Il sociologo dell’Università di Udine, Marco Orioles, parla delle ore trascorse in via Marano insieme a migranti e comunità islamica. «C’è stata una vera e propria ressa per accaparrarsi il cibo».
Doveva essere una visita per conoscere nei dettagli il programma della festa di fine Ramadan. Si è trasformata in un’occasione per conoscere da vicino alcuni dei migranti che soggiornano a Udine e per vedere all’opera la solidarietà musulmana. E’ stata una sorpresa anche per Marco Orioles, sociologo dell’Università di Udine, mercoledì sera, trovarsi di fronte a una tavola imbandita nella moschea di via Marano e assistere alla distribuzione dei pasti ai profughi.
Un vero e proprio assalto al cibo
La comunità islamica di Udine aveva preparato 150 pasti, ma di migranti, in via Marano, ne sono arrivati quasi 200. E così qualcuno è rimasto a bocca asciutta. «Il cibo non bastava per tutti – racconta Orioles – e i responsabili del centro, pur tirando fuori qualche scodella di riso in più, non sono riusciti ad accontentare tutti. C’è stata una vera e propria corsa per accaparrarsi l’ultimo boccone di cibo». La cena, distribuita dopo il tramonto (come prevede il Ramadan) è consistita in un piatto di riso con pomodoro, carne di pecora e qualche verdura.
La serata in moschea
Orioles è giunto in moschea poco dopo le 18. Qualche migrante era già presente. «Aspettavano – ricorda – mentre il presidente della comunità islamica e i suoi collaboratori preparavano la cena. Tra i precetti dell’Islam c’è l’aiuto ai bisognosi, che la comunità di via Marano ha identificato nei migranti di religione musulmana. Ce ne sono molti in questo momento per le strade di Udine, e non sanno bene cosa sarà di loro. Per questo periodo di Ramadan – chiarisce il sociologo – c’è l’impegno del centro islamico a sostenerli».
Più si avvicina l’ora della cena, e più la moschea si popola. C’è chi prega, chi si raduna in gruppetti per parlare, chi attende in silenzio. «I pasti – continua Orioles – sono stati preparati grazie alle donazioni di benefattori locali. Persone qualunque, non benestanti, che fanno donazioni consistenti in rapporto al loro reddito». In questo contesto va letta la tavolata imbandita in moschea, preparata per dare un po’ di supporto a chi scappa da guerre e rivoluzioni, magari dopo aver percorso mezza Europa con mezzi di fortuna o in balia di veri e propri trafficanti di uomini.
Le storie dei profughi
A colpire Orioles è stato soprattutto un giovane afghano. «Avrà avuto 23 o 24 anni al massimo. Sta viaggiando da sei anni, dopo aver lasciato Kabul. Ha attraversato, a piedi, l’Iran, l’Iraq, la Turchia, le regioni balcaniche fino ad arrivare in Friuli. Prima ha dormito a Udine, poi in un albergo di Lignano, poi di nuovo a Udine, al parco Moretti e ora nell’ex caserma Cavarzerani. Ha trovato posto in una tenda montata in un cortile, in condizioni sanitarie precarie».
Il sociologo non vuole sentire parlare di ‘invasione’ o di ‘assedio’, ma è consapevole che il numero di profughi presenti in città stia creando delle difficoltà. «Non si riesce a gestirli con efficienza perché la macchina burocratica non è preparata per far fronte a simili emergenze. Ha bisogno di troppo tempo per organizzarsi. Per fortuna che, nell’attesa, c’è il volontariato. La fame non ha tempo di aspettare le istituzioni».
Il sole è tramontato, le nove sono state superate da pochi minuti e ci si mette a tavola, subito dopo una fugace preghiera. A dove trovare una sistemazione per la notte si penserà più tardi.
Alessandro Cesare