In primo piano nel Taccuino Estero di questa settimana, la deriva sempre più inquietante del conflitto libico dove, dopo l’arrivo dei mercenari russi del Wagner Group, un intervento di Ankara è sempre più probabile. Seguono due approfondimenti: uno sulla decisione della maggiore telco norvegese, Telenor, di affidare ad Ericsonn – e non ad Huawei – la realizzazione del 5G; l’altro sulla visita a Washington del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Mercenari e armi da ogni dove nel caos libico, mentre Haftar avanza (e Erdogan minaccia sfracelli)
Anche se non erano necessarie, perché ormai sanno anche i sassi quel che sta succedendo in Libia, le 376 pagine di rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite pubblicate martedì conferiscono se non altro il crisma dell’ufficialità ad un aspetto del conflitto del paese nordafricano che dovrebbe mettere in allarme i governi del mondo e particolarmente quello italiano.
Nel conflitto, certifica il documento del Palazzo di Vetro, sono attivi – oltre alle milizie del campo del GNA di Tripoli e alle forze del LNA del generale Khalifa Haftar – gruppi armati di vari paesi stranieri, che hanno messo a disposizione di ambedue i contendenti parecchie migliaia di combattenti.
Si segnala, in particolare, la presenza di cinque nutrite formazioni armate sudanesi e di quattro, altrettanto robuste, del Ciad. Non viene fatta menzione, invece, dei mercenari russi del famoso Wagner Group, la cui presenza sul suolo libico è stata documentata da numerose rivelazioni giornalistiche, confermata da varie fonti militari e definita dallo stesso rapporto ONU un “open secret”.
Il motivo di questa assenza nel rapporto ONU fresco di stampa è presto detto ed, è secondo un diplomatico al corrente del suo contenuto, che i contractor di Mosca hanno cominciato ad operare in Libia da poco e, dunque, solo quando gli ispettori del Palazzo di Vetro avevano già raccolto le loro informazioni sul terreno.
“Ad ogni modo – ha aggiunto il diplomatico – siamo al corrente che il panel (degli esperti Onu) è in procinto di raccogliere nuove prove sull’estensione dell’impegno russo, e la commissione riceverà un aggiornamento già nei prossimi mesi”.
Tra le altre scoperte fatte dagli ispettori Onu si segnalano anche i cospicui rifornimenti militari fatti da Giordania e Emirati Arabi Uniti alle forze di Haftar e, sull’altro versante, quelli della Turchia a beneficio dei combattenti di Tripoli – il tutto in aperta violazione dell’embargo Onu sulle armi in vigore dal lontano 2011.
Viene sottolineata, inoltre, la presenza, negli arsenali delle due fazioni, di materiale bellico costruito negli Usa, in Russia e in Cina – anche se gli ispettori escludono che vi siano stati rifornimenti diretti da parte di questi paesi.
Il rapporto si chiude con una nota preoccupata sulle attività dello Stato Islamico in Libia, che starebbe approfittando dell’attuale caos per rialzare la testa. A tal proposito, viene menzionato un recente video girato da gruppo jihadista in cui il n. 1 del movimento in Libia, Mahmud Massud al-Baraassi, dichiara che il paese nordafricano “è diventato ora uno dei principali assi per le future operazioni dell’Isis”.
“L’Isis in Libia” – si legge nel rapporto Onu – “finanzia le proprie attività attraverso furti, rapimenti con riscatto, estorsioni e il contrabbando attraverso i confini di manufatti e altri beni”.
Sempre secondo le Nazioni Unite, i jihadisti libici si procurerebbero parte dei propri proventi operando nel settore più redditizio nella nostra ex quarta sponda: il traffico di essere umani.
È in questo contesto che le operazioni militari in Libia stanno subendo una drastica accelerazione, sospinte dall’annuncio fatto via tv giovedì scorso da Haftar secondo cui è ormai imminente l’inizio della “battaglia decisiva” per “avanzare verso il cuore di Tripoli (e) liberarla”.
“È arrivata l’ora zero – ha scandito via etere il capo del LNA – per l’assalto totale (di Tripoli) che è atteso con ansia da ogni libico libero ed onesto”.
Da Tripoli, fonti del GNA hanno fatto sapere però che la situazione è “sotto controllo” e che i soldati stanno tenendo tutte le posizioni sul fronte a sud della capitale.
“Siamo pronti”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Fathi Bashagha alla tv al-Ahrar, “a respingere ulteriori folli tentativi dal leader golpista Haftar”.
Nel fine settimana, l’ufficio media del LNA ha comunque diffuso immagini di rinforzi in movimento verso Tripoli, comprensivi di truppe di terra equipaggiate con pick-up armati di mitragliatrici. Sempre secondo l’esercito di HAftar, a sud della capitale ci sarebbero stati vari scontri conclusisi con la conquista da parte del LNA della cittadina di al-Tawghaar e l’abbattimento, nei pressi della località di Ain Zara, di un drone dell’esercito turco.
Un portavoce del LNA ha anche riferito di pesanti bombardamenti a Misurata che avrebbero preso di mira, oltre che un target più volte bersagliato come l’Accademia dell’aviazione, alcuni depositi militari sospettati di ospitare i droni che Ankara ha messo a disposizione del GNA.
La Turchia, come sappiamo, non se ne sta con le mani in mano. Dopo aver firmato lo scorso 27 novembre un accordo politico, militare ed economico con Sarraj, impegnandosi a difenderlo dall’assalto di Haftar e dei suoi numerosi sponsor internazionali, il governo di Ankara ha alzato ripetutamente e minacciosamente la voce negli ultimi giorni lasciando intendere di essere pronto a procedere con un intervento militare in Libia al fianco del periclitante GNA.
Sarraj, tra l’altro, ha avuto modo pochi giorni fa di parlarsi a tu per tu con il ministro degli Esteri e della Difesa turchi, Mevlüt Çavuşoğlu e Hulusi Akar, a margine di una conferenza internazionale a Doha, dove il capo della diplomazia di Ankara, pur negando di aver ricevuto da Tripoli formale richiesta di invio di truppe, ha ammesso candidamente che “mandare i soldati è il modo più facile” per sbloccare la situazione.
A Doha, tra l’altro, Sarraj ha incontrato anche il potente senatore Usa Lindsey Graham, uno di quelli la cui voce arriva diretta nelle orecchie del presidente Trump, e i due avrebbero affrontato a lungo un tema che in America viene seguito con estrema preoccupazione: quello della presenza in Libia dei mercenari russi.
Si deve molto probabilmente a questa mossa spregiudicata di Zar Putin la decisione del presidente turco Erdogan di minacciare di schierare tutta la forza del suo esercito nel campo di Sarraj. È un’intenzione che ha ribadito anche ieri al cospetto proprio di Sarraj, giunto ad Ankara per coordinarsi con l’alleato.
Parlando alla tv Haber dopo l’incontro con il primo ministro libico, Erdogan ha dichiarato che “siamo più che pronti a dare qualsiasi supporto necessario alla Libia”. “Proteggeremo – ha aggiunto il Sultano, ricordando il patto siglato due settimane fa a Istanbul con Sarraj – i diritti della Libia e della Turchia nel Mediterraneo Orientale”.
APPROFONDIMENTI
1- Niente 5G in Norvegia per Huawei
Telenor, la principale telco norvegese, attiva in tutto il Nord Europa oltre che in cinque Paesi asiatici con un totale complessivo di 183 milioni di clienti, ha annunciato venerdì che affiderà alla svedese Ericsonn la realizzazione della RAN (radio access network) della propria rete 5G.
La compagnia ha inoltre fatto sapere di aver cessato un rapporto di collaborazione con Huawei che andava avanti da oltre dieci anni, e che intende procedere con la graduale rimozione dai propri impianti di tutte le attrezzature del colosso di Shenzhen.
A Reuters, il capo di Telenor Norway, Petter-Boerre Furberg, ha chiarito che ci vorranno dai quattro ai cinque anni per eliminare ogni traccia della componentistica Huawei dalle reti Telenor.
“L’era del 5G è qui”, ha dichiarato via Twitter il CEO di Telenor, Sigve Brekke. “Questa – ha aggiunto – sarà una tecnologia che trasformerà del tutto la nostra società nei prossimi dieci anni”.
Telenor, ha precisato Brekke, ha deciso di puntare su Ericsonn dopo aver effettuato una “estesa” valutazione della sicurezza della rete 5G che ha tenuto conto di fattori come la qualità della tecnologia, il livello di innovazione e la modernizzazione della rete.
“Sulla base di questa nostra valutazione complessiva e olistica”, ha spiegato Brekke senza entrare nel dettaglio, “abbiamo deciso di (scegliere) un nuovo partner per questo importante cambiamento tecnologico in Norvegia”.
Attraverso una propria portavoce, Ericsonn si è detta “molto orgogliosa” di essere stata selezionata da Telenor per la realizzazione della sua rete 5G.
L’esclusione di Huawei dalla realizzazione del 5G del maggiore operatore telefonico norvegese non ha sorpreso chi conosce le delicate relazioni tra il paese scandinavo e la Cina, interrotte bruscamente da Pechino dieci anni fa dopo il conferimento del Nobel per la pace al dissidente Liu Xiaobo e riallacciate solo dopo sei lunghi anni di interludio.
Dietro la scelta di Telenor ha certamente influito anche il monito della polizia norvegese PST, secondo la quale il 5G deve essere sviluppato solo da aziende di paesi con cui sono in essere rapporti di cooperazione in materia di sicurezza, che nel caso del paese scandinavo si chiamano principalmente Svezia e Finlandia, e non Cina, con cui non esiste alcuna consuetudine in tal senso.
Telenor non è l’unica telco norvegese che ha prestato ascolto ai suggerimenti della PST. Anche le due compagnie minori, Ice e Telia, si apprestano a realizzare la propria rete 5G affidandola rispettivamente a Nokia ed Ericsonn.
2- Faccia a faccia alla Casa tra Lavrov e Trump
Martedì alla Casa Bianca Donald Trump si è visto a tu per tu con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, e ha anche twittato una foto dei sue seduti attorno al leggendario Resolute Desk con la didascalia “very good meeting”.
Quello di martedì è stato il terzo incontro de visu tra i due, dopo la visita ufficiale di Lavrov a Washington nel 2017 – che generò anche un piccolo scandalo a causa delle rivelazioni fatte dal presidente Usa a Lavrov su attività militari segretissime in corso in Siria che coinvolgevano il governo israeliano – e l’incontro nello Studio Ovale dell’anno successivo.
Il tema più rovente trattato martedì sono state le interferenze russe nelle elezioni presidenziali Usa, finite al centro di una polemica tra Lavrov e il suo collega Mike Pompeo che, durante una conferenza stampa congiunta, ha definito “inaccettabile” la condotta di Mosca.
La risposta di Lavrov all’accusa di Pompeo è stata tranchant: “Chi, noi?”. Il capo della diplomazia russa si è anche lamentato della “ondata di sospetto che ha travolto Washington” in merito al suo Paese e che ha avuto l’effetto di “danneggiare” la cooperazione tra Trump e il suo omologo russo.
Ribadendo la storica posizione di Mosca, Lavrov ha definito quelle sulle interferenze russe nel processo elettorale americano “speculazioni (…) infondate (…), Non ci sono fatti che lo dimostrino”, ha aggiunto il ministro. “Noi questi fatti non li vediamo. Nessuno ci ha fornito le prove semplicemente perché non esistono”.
Dopo l’incontro con Pompeo, Lavrov si è recato alla Casa Bianca per incontrare Trump. E qui è sorto un piccolo giallo, perché se il portavoce del presidente Judd Deere ha diffuso subito dopo il meeting un comunicato ufficiale secondo il quale The Donald avrebbe “ammonito” il suo interlocutore “circa qualsivoglia tentativo di interferire” nelle prossime presidenziali, poco dopo il ministro russo, incontrando i reporter durante una conferenza stampa, ha negato tutto dicendo: “Sapete, non abbiamo nemmeno parlato di elezioni”.
Di certo, nell’agenda dei colloqui c’erano la questione ucraina, che ha conosciuto un significativo sviluppo lunedì con la celebrazione a Parigi del primo summit russo-ucraino dopo quattro anni.
Altro tema caldo dei colloqui, la prossima scadenza del trattato New Start sul controllo delle armi nucleari: se Lavrov avrebbe proposto al suo interlocutore un’estensione temporale dell’accordo oltre la deadline fissata al febbraio 2021, sottolineando che Putin è pronto in qualsiasi momento a sottoscrivere l’intesa, Trump avrebbe invece caldeggiato l’avvio di un negoziato a tre che includa anche la superpotenza emergente cinese (che tuttavia rigetta fermamente ogni prospettiva di colloqui trilaterali).
Dello stesso tema avevano discusso in precedenza anche Lavrov e Pompeo, con quest’ultimo che ha espresso il proprio auspicio circa l’avvio di un negoziato sulle armi nucleari allargato, oltre che a Usa, Russia e Cina, anche a Gran Bretagna e Francia.
Il Taccuino Estero è l’appuntamento settimanale di Policy Maker a cura di Marco Orioles con i grandi eventi e i protagonisti della politica internazionale, online ogni lunedì mattina.
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