L’Isis sta perdendo le sue roccaforti strategiche ma rappresenta ancora una minaccia. Anzi, cresce il rischio di attentati terroristici. Gli estremisti stanno cercando visibilità mediatica.
L’allerta è stata lanciata dall’intelligence americana e dalle unità anti-terrorismo europee. L’Isis sta perdendo le sue roccaforti strategiche fra la Siria e l’Iraq (dove aveva auto-proclamato un proprio Stato nel giugno 2014), ma rappresenta ancora una minaccia. Nonostante l’indebolimento sul terreno, cresce il rischio di attentati terroristici compiuti da estremisti del Califfato. Nessun paese è escluso, neppure quelli islamici. Gli attentati potrebbero avere caratteristiche ‘spettacolari’. Perché Isis è così forte?
La Jihad
I raid della coalizione internazionale stanno attaccando Isis in modo mirato, da settembre 2015. Si calcola che lo stato islamico abbia perso il 40% del suo territorio geografico fra Siria e Iraq. “Tuttavia – ci spiega il sociologo studioso di immigrazione e Islam in Europa, Marco Orioles – queste offensive anti-Isis non sono riuscite a eliminare le motivazioni che spingono i suoi miliziani ad agire. Gli uomini del Califfato sono imbevuti di ideologia jihadista. Combattono la jihad, una guerra santa contro gli infedeli, che saremmo noi; ai combattenti viene promesso un posto, nel futuro stato perfetto, guidato da Allah. Per loro, è un mito da raggiungere: tante mogli e tanto benessere”.
Ribalta mediatica
Più perde sul terreno, più c’è il rischio cheIsis colpisca ancora altri Stati. Le due autobombe (rivendicate dal Califfato), scoppiate l’8 e 11 maggio a Baghdad in Iraq, si inquadrano proprio in questa strategia. “Isis vuol far sapere che c’è ancora, che è operativa – aggiunge Orioles -. Che ha strumenti e uomini per attaccare ovunque, paesi occidentali o islamici. E che può farlo con violenza. Vuol mandare il suo messaggio al mondo: ‘Continuiamo a esistere. Nessuno potrà abbatterci’. Isis cerca la visibilità mediatica”.
Alto rischio sequestri
Lo Stato Islamico sta anche attraversando un periodo di ristrettezza economica e finanziaria senza precedenti, da quando è nato. Le informazioni che circolano da fonti antiterrorismo parlano di contrasti molto duri ai vertici dell’organizzazione, dovuti proprio alla mancanza di soldi, con accuse reciproche di corruzione, furti e cattiva gestione delle risorse. “Isis è senza soldi perché i raid della coalizione hanno distrutto vere e proprie centraline monetarie dello suo Stato. Edifici che custodivano pacchi di dollari e che sono andati in fumo”, precisa Orioles. “La conseguenza di tutto questo è stata che il Califfato ha ‘spolpato’ la popolazione locale, vessandola di tasse e aumentando il prezzo dei beni di prima necessità. E visto che adesso cerca finanze facili, potrebbe puntare ancora sui sequestri di occidentali con richieste di riscatto”, dice il ricercatore.
Isis durerà a lungo
Isis è una piovra con tanti tentacoli. Ha diramazioni anche in Africa e in Asia. “Molti analisti dicono che si potrà fermare solo sradicando l’ideologia jihadista che fomenta i suoi affiliati. Non è un azzardo ipotizzare che ci vorranno almeno tre decenni”, ricorda Orioles. Nel video postato sui social a metà maggio 2016, il portavoce del Califfato – che ha esortato a colpire l’Occidente – ha mandato un messaggio chiaro: “Non importa se combattiamo per un territorio”. Tra le righe, vuol dire che Isis continuerà, anche in caso di disfatta sul campo di battaglia.
Per mesi, il Califfato ha continuato a installare le sue cellule clandestine in Europa e a reclutare giovani combattenti via web, anche se sopra le sue teste piovevano le bombe della coalizione internazionale a guida americana. Isis non mollerà facilmente, con o senza uno Stato alle spalle.
Oscar Puntel