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Dentro le mura della Cavarzerani dove 300 immigrati sono in quarantena

Pubblicato il 07/04/2020 - Messaggero Veneto

Se lo slogan di questo periodo eccezionale è “tutti a casa”, ci sono trecento persone a Udine per le quali il lockdown si è tradotto in altro, ossia in un confinamento entro le mura di una caserma. Stiamo parlando dei richiedenti asilo della caserma Cavarzerani: un piccolo esercito di uomini che da quasi tre settimane sta sperimentando una convivenza forzosa all’ombra di una struttura che le autorità hanno deciso di sigillare per motivi comprensibili.

Una delle due responsabili del campo, Verena Novello, non fa in questo senso fatica ad ammettere il suo maggior timore: la possibilità che le invisibili particelle del virus venuto da Wuhan possano fare breccia alla Cavarzerani e innescare un’emergenza che sarebbe difficile gestire. “È un’eventualità”, spiega Novello, “a cui hanno già pensato le autorità preposte, la Prefettura e l’Azienda Sanitaria. Mentre speriamo che tale infausto scenario non si concretizzi, un altro mio pensiero preoccupato va ai circa trenta fra operatori addetti all’accoglienza e personale sanitario Medihospes che continuano a garantire il servizio h24 nonostante i rischi”.

Oltre alla salute dei colleghi, in ballo c’è naturalmente anche quella degli ospiti. Relegare gli stessi entro la caserma più famosa di Udine ha sì l’effetto di innalzare uno scudo tra loro e l’ambiente in cui circola il virus, ma genera anche un palpabile disagio tra persone private della libertà. Un sacrificio che, prosegue Novello, “noi abbiamo cercato di compensare con la trasparenza. Poiché queste persone si sono trovate da un giorno all’altro senza la possibilità di uscire, ci è parso doveroso fornire loro tutte le informazioni sull’emergenza. Abbiamo spiegato naturalmente anche le disposizioni emanate dalle autorità, traducendole nelle varie lingue “.

Insieme agli adempimenti legati all’emergenza, la missione che è in capo ora a Novello e collaboratori è di riorganizzare la routine della caserma in funzione di una presenza dei richiedenti asilo estesa all’intera giornata. Un compito arduo per via dello stesso fattore che rende complessa già nel tempo ordinario la gestione della struttura: l’eterogeneità degli ospiti. “La compresenza di etnie e culture molto diverse”, osserva la responsabile, “non facilita il nostro lavoro. Almeno all’inizio, non tutti la pensavano allo stesso modo su questa emergenza o coglievano l’importanza delle disposizioni adottate”.

Una cosa che ha fatto riflettere Novello è stata la domanda di un ragazzo che le ha chiesto “com’è lì fuori?”. Richieste del genere “tradiscono – rimarca Novello – il disagio di persone soprattutto giovani che non possono più fare cose elementari come andare al tabacchino per comprare le sigarette o ricaricare lo smartphone. Devo tuttavia sottolineare che, col passare del tempo, chi nutriva un iniziale scetticismo ha poi afferrato la gravità della situazione”.

Se in questo momento alla Cavarzerani la situazione è sotto controllo è merito anche della buona volontà di operatori che, di fronte alla delicata sfida di reimpostare la vita quotidiana dentro la caserma, hanno optato per il metodo più saggio: consultare e corresponsabilizzare gli utenti. “Non è stato facile inizialmente”, racconta Novello, “gestire lo stare tutti insieme entro quattro mura per 24 ore. Si tenga conto che molte attività rivolte ai richiedenti asilo venivano svolte all’esterno. Venuto meno tutto ciò, siamo stati costretti a pensare a come far occupare il tempo agli ospiti rimasti qui senza nulla da fare. Lo staff ha quindi ascoltato tutti e raccolto varie proposte. E poiché la caserma dispone di grandi spazi all’aperto, e il sole in questi giorni ci è venuto incontro, è stato possibile coinvolgere i richiedenti asilo in attività come piantare dei fiori o seminare ortaggi”. Grazie all’acquisto da parte della Cooperativa di materiale ludico, è stato inoltre possibile coinvolgere gli ospiti, divisi a piccoli gruppi e garantendo le misure di sicurezza, in svariate attività come la costruzione di mascherine “fai da te”, il badminton piuttosto che il ping pong.

 

 

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