sarebbe stato considerato requisito obbligatorio per volare. Per scongiurare questi scenari estremi non resta che imbastire una campagna su larga scala che spinga il maggior numero di persone possibili ad aderire spontaneamente. Per dirla ancora con Ricciardi si può, con “un mix di promozione” e convincimento, incentivare alla vaccinazione. In questo quadro il gesto del governatore campano De Luca non meritava forse la criminalizzazione che si attirato perché – Biden insegna – può giocare un ruolo l’esempio di chi ha responsabilità istituzionali o gode di un contatto privilegiato con l’opinione pubblica. Ci si deve in ogni caso augurare che la straordinaria tempestività con cui si è arrivati a disporre del prezioso rimedio non venga dilapidata.