Il taccuino estero a cura di Marco Orioles
PRIMO PIANO – 1
Negoziato commerciale Usa-Cina: verso un’estensione della deadline
Sono rimasti due giorni più del previsto a Washington i negoziatori cinesi che, guidati dal vicepremier Liu He, erano chiamati a definire, insieme a quelli americani, le linee guida di un accordo commerciale che ponga fine al contenzioso tra i due Paesi. Il tempo però scarseggia: la deadline fissata da Donald Trump è il 1 marzo e, qualora le parti non raggiungessero un’intesa, il giorno dopo scatterebbe l’aumento dal 10% al 25% dei dazi su 200 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina. Ai reporter presenti all’incontro di venerdì alla Casa Bianca con Liu e gli altri protagonisti del negoziato, il presidente Usa ha confidato: “Stiamo avendo buoni colloqui” e “stiamo facendo un sacco di progressi”. C’è “una buona chance”, ha aggiunto, “che si possa fare un accordo”. “Parlando a nome degli Stati Uniti, direi che è più probabile che un accordo” si faccia, ha sentenziato. “Ma questo”, ha concluso, “non significa che accada”. Come segno di apertura e disponibilità, il capo della Casa Bianca ha ventilato l’ipotesi di estendere la deadline di “un altro mese”. “Se vedo che si fanno progressi”, ha precisato, “non sarebbe appropriato estendere quella deadline, tenendo (i dazi) al 10 per cento anziché alzarli al 25 per cento. (…) E sarei incline a farlo”. Trump conferma, inoltre, quanto annunciato nelle settimane scorse, ossia che nel prossimo futuro ci sarà “probabilmente” un incontro al vertice tra lui e il collega cinese Xi Jinping in quel di Mar-a-Lago, la residenza del tycoon in Florida. “Alla fine”, ha detto Trump, “penso che le decisioni più grandi e anche qualcuna più piccola le prenderemo io e il presidente Xi”. Quest’ultimo ha recapitato al capo della Casa Bianca una lettera nella quale si dice ottimista sulla possibilità di stringere un accordo sui commerci con gli Usa e chiede di raddoppiare gli sforzi affinché le due parti si possano incontrare a metà strada. Ma quali “progressi” si sono registrati nell’ultimo round negoziale a Washington e perché, soprattutto, tanto ottimismo? “Abbiamo un accordo sulla manipolazione della valuta”, ha detto Trump ai reporter presenti nello Studio Ovale. Per il Segretario al Tesoro Steven Mnuchin, si tratta di “uno degli accordi più forti di sempre sulla valuta”. Secondo fonti al corrente dell’andamento del negoziato, Pechino si sarebbe impegnata a mantenere stabile il valore dello yuan, rinunciando a ricorrere alla consueta svalutazione competitiva per dare ossigeno agli esportatori cinesi. Un altro risultato tangibile arriva sul fronte dello squilibrio della bilancia commerciale, antico pallino trumpiano. Pechino ha deciso di acquistare nuove merci dagli Usa per un valore di 1,2 trilioni di dollari. Il Segretario all’Agricoltura Usa Sonny Perdue non trattiene l’emozione e corre su Twitter per annunciare che i negoziatori cinesi hanno deciso di acquistare ulteriori 10 milioni di tonnellate di soia a stelle e strisce, quantità che rappresenta circa un terzo dell’intero import cinese di soia dall’America registrato nel 2017. Restano però, come ammette il Rappresentante al Commercio Usa Robert Lighthizer, una serie di “grandi ostacoli” alla sigla di un accordo onnicomprensivo. “È un po’ presto per lo champagne”, dichiara infatti il Segretario al Commercio Wilbur Ross. Le distanze tra Cina e Stati Uniti, confida chi è al corrente dello stato dei colloqui, rimangono incolmabili sulle ormai famose riforme “strutturali” che la Cina dovrebbe intraprendere secondo i desiderata di Washington. I punti di attrito sono sempre gli stessi: trasferimento forzato di tecnologia Usa ai partner cinesi, sussidi per i campioni industriali di Pechino, protezione della proprietà intellettuale. Manca, anche, un’intesa su un meccanismo di “enforcement” di un futuribile accordo. Si profila, invece, la possibilità di includere nelle trattative anche la questione Huawei, che ha avvelenato i rapporti tra Cina e Usa specialmente dopo l’arresto a Vancouver della CFO del colosso di Shenzen e figlia del suo fondatore, Meng Wanzhou. “Potremmo o non potremmo mettere questo tema nell’accordo commerciale”, sottolinea Trump, aggiungendo però che qualsiasi decisione in merito dovrà essere presa in accordo con il Ministro della Giustizia William Barr. “Discuteremo di tutto questo”, precisa il presidente, “nel corso delle prossime settimane. (…) Per ora, è qualcosa di cui non abbiamo discusso”.
Approfondisci:
- Reuters (VIDEO): Trump inclined to extend China trade deadline
- Wall Street Journal: China Trade Talks Extended as Trump Pushes to Close the Deal
- CNBC: US, China extend trade talks as Trump and Xi express optimism
- Politico: U.S.-China trade talks yield currency deal, but big differences remain
- Politico: Trump says Huawei charges on the table in China trade talks
PRIMO PIANO – 2
Tutto pronto per il nuovo summit nucleare Usa-Corea del Nord
E’ partito sabato dalla Corea del Nord il treno speciale che sta portando Kim Jong-un e il suo seguito in Vietnam dove, nella capitale Hanoi, è in programma mercoledì e giovedì il nuovo summit nucleare con Donald Trump. Ad accompagnare il Maresciallo, secondo l’agenzia di stampa nordcoreana KCNA, ci sono la sorella Kim Yo Jong, il capo negoziatore Kim Yong Chol, il ministro degli Esteri Ri Yong Ho, il capo della Difesa No Kwang Chol e il gerarca del Partito dei Lavoratori Ri Su Yong. Il treno ha 21 vagoni che comprendono carrozza ristorante, zona notte, sale per conferenze più un vagone che contiene l’auto Mercedes che trasporterà il presidente nelle strade di Hanoi; è disponibile inoltre la connessione via satellite, che consente a Kim di portare avanti gli affari di governo. Secondo Nam Sung-wook, ex funzionario di intelligence della Corea del Sud, la scelta del treno rientra in una precisa strategia di immagine: “Kim Jong-un”, ha spiegato Nam a Reuters, sta già mettendo in scena un grande show, optando per un viaggio in treno di più di sessanta ore, quando poteva raggiungere Hanoi in volo in appena quattro ore”. Come ha riferito l’agenzia russa Tass, il convoglio ha lasciato la stazione di Pyongyang alle 5 del pomeriggio, ora locale, dopo una cerimonia cui hanno preso parte alti esponenti del partito e delle gerarchie militari. Il lungo viaggio coprirà una distanza di 2.800 miglia e permetterà a Kim di sbirciare dal finestrino varie città della Cina meridionale e del Nord del Vietnam. Alle 9 di sera di domenica, secondo la BBC, il treno è arrivato a Dandong, città cinese di frontiera. In previsione dell’arrivo di Kim e dei suoi successivi spostamenti, il Vietnam ha annunciato varie restrizioni al traffico: secondo il quotidiano del partito Comunista vietnamita Nhan Dan, giovedì la circolazione dei veicoli ad Hanoi sarà completamente chiusa. Non è ancora stata annunciata la sede del summit, ma si pensa che sarà la Guest House del governo, edificio dell’era coloniale nel centro della capitale, insieme al vicino Hotel Metropole. Le strade che sorgono nei pressi dei due stabili sono state decorate con fiori e bandiere di Stati Uniti, Corea del Nord e Vietnam. Numerosi operai stanno sistemando inoltre l’International Media Center, dove confluiranno i 2.600 giornalisti accreditati. Ad Hanoi sono già presenti da qualche giorno l’inviato speciale Usa per la Corea del Nord, Steve Biegun, e il suo omologo del Nord Kim Hyok-chul: a loro il compito di ultimare, nell’ambito di discussioni che stanno avendo luogo nell’Hotel du Parc, l’agenda del summit. Su Twitter, il presidente Usa ha annunciato ieri che partirà per il Vietnam nella giornata odierna. In un successivo tweet, Trump ha svelato la strategia con cui l’America cercherà di convincere la Corea del Nord a rinunciare al suo arsenale nucleare e balistico: “Il presidente Kim capisce, forse meglio di chiunque altro, che senza armi nucleari, il suo paese potrebbe diventare velocemente una delle grandi potenze economiche mondiali. A causa del luogo e del popolo (e di lui), ha più potenziale per una rapida crescita di qualsiasi altra nazione!”. In una nota diffusa la settimana scorsa, la Casa Bianca aveva chiarito che l’America è pronta ad “esplorare come mettere in moto investimenti, migliorare le infrastrutture, accrescere la sicurezza alimentare” della Corea del Nord. “Un robusto sviluppo economico sotto il presidente Kim”, proseguiva la nota, “è al centro della visione del presidente Trump per un futuro luminoso delle relazioni” bilaterali.
Approfondisci:
- CBS News: Kim Jong Un leaves on train for Vietnam summit
- BBC News: Kim Jong-un leaves North Korea for Vietnam by train
- New York Times: Kim Jong-un Takes Train for Vietnam Meeting With Trump
- South China Morning Post: Trump-Kim summit 2019: Kim Jong-un crosses Yalu River into China on his train journey to Hanoi
- Reuters: Kim’s peace train offers luxury en route to summit with Trump
- Associated Press: Nightmare result of US-NKorea talks: Bad deal, little change
BREVI DAL MONDO
Russia: Mosca risponderà all’eventuale posizionamento da parte degli Usa di missili nucleari a corto e medio raggio in Europa prendendo di mira non solo i paesi che li ospiteranno, ma anche “quei territori dove sono collocati i centri decisionali”, dunque gli Stati Uniti. Lo ha dichiarato il presidente Vladimir Putin sottolineando che la Russia non ha altra scelta, dato che la presenza dei missili in Europa ridurrebbe drasticamente il tempo necessario per colpire il suo territorio. Le affermazioni di Putin, ha replicato la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, “sono la continuazione degli sforzi propagandistici” con cui Mosca cerca di “aggirare la responsabilità” per aver violato il trattato INF. NBC News, Reuters
Cina: funzionari cinesi hanno illustrato ad una platea composta da diplomatici di ottanta paesi e da esponenti di organizzazioni internazionali le controverse politiche della Repubblica Popolare nella provincia a maggioranza musulmana dello Xinjang, dove centinaia di migliaia di persone sono state confinate in campi di rieducazione. Il vice governatore dello Xinjang Erkin Tuniyaz e il vice ministro deglI Esteri Zhang Hanhui hanno invitato tutti a considerare i risultati ottenuti dalla Cina nel “lavoro preventivo di contro-terrorismo e di de-estremizzazione”. “Gli sforzi” fatti nello Xinjang, hanno sottolineato i due funzionari, “hanno creato un nuovo modo per risolvere i sintomi e le cause alla radice del difficile tema globale del contro-terrorismo, e sono meritevoli di apprezzamento”. La Cina, hanno concluso, “continuerà a dare il suo contributo alla lotta globale contro il terrorismo”. Reuters
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Spagna: un sondaggio Sigma Dos pubblicato da El Mundo attribuisce la vittoria, nelle elezioni anticipate in Spagna, alla coalizione di centro-destra Partito Popolare-Ciudadanos-Vox, cui sono attribuiti tra i 169 e i 179 seggi sul totale dei 350 in palio. Al PSOE del premier Sanchez la palma del primo partito, con 110-114 seggi, seguito dal PP (71-75) e da Ciudadanos (54-58). Il movimento di estrema destra VOX ne acciufferebbe tra 44 e 46. Reuters.
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Arabia Saudita: in visita in India, il principe saudita ed erede al trono Mohammed bin Salman ha dichiarato che il suo Paese intravede opportunità di investimento nel subcontinente per oltre 100 miliardi di dollari. Investimenti che saranno diversificati e che toccheranno settori in espansione come il petrolchimico. Hindustan Times.
IPSE DIXIT: L’AFFERMAZIONE DELLA SETTIMANA
La nostra cultura è molto compatibile con la cultura cinese. Abbiamo mandato centinaia di nostri studenti a studiare in Cina, e quando tornano parlando cinese, fanno capire a migliaia di sauditi quanto grande è la Cina e quanto è meraviglioso il popolo cinese. Khalid bin Abdulaziz Al-Falih, Ministro dell’Energia, dell’Industria e delle Risorse Minerarie dell’Arabia Saudita (Xinhua).
IL TWEET DELLA SETTIMANA
It would be really disruptive, so much so that the US auto industry is opposed — it would mess up their supply chains, while providing little in additional sales 2/
— Paul Krugman (@paulkrugman) February 18, 2019
And, of course, these are our most important democratic allies – or possibly, in a few months's time, former allies 4/
— Paul Krugman (@paulkrugman) February 18, 2019
SEGNALAZIONI
Una ricerca firmata da Tobias Schneider e Theresa Lütkefend del Global Public Policy Institute di Berlino fissa a ben 336 il numero di attacchi con armi chimiche che hanno avuto luogo in Siria durante la guerra civile scoppiata nel 2011, il 98% dei quali attribuibili al regime di Bashar al-Assad e il restante 2% allo Stato Islamico.
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Da leggere l’articolo su Project Syndicate del politologo americano Richard N. Haas sulla “incombente crisi di Taiwan“.
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Per l’analista Hassan Hassan, il “Jihad Sunnita diventa locale“. Nell’articolo scritto per la rivista The Atlantic, Hassan spiega come i futuri estremisti islamici “non si focalizzeranno sull’esportare la violenza in Occidente, ma nel costruire influenza nelle loro comunità”.